L'artista sarda pubblica un album identitario, dove le sue radici galluresi si fondono con sonorità provenienti da altri angoli di mondo. L'INTERVISTA
Accogliere un mondo intero e racchiuderlo in sei canzoni. Impresa difficile ma non per Manuella che grazie a una sensibilità umana e artistica speciale, è riuscita a fare partire la giostra del cuore. In Giostra, ep d'esordio di Manuela Manca, gallurese di Budoni, si sono dati appuntamento tradizioni, magie e tesori della Sardegna e hanno incontrato un bagaglio esperienziale che si è nutrito negli anni trascorsi lontano da casa, a Roma, Milano e Londra. Un melting pot che plasma l’anima di un progetto discografico eclettico e travolgente, intriso di identità, mistero e passione, intimamente immerso in una sintesi di suoni e melodie eterogenee.
Manuela hai scelto fine agosto per far partire la tua Giostra: perché?
Non è stato programmato, ho seguito il flusso dei brani. Il progetto lo ho chiuso con l’uscita di Giostra come singolo ma ho pensato di spostarne un po’ l’uscita. Giostra è l’incipit del racconto per il resto nulla c'è di ragionato. Il momento era adesso. Il video stesso lo abbiamo girato in due giornate particolari di luna piena proprio a Budoni.
Perché hai scelto la formula dell’ep? Con due brani in più c’era un album...
Su questo aspetto ho ragionato assai. In effetti c'erano altri che non ho perfezionato, ma ci ho comunque lavorato. Però non facevano parte della rinascita di Giostra, del ritorno alla luce. Erano più relazionali e dunque allontanavano dall’aspetto introspettivo.
La foto della cover è in dissolvenza: scelta artistica oppure la tua vita è sfuocata in questo periodo?
Non è uno scatto preso dalle scene del video. Lì ero vestita di bianco e c’era il richiamo alla luce. La dissolvenza è movimento. Eravamo indecisi tra due scatti ma io sono andata decisa.
Le ginocchia sono ancora sbucciate o la crosta è caduta?
E’ caduta. Ecco perché c’è il bianco della luce. Mi sono ispirata alla mia infanzia, sono cresciuta in una stradina, in una casa che fa angolo con quella di mia nonna. All’epoca era la via per i giochi essendo poco trafficata, oggi è tutto cambiato, c'è pure un supermercato. Giocando ci facevamo male in continuazione e mia nonna era sempre pronta a riderci su, col kit di primo intervento a portata di mano. E' una strada in pendenza e ho ricordato quello. Cito poi la mamma del sole che è una figura ancestrale per i bimbi sardi: eravamo liberi di giocare ma mai prima delle 16 perché altrimenti la mamma del sole ci avrebbe portato via.
Oggi ti senti più la dea del mare oppure la dea della natura seduta su un covone di fieno?
Sono eclettica, incostante. Ma ora sono più bucolica.
Il mondo è sempre pieno di sfigati?
Quando ho scritto Ho Smesso ero proprio arrabbiata. E’ un brano inclusivo scritto soprattutto per me. C’ero anche io tra gli sfigati. Non mi piace essere negativa ma quando è nata, in una notte, quello era lo stato d'animo ed è rimasto così nella canzone.
Ora che hai smesso di farti accecare come vedi il mondo?
Bello chiaro. Vedo i miei obiettivi, prima per paure e blocchi miei o di altri ero frenata. Ora non c’è più la patina opaca perché ho fatto un viaggio in me e mi abbraccio per quella che sono.
Il bagaglio emotivo dei due giorni a Oslo oggi in che città è?
Tornerei comunque in Nord Europa, tornerei a Reykjavik. Ci sono già stata e con quel bagaglio emotivo, non voglio perderlo ma adesso è più leggero. Tornerei sui fiordi. L’Islanda mi ha fatto capire che volevo tornare a casa, quasi un controsenso visto che vorrei andarci, però mi ha aiutato a vedere chiaro. Ti fa fare i conti con te stesso, sei potente e impotente nello stesso tempo. Placa il mio conflitto di attaccamento e distacco.
Sua Maestà racconta la donna sensuale e passionale e quella più logica: è possibile trovare una mediazione?
E’ possibile ma non sempre. E' un pezzo contorto, scritto con consapevolezza ma ha una velata ricerca di equilibrio tra passione sfrenata e amore puro. Già è un buon risultato riconoscere le due facce.
Quanto la Sardegna conta per la tua ispirazione?
C’è un costante filo conduttore che porta all’Isola. Fin da bambina ho cantato in lingua sarda, mio nonno paterno mi ha introdotto ai canti galluresi che ricordano melodie arabe. Mi sono allontanata fisicamente dall’isola ma musicalmente mai c'è stato il distacco. I suoni della mia terra sono un valore aggiunto. Ci aggiungo mio fratello batterista, un po' più grande di me, che mi ha fatto spaziare da John Coltrane ad Avril Lavigne aprendomi tutti i confini.
Perché Manuella?
Mio nonno non è mai riuscito a pronunciare Manuela. Poi nei miei anni romani era il mio nome da festa. Dunque rappresenta il mio lato romantico e quello selvaggio.
La dimensione live la hai frequentata in più ambiti: cosa stai pensando per far girare la…Giostra?
Voglio portare in giro i miei brani. Ho fatto una data di presentazione al Festival di Paolo Fresu a Berchidda. Vorrei suonarlo con tutti gli strumenti, anche se logisticamente non è facile andando incontro a date diverse e distanti. L'ideale è basso, batteria, tastiere, chitarra e magari aggiungerei un sequencer. Ma sono pronta anche con una versione acustica.
Che accadrà da qui a Natale?
Non mi farebbe male staccare un attimo ma se devo scegliere preferirei suonare, ma devo capire la fattibilità. Prima dell’ep avevo poco musica fuori. Di certo lo suonerò seppire non so in che modo. In questo momento non riesco a scrivere e non voglio forzarmi. Se non seguissi l'ispirazione e forzassi la scrittura il primo ep non lo avrei fatto a 31 anni!