Matilde Davoli, da Londra al Salento con Il Coraggio di Provare

Musica

Fabrizio Basso

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E' il nuovo estratto dall'album Home, l'unico in italiano. L'intervista alla cantante, chitarrista, compositrice, produttrice e ingegnere del suono dalle radici pugliesi ma dall’anima e sound internazionale

Una canzone che ci conduce attraverso un paesaggio sonoro intenso e vibrante, dove un testo onirico ed ermetico si fonde a mondi musicali sommersi. La musica si muove insieme al testo, dapprima placida e sognante, poi sempre più imponente ed energica, come a rappresentare quella forza nascosta in ognuno di noi capace di cambiare le cose, il mondo che ci circonda, la nostra vita. Il Coraggio di Provare anticipa e riflette l’anima e le sonorità che pervadono Home, un album in uscita il 5 novembre e concepito al rientro di Matilde Davoli in Italia dopo diversi e fruttuosi anni trascorsi a Londra, che l’ha portata a riflettere sul suo senso di appartenenza. Home non è un luogo fisico ma uno stato d'animo, la casa che ognuno costruisce dentro di sé e che non dovrebbe mai crollare.

Matilde partiamo dalla storia dell’album: quando è nato e come lo ha sviluppato?

La pandemia mi ha aiutato a farlo, soprattutto tra il primo e il secondo lockdown ho finalizzato le bozze accumulate dal 2016, quando sono tornata da Londra. Tra vita personale e lavoro non trovavo il tempo necessario per dare forma alle idee abbozzate e scrivere cose nuove. La pandemia sotto questo punto di vista mi è stata amica. L’idea del disco nasce proprio col rientro da Londra, dove ho vissuto quattro anni, ed era la mia seconda casa. Comunque tornare a casa non è stata una scelta sbagliata. Va detto che qui sento la mancanza di Londra come là quella di casa.
Il titolo, Home, trasmette un senso di appartenenza: dove ti senti a casa? La Lecce che immaginavi quando sei tornata ti ha abbracciato oppure dopo un po’, reduce da quattro anni a Londra, ti sei sentita soffocata dalla provincia? Per altro l’album lo chiudi con No More Place For Me, una ode all’essere apolide.
E’ chiaro che casa è casa, ma dai miei vent’anni ho girato, dalla provincia di Lecce a Bologna poi Milano, Londra e ora di nuovo a Lecce. Al di là delle radici che non puoi estirpare in alcun modo, casa è un qualcosa di astratto, è un luogo dentro te stesso, dove stai bene con te stesso per poi stare bene ovunque sei e con chiunque sei.
Perché hai scelto come biglietto da visita il solo brano in italiano?
Sono già usciti due singoli ma solo all’estero, per come è il mercato italiano sarebbe stato un po’ inutile uscire con l’inglese.
Il video lo hai girato in Toscana, perché non nel tuo Salento?
Ho dato carta bianca al regista Niccolò Natali che è toscano e che ha pensato alla storia bellissima e vera dei soldati americani disertori. Dal suo racconto è stato naturale scegliere come location Marina di Pisa.
Sine che in inglese è sinusoide e in salentino è un sì rafforzato, io lo avrei interpretato alla latina…senza: è una accezione che hai considerato?
E’ una parola leccese, un rafforzativo di sì. E' stato bello giocare anche con l’inglese con sine cioè sinusoide: il salentino ha capito lo scherzo, all’estero è tutto ok perché ha un significato. Al latino non ho pensato.
La musica per te è sempre chiarezza oppure è anche turbamento e metà oscura?
E’ istintiva ed è una cosa che mi aiuta ad affrontare la vita in generale, quasi uno strumento di guarigione.
Devotion è il brano più contaminato dell’album: è quella la tua strada, la fusione dei generi?
Sono contenta di averlo fatto, da amante del jazz: è una scommessa si di me, una cosa diversa dal mio passato. Tra due, tre anni voglio fare cosa ancora diverse, l'obiettivo è non ripetersi mai restando fedeli a se stessi.
Midinight è notturna ma anche Glitch at Dark nasce di notte: sei una signora delle tenebre?
Da giovane amavo la notte, ora che sono adulta ho una vita normalissima. Però mi piace la dimensione notturna sonora e dunque la cerco.
Sei più tornata a Londra?
Ci tornavo almeno de volte l’anno prima della pandemia. Incontravo amici, facevo cose, vedevo concerti. Non ci torno più dalla pandemia, vorrei andare ma rimando un altro po’. Col referendum sulla Brexit ogni volta che tornavo la vedevo cambiata, diversa l'atmosfera, le persone in giro e poi meno creatività. Molti sono hanno portato la loro arte altrove, tipo a Berlino.
Sei cantante, chitarrista, compositrice, produttrice e ingegnere del suono: perché in Italia chi ha tante professionalità è ancora considerato un incompiuto?
Me lo chiedo anche io, non riesco a capire, è come se fossimo schiavi di una patina di superficialità che non ci fa stare al passo con l’arte di altri luoghi.
Che accadrà da qui a Natale?
Sto lavorando al live e la mia speranza è di suonare il più possibile. A dicembre ci sono date e spero che si continui a gennaio.

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