Questo è un disco breve. Il titolo dell’album prende spunto da una leggenda popolare che vede protagonista Niccolò Piccinni, omonimo compositore del cantautore torinese, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo. Per quanto...breve è un lavoro profondo. Che si accompagna con dieci canzoni che ci portano a osservare il mondo da un'altra prospettiva
1. HELPLESSNESS BLUES - Fleet Foxes
"Sono cresciuto credendo di essere in qualche modo unico/ Come un fiocco di neve distinto fra altri fiocchi di neve, unico in ogni modo in cui tu possa vedere”: così si apre la canzone scritta da Robin Pecknold leader dei Fleet Foxes, splendida band di Seattle. Il protagonista è alla ricerca di se stesso, mentre il mondo e la società ci costringono all’individualismo. Il viaggio interiore si protende verso l’immagine di un frutteto, una vita semplice, ma in armonia con la natura. Infine l’ultimo messaggio enigmatico, la possibilità che la ricerca non sia ancora compiuta: “Un giorno sarò come l’uomo sullo schermo”. Sarò come voglio essere?
2. SAVIOR - St. Vincent
St. Vincent è un’artista poliedrica, con uno stile inafferrabile che si muove in tutti gli spazi musicali (im)possibili, e che non può essere incasellata in un genere definito. Il suo è sempre un punto di vista spiazzante. “Savior” è un brano apparentemente leggero, ma denso di simbolismi, un affondo sul potere, tra sesso, morte e salvezza. Per vedere da due angolazioni diverse lo stesso tragitto, consiglio l’ascolto della versione originale, elettrificata da beat e synth, e di quella in acustico, piano e voce. Il ritornello sospeso, che emerge dopo strofe strabordanti di travestimenti ed erotismo, è sempre disarmante per la sua dolcezza.
3. TESTA STORTA - Lalli
La voce di Lalli è uno spirito concreto che congiunge la terra allo spazio celeste. Il brano è stato scritto con Pietro Salizzoni per il film “Preferisco il rumore del mare” di Mimmo Calopestri. Seguiamo il viaggio in treno dal sud Italia a Torino, tra mare e bosco, di un ragazzo che non riesce a trovare il suo posto, “le ginocchia sbucciate per sempre”. La testa in posizione storta gli dona uno sguardo obliquo, attraverso il quale Lalli ci canta l’inadeguatezza, il bisogno di essere riconosciuto. Il ritornello che recupera il titolo del film è anche un verso di Dino Campana: “Fabbricare, fabbricare, fabbricare/ preferisco il rumore del mare/ che dice fabbricare, fare e disfare”.
4. ULTIMA NOTTE AL VALENTINO - Nicolò Piccinni
Le ultime vicende di un giovane torinese rimasto solo al parco del Valentino, polmone verde cittadino per eccellenza, luogo di incontro e famiglie al sole, ma di bagordi e perdizione quando l’ombra diventa notte. Un riff graffiante di chitarra elettrica e la voce sdoppiata - con il contributo di Errico Canta Male - disegnano le avventure acide di un tossicodipendente che ironicamente ti invita a guardare il mondo con i suoi occhi poco prima di morire. Non c’è nulla da temere.
5. THE WRESTLER - Bruce Springsteen
Scritta appositamente per l’omonimo film di Darren Aronofsky con Mickey Rourke, la canzone di Springsteen è una ballata che, imitando la macchina da presa del regista, segue il protagonista come fosse la sua ombra: una semisoggettiva incollata alle sue spalle. Ci caliamo negli abiti di un wrestler che ha scaraventato il senso della sua esistenza in un ring, che ha fatto della propria vita uno spettacolo crudo ma sincero. L’invito anche qui non è di giudicare la persona con la distanza di sicurezza, ma di immergersi con delicatezza in un’altra prospettiva, per capirne l’umanità.
6. LA SIGNORA DEL QUINTO PIANO - Carmen Consoli
Carmen Consoli redige la cronaca di un femminicidio annunciato, con ondate di distorsioni a fare da contrappunto. La signora, uccisa dal marito, viene ritrovata murata nella sua abitazione, emblema devastante di cosa significa violenza domestica. L’ironia delle strofe viene spezzata con il finale, raccontato, in cui emerge che la normalità è tornata a regnare nel condominio della signora. Ma questa storia di cronaca sembra non insegnare nulla, se c’è ancora chi continua a dire che: “non c’è alcuna ragione di avere paura”.
7. SECONDO ME - Brunori Sas
Con la leggerezza che lo contraddistingue, Brunori ci descrive i conti che non tornano nel nostro mondo, le convenzioni che ci fanno cominciare delle battaglie che poi lasciamo a metà, per restare più comodi. Osservazioni pungenti su dinamiche quotidiane che sfiorano l’assurdo, dal sociale al sentimentale, ma che sono sempre e solo frutto del proprio punto di vista. Sarebbe bello ogni tanto uscirne perché “Chissà com’è invece il mondo visto da te”.
8. A HARD RAIN’S A-GONNA FALL - Bob Dylan
I primi ascolti di questa canzone, e del suo testo, sono stati una rivelazione: un portale immaginifico e spietato sull’umanità. La struttura del brano affonda le radici in una cadenza ancestrale. Dylan recupera i versi di “Lord Randal”, poesia anonima di epoca medievale, e ne fa una lirica di avvertimento, la testimonianza di un’apocalisse già in atto. Qui non si tratta di un punto di vista individuale, ma di una visione, dove il misticismo si fonde alla brutalità della realtà. Noi vediamo, ascoltiamo e incontriamo insieme al protagonista tutti i simboli e le condizioni di cui si fa portavoce, mentre una pioggia pericolosa sta per crollarci addosso. Anche se Dylan si riferisce alla paura del disastro atomico dei primi anni sessanta, oggi l’universalità della canzone permane e prende la forma del terrore di un’apocalisse ambientale che ci sta già piovendo addosso.
9. PRINCESA - Fabrizio De Andrè
Per la tematica che stiamo affrontando, si potrebbe scegliere una qualsiasi canzone di Fabrizio De Andrè, perché tutta la sua discografia si basa sull’immersione in altri punti di vista, specialmente di chi vive ai margini dell’esistenza rispetto alle maggioranze. In questo caso Faber recupera il romanzo autobiografico di Fernanda Farias de Albuquerque e ne fa una canzone in cui la protagonista è l’io narrante. Ci troviamo nei panni di Fernandinho che non riconosce il proprio corpo e persegue il compimento della propria femminilità. Seguiamo dunque la transizione, viviamo il mondo attraverso le sue parole e la sua esperienza, fino all’operazione chirurgica e alla realizzazione di Fernanda in quanto donna: “Sono le braci di un’unica stella che squilla di luce di nome Princesa”.
10. THERE IS AN END - Holly Golightly and The Greenhorners
Una canzone sul tempo, nel gioco immortale tra le sue due forme: quella atmosferica e quella cronologica. La voce di Holly Golightly ci culla in questo rock in pieno stile sixties, dove le stagioni si susseguono e tutto si ribalta, ciò che era famigliare diventa estraneo, le parole scompaiono per diventare più chiare. C’è la certezza che ogni cosa ha una fine, solo per poter ricominciare dentro il ciclo, in un’altra forma. La canzone è anche la colonna sonora del film “Broken Flowers” di Jim Jarmusch, un’altra (pre)visione sul tentativo di acciuffare una verità irraggiungibile: una ricerca inestinguibile in un eterno giro.