Moschettieri del re: Intervista a Pierfrancesco Favino

Cinema

Paolo Nizza

Abbiamo incontrato D'Artagnan, ovvero Pierfancesco Favino che ci ha raccontato l'avventura vissuta sul set di  Moschettieri del re, il divertente e spettacolare film di Giovanni Veronesi al cinema in prima tv, domenica 21 aprile alle 21.15 su Sky Cinema Uno

Pierfrancesco Favino ha lo stesso fascino, la medesima allure di un divo di Hollywood. E al tempo stesso è molto italiano nello stile e nell'atteggiamento. Picchio, (questo è il suo soprannome) ha quella ricchezza frugale, quel sorriso sincero di un divo assoluto come Marcello Mastroianni. In giubbotto di pelle nero, maglioncino antracite, jeans blu e stivaletti, Favino è un cordiale guascone, spiritoso e disponibile sia sul set dove ha baciato Matilde Gioli, ma si è fatto pure baciare da Rocco Papaleo, sia durante l'intervista. E ogni tanto, siccome il virus è un linguaggio come cantava Laurie Anderson, Pierfrancesco rispondeva alle domande con quell'idioma con cui parla il suo personaggio. Quel mix irresistibile di italiano e francese, un'immaginifica invenzione degna della miglior commedia all'italiana. In fondo D'Artagnan di Moschettieri del re è un bambino cresciuto. Un supereroe smagato, dall'olezzo porcino (visto che per campare alleva maiali) ma dal cuore d'oro e dallo sguardo da impenitente seduttore. E poi diceva Peter Brook: "l'attore è un perenne bambino."

Cosa hai pensato quando il regista del film Giovanni Veronesi ti ha proposto Moschettieri del Re?

“Che si trattava di un’ottima idea. Era tempo di tirar fuori dal cassetto questi eroi leggendari e universali. È questa volta non ho pensato alla responsabilità di vestire i panni di un mito, ma al divertimento.”

Com’è nata l’idea di far parlare di D’Artagnan in un’esilarante e improbabile italo-francese?

“La prima riflessione è stata che i moschettieri sono personaggi che appartengono a tutto il mondo, a tutte le nazioni. Ovviamente D’Artagnan è francese. E ogni tanto sento scimmiottare l’italiano dai nostri cugini d’oltralpe. Allora con molto garbo, rispetto e divertimento, abbiamo deciso di utilizzare questo accento, questo modo bizzarro di parlare che si sposava molto bene con quello che Giovanni Veronesi aveva scritto. “

Ho letto che sul set con gli altri tre moschettieri Rocco Papaleo, Valerio Mastandrea e Sergio Rubini si era creata una bella atmosfera, tipo Monty Python.

Direi di sì. Ci sono delle scene in cui questa commedia diventa surreale. Ci sono stati momenti i in cui la comicità nasceva semplicemente dal fatto di stare insieme e di dar vita a questi personaggi così scombinati. Alcune situazioni i sul set c mi hanno ricordato i Monty Python e anche i film interpretati da I cinque matti (ovvero Les Charlots, gruppo musicale pop e rock demenziale francese, che negli anni settanta ebbe un successo anche nel cinema con una serie di pellicole n.d.r.) Ma a volte sembravamo anche i personaggi dell’Armata Brancaleone

Il film è ricco di duelli, battaglie e corse a cavallo. 

“Sì, mi sono allenato, insieme a tutto il cast per poter girare questo tipo di scene. Insomma è stato un bel impegno anche dal punto di fisico Certo, poi è capitato che sono caduto da fermo da un’asina.”

Come è stato baciare Matilde Gioli che in Moschettieri del re interpreta Olimpia, l’ancella della regina?

“Non so dovresti chiederlo a lei (ride e inizia a parlare con l’accento del personaggio che interpreta nel film) Io sono D’Artagnan, sono abituato a baciare le donne.”

Secondo perché un ragazzo di oggi dovrebbe andare a vedere un film incentrato sui Moschettieri?

“Innanzitutto perché è un film molto divertente. E soprattutto perché è una favola. E come in tutte le favole si attraversa il tempo e lo spazio. Non è un trattato storico o una polverosa ricostruzione del Seicento. Noi abbiamo usato quell’epoca per raccontare in mondo attuale.”

 

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