Ganoona presenta il singolo Deserto: il video

Musica

Il brano è una ballata di un amore che finisce. Le sonorità R'n'B e Pop prevalgono. Il video è introdotto da un testo esclusivo dell'artista

Sono nato a Milano da mamma italiana e papà messicano. Il nome Ganoona viene da un romanzo “Jeff in Venice, Death in Varanasi” di Geoff Dyer. Ganoona è un’entità mistica che appare al protagonista, per fargli delle rivelazioni sull’esistenza. La scrittura per me ha un valore di rivelazione, e spesso dopo che ho scritto un pezzo capisco meglio quello che mi succede nella vita. Da sempre ho avuto una fissazione per la scrittura e la creatività. In terza elementare scrissi una poesia sulla mia nonna messicana, quando la maestra la lesse si arrabbiò, convinta che l’avessi copiata, che la mia mente infantile non potesse produrre quei pensieri e quelle parole “adulte”. Da lì parte il mio viaggio, dall’amore per le parole e per la comunicazione. Poi da ragazzino ho scoperto il Rap, ed è stato il Big Bang. Per qualche anno ho frequentato l’ambiente underground hip hop milanese. Volevo essere ascoltato e gridavo. Lentamente i miei gusti musicali si allargano. Inizio a studiare musica e scopro di poter cantare oltre che gridare. Nel 2017 pubblico un EP in lingua spagnola con un’etichetta messicana e lo porto in tour nel centro e sud del Messico.

Finalmente parlava anche l’altra metà di me. Però, al ritorno qua in Italia nessuno la poteva capire. Da qui nasce in me l’esigenza di creare una “Musica Ponte”, che unisca tutte le mie influenze. Negli ultimi singoli, infatti, si possono sentire a tratti influenze latine come R n B, Hip Hop e Pop. Deserto, il mio ultimo singolo, selezionato tra le 60 proposte per Sanremo Giovani, è la ballata di un amore che finisce. Scriverlo è stato davvero liberatorio. In questo pezzo le sonorità RnB e Pop prevalgono. L’arrangiamento minimale lascia ampio respiro alla voce e al testo. Una curiosità sull’intro e l’outro del brano: la voce infantile che si sente è il campionamento di un discorso sull’amore di un giovane indiano d’America della zona nord del Messico, in lingua Nahuatl, lingua di origine Azteca ancora in uso nelle zone originarie della mia famiglia. Parlando di una situazione personale penso di aver scritto un pezzo in cui molti si possano immedesimare, soprattutto in un momento come questo dove i “deserti” tra noi e le persone che amiamo sembrano farsi sempre più grandi e invalicabili.
 

Nel brano però non ci sono solo immagini malinconiche. – Io non scappo più, e so quello che voglio – per me significa: sono pronto ad affrontare le conseguenze delle mie scelte e so dove sto andando, non è un sentiero facile, ma non ho più paura. Nel videoclip, realizzato da Lorenzo Chiesa, sono protagonista di una scena di vita comune, intervallata a dei playback. Io e una figura femminile portiamo il cane a passeggio sul naviglio in notturna. Dalle immagini di percepisce che il rapporto è incrinato, non ci parliamo e distogliamo lo sguardo l’uno dall’altro, come se avessimo appena discusso. In una delle take il bellissimo cimitero maggiore di Milano è cooprotagonista, simbolo del crepuscolo di una storia d’amore che sta morendo. 

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