Vasco a San Siro, va on stage la verità

Musica

Fabrizio Vasco

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La festa inizia senza una coperta di stelle ma è come se ci fossero. Il poeta Vasco porta a San Siro, anche in questo bollente venerdì di giugno, quel racconto che si chiama vita. LA RECENSIONE IN AGGIORNAMENTO

(@BassoFabrizio)

Come dentro un film, come in una megalopoli strozzata dal traffico ma per pochi secondi perché basta una immagine per comprendere che non solo a San Siro ma in assoluto qui si fa la storia. E poi l’atmosfera si fa più gotica quando un corvo giganteggia sullo schermo e Vasco dice che “mi si escludeva ma sono ancora qui”. Il becco spalancato dell’uccello è un morso alle paure di un mondo che non ci concede tregua ma con Buoni e cattivi ogni logica si dissolve perché passano gli anni ma siamo sempre alle distinzioni. Nella vita Buoni e cattivi come a scuola, come al lavoro. E’ la poetica degli opposti che sfocia in una parola oggi molto pronunciata ma poco rispetta: è la verità, quella cosa, quel concetto che dovrebbe mostrare i muscoli ma che soprattutto non ha bisogno mai di scuse. E non per nulla c’è una pupilla gigante a rappresentarla, una pupilla color nocciola che mette nostalgia. E poi è logico che ti viene da dire che non voglio più vivere...ma domani chi lo sa. Vasco sul palco sembra extra-corporeo e quando dice che quante volte ha sbagliato, quante volte ha fatto finta di niente ti si allarga il sorriso perché è capitato anche a te. Anche a me. Ed è il VascoNoStopLive2019.

Ma cosa succede in città? E chi sa..sa che c'è ne è una di città, una sola e siamo sempre noi che dobbiamo andare avanti. Superfluo dire che il tappeto sonoro sul quale scivola la voce di Vasco è un qualcosa di meraviglioso. Ma tu lo sai che cisa vuoi? Che cosa vuoi da me? Come lo urla Vasco nessuno mai. Perché è credibile, perché è un uomo contemporaneo. Avete presente cosa sono cento metri? I campioni del mondo li corrono in meno di dieci secondi, Vasco ci mette qualcosina in più ma lui non ha record da battere ha un viaggio da raccontare, lui l'Enea del terzo millennio che emoziona ancora cantando di un fegato spappolato. San Siro è Ibiza. Nel senso che sembra l'intera isola che balla. Il ritmo si alza, la sola parola fuoco scalda più dei tropici. Vasco si porta sul fronte del palco. Lui è in un countdown che sembra un sottomarino. Ma il periscopio va ben oltre il perimetro dello stadio. E andando via da questa situazione lancia gli occhiali al pubblico, a quell'onda umana di braccia che accarezza la fine del millennio.

Accende la voce Beatrice Antolini. Poi si mette al pianoforte e guida il popolo di Vasco fino alla lunga intro di Portatemi Dio con la sua scia Prog. E poi Vasco accende il suo dialogo con Dio, lo vuole vedere, gli vuole parlare. E non è l'unico che vorrebbe fare quattro chiacchiere con l'Altissimo in questa stagione di ansie e fatiche. Poi ci sono gli spari sopra che sono sempre per noi e arriva chi dice no e anche se Vasco non ci crede...beh c'è chi ci crede. A ognuno la libertà di dare un personale valore al suo no. E comunque io sono un uomo. Vasco è la trasparenza, è l'essenza di quattro generazioni. E' una esperienza ogni suo concerto, e vi assicuro che un po' li ho visti, perché ci sono frasi sue che sono verità assolute da qui all'eternità: io non ti dimenticherò ma non ti aspetto più. C'è anche un non ti perdonerò ma li sarà il tempo ad addolcire i torti (eventuali).

La domenica sarà anche lunatica ma la vita lo è di più. Tranne quando sul palco c'è Vasco che ci fa viaggiare in un mondo onesto. Attorno a me c'è il bello. La tribuna emette radiazioni positive. Potrebbero esserle di più ma talvolta i libri si chiudono prima di un bel finale. Certo Ti taglio la gola ha una sua poetica ma volete mettere quando decolla Rewind? Non immaginate quante persone, qui nell'afa milanese, si infilano le mani in tasca alla ricerca di quel meraviglioso pulsante che ti porta indietro. Chi non vorrebbe riavvolgere un po' di nastro, non il nastro di una vita, di un anno, di un semestre, ma il nastro di un minuto, quello che ti ha fatto fare la ca...ata epocale. Un'altra canzone non da ascoltare ma da assaporare in filigrana, da leggere tra le pieghe dell'anima mentre dal cielo piovono scintille che sembra la notte di San Lorenzo. E poi vi invito a una riflessione: vivere...che canzone. E poi oggi ho proprio voglia di stare spento. Io ora penso a Eugenio Montale, Mario Luzi, penso a Giacomo Leopardi, Cesare Pavese e Alda Merini, penso a quel poeta padano che è stato Alberto Prandi e a suo cugino Francesco Guccini. E allora il tempo oggi lo trovo e non voglio stare spento.

Passeggiamo, noi, verso il finale. Sul prato saltano. La nostra relazione è una formula algebrica. Ma quale amore non lo è? Se non è algebra è alchimia. E se non è neanche un equilibrio di pozioni è una follia. Che poi dell'amore è la formula più estrema, quella più elettrizzante ma che poi ti stordisce quando si consuma. Poche parole per Vasco, lo aveva annunciato in conferenza stampa esattamente una settimana fa. In Tango della gelosia per chi ancora avesse qualche dubbio esplode la poliedricità di Beatrice Antolini, una stella sul palco. E ora che finale ci attende. La prima cosa che Vasco dice che io confermo è: e va bene così...senza parole. Le lucciole sembrano avere preso la residenza a San Siro con Sally: ogni telofonino, ogni oggetto che possa emettere un minimo di luce contribuisce alla magia. Poi arrivano Siamo solo Noi, che a volte sarebbe bello esserlo, la Vita Spericolata, che quella sì la conosciamo bene, Canzone (dedicata a Massimo Riva e a tutti quelli che nin ci sono più perché sono sempre con noi) e la finale, definitiva Albachiara. Che serata eretica. E lunatica. E nostalgica. Una vera serata spericolata.



 

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