Aka Joe, il primo album di Joe Bastianich: la nostra intervista

Musica

Barbara Ferrara

Joe Bastianich - foto di Angelo Trani
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Il suo momento è arrivato: il restaurant man più celebre del piccolo schermo, otto volte giudice di MasterChef Italia, presenta il suo disco d'esordio. In uscita venerdì 20 settembre, Aka Joe non è solo la raccolta di dodici brani musicali scritti nel corso degli ultimi anni, ma il racconto di una vita che fa rima con grandi passioni e libertà. Leggi l'intervista 

Cresciuto a pane, pomodoro e rock-n-roll, a pochi giorni dal suo cinquantunesimo genetliaco, Joe Bastianich esce con il suo primo disco: Aka Joe. Lo abbiamo incontrato negli studi di Universal in occasione della presentazione ufficiale alla stampa. Nonostante il ritmo serrato delle interviste e degli appuntamenti in agenda, appare serafico. Rilassato e perfettamente a suo agio, sembra quasi un’altra persona, merito della musica - ci svela la sua assistente Laura Dotti: “E' così perché è nel suo mondo”.

Non è la prima volta che Bastianich si mette a nudo, lo ha fatto attraverso i suoi libri, lo ha fatto sul palco del Teatro Parenti di Milano nel 2017 con lo spettacolo “Vino Veritas, La mia vita unplugged” (sold out tutte le sere) e oggi lo fa con il suo album d’esordio, letteralmente tutta un’altra musica. E’ davvero “arrivato il suo momento”, l’ex giudice di MasterChef, ci svela il suo volto più autentico, “senza filtri”. Continua a leggere e scopri cosa ci ha raccontato.

Finalmente è arrivato il momento di dedicarsi completamente alla musica?
Sì, dopo tanti anni ci siamo, a cinquant’anni pubblico un disco. Ma aspettiamo di vedere come va, devo ancora pagare l’affitto e con la musica non sempre si riesce (sorride ndr). Io mi impegno moltissimo, faccio più di quel che posso. Dopo l’album faremo un po’ di live.
A proposito di live, il concerto che più l’ha segnata?
Sono tantissimi ed è difficile rispondere, ma credo che quello dei Steely Dan, l’anno scorso a New York sia quello che più mi ha colpito, emotivamente parlando. Il loro genere tra jazz e rock and roll mi ha riportato con nostalgia agli anni passati, sono la mia band preferita e sono stati un po’ la colonna sonora della mia vita.
Suonare, come scrivere, è terapeutico.
Certamente lo è. Io mi considero un comunicatore, scrivo libri, facccio televisione e altro, ma scrivere canzoni è la cosa più emozionale e senza filtri che abbia mai fatto.
Nell’album c’è una canzone dedicata a nonna Erminia, la sua sostenitrice numero uno.
La traccia numero nove è per lei. L’ho scritta quando aveva 97 anni, ma lei va avanti, oggi ne ha 99 e quando ne compirà cento, per festeggiarla le farò un pezzo pop rock.
Sua nonna è sempre stata fonte di ispirazione per lei.
Vero, nella sua vita ha fatto l’impossibile, ha vissuto la fame e i campi profughi, è arrivata in America senza un soldo e ha cresciuto una famiglia. Alla mia età oggi, credo di essere la somma di tutte le esperienze fatte e dei valori che lei mi ha trasmesso, sono soprattutto questi ad avermi spinto fin qui.
Da cittadino di serie b nell'America degli Anni Settanta a personaggio famoso oggi, in tutto il mondo: che effetto fa?
E’ una grande fortuna, vivo una vita incredibile, anche il fatto che a cinquant’anni pubblichi un disco, non è da tutti. Ho fatto un sacco di cose, la nonna e la mamma mi dicevano che potevo fare quello che volevo e io ci ho creduto. Forse questo modo di pensare è anche un po’ pericoloso: c’è il rischio di credere di poter fare tutto.
Se Aka Joe fosse un vino, che vino sarebbe?
Sarebbe il Vespa Bianco, il mio vino, altro grande amore della mia vita al di fuori della musica. E’ un uvaggio creato da me ogni annata. Bere un bicchiere di quel vino significa conoscermi un po’ più da vicino.
L'album parla del suo lato più intimo ma anche di politica.
Parla dei miei rapporti in famiglia, dell’amore, della nonna, di tutto. E’ impossibile poi non scrivere testi che non affrontino il presente. In America abbiamo il problema delle armi, ne parlo in Twenty snowflakes. Questo brano è la risposta per mio figlio a certe sue domande; in War cry invece commento l’Imperialismo americano nel mondo. Affrontare tematiche sociali è importante perché non si può stare zitti. Uno deve avere una voce.
 

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