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I 40 anni di "Love will tear us apart", l'unica hit dei Joy Division

Musica

Fabio Pisanu

Lo storico brano venne pubblicato come singolo nel giugno 1980. Inno generazionale, pezzo simbolo del post-punk e testamento spirituale del cantante Ian Curtis, diventò il solo brano da classifica della band inglese

 

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All’inizio della primavera 1980, i Joy Division, promettente band dei dintorni di Manchester sembrano avere tutto quello che serve per avere successo nel mondo della musica. Un leader dal carisma magnetico e dalla voce inconfondibile, Ian Curtis, un ottimo disco di esordio alle spalle, una solida fama di performer live e un secondo Lp (“Closer”) con annesso tour negli Usa in arrivo. L’unica cosa che manca al gruppo è una hit. Un singolo capace di scalare le classifiche britanniche e di avvicinarsi più possibile alla top ten, magari abbinato a un videoclip come quelli che - sempre più spesso - le case discografiche pensano per le proprie band. Invece, come sappiamo, quella hit arriverà quando sarà ormai troppo tardi.   

L'unico singolo della band nella top 20 UK

“Love will tear us apart”, pezzo iconico degli anni '80 e della scena post-punk/alternativa mondiale, viene pubblicato esattamente quarant’anni fa, alla fine di giugno del 1980, poche settimane dopo il suicidio di Curtis. L'album “Closer” lo segue a luglio (ma senza comprendere il pezzo in scaletta), chiudendo di fatto per sempre l’esperienza dei Joy Division, fatta eccezione per le ovvie compilation e per il recupero di demo e pezzi inediti nei decenni successivi, mentre i membri rimanenti continuano la loro carriera come New Order. Pubblicato come tutti i lavori del gruppo inglese dalla Factory Records, con numero di serie FAC 23, "Love will tear us apart" si spinge fino al numero 13 della classifica inglese dei singoli e al 42 della Billboard disco chart, arrivando al numero 1 in Nuova Zelanda.

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A colpire nell’ascolto della canzone, anche quattro decenni dopo, è quanto “Love will tear us apart” sia diversa dagli altri pezzi della band. La melodia, il ritornello in crescendo, sono agli antipodi rispetto al suono cupo e rarefatto degli altri lavori. Ma questo incedere quasi allegro è solo una sorta di 'copertura' per un testo ricco invece di tormento e sofferenza. Scritto di getto da Curtis, come gli capitava quasi sempre, sulla base di una melodia suggerita dal bassista Peter Hook, il brano non è altro che la trasposizione in versi della dolorosa separazione fra il cantante e la moglie Deborah, resa ancora più insopportabile dagli spettri dell'epilessia e della depressione di cui Curtis soffriva. Una canzone che parla di rabbia, risentimento e frustrazione, ma anche della viscerale forza dell'amore. Il primo a capire le potenzialità del pezzo, ultimate le registrazioni, fu il produttore Martin Hannett, il cui approccio maniacale al lavoro e ai dettagli faceva innervosire non poco la band. Non è un caso che del pezzo esistano due versioni differenti, una incisa a gennaio (ai Pennine Studios di Oldham) e una - quella più conosciuta - a marzo, Ma, anche stavolta, aveva ragione Hannett, tanto è vero che, quarant'anni dopo, siamo qui a parlare di una canzone epocale ed entrata davvero a far parte dell’immaginario collettivo.

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La copertina del singolo dei Joy Division (© Factory Records)

L'iconica copertina di Peter Saville

Sulla copertina del singolo, proprio come su quella di “Closer”, la foto in bianco e nero di un monumento funebre, scattata all’interno del cimitero monumentale di Staglieno, a Genova, e assemblata per la cover dal geniale grafico Peter Saville. Ed è qui che, amaramente, il cerchio si chiude. La moglie di Curtis, Deborah, infatti, sceglie proprio il verso che dà il titolo alla canzone per la tomba del giovane marito, nel cimitero di Macclesfield. Ian Curtis e il verso di quella hit che aveva sempre sognato per la sua band rimarranno legati indissolubilmente, per sempre.  

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