Venezia 2018: La recensione del film di Mike Leigh

Spettacolo

Paolo Nizza

Il regista inglese, Leone d'oro a Venezia nel 2004 per Il segreto di vera Drake, presenta in concorso al Festival un intenso ed epico film in costume sul massacro di Peterloo, uno degli episodi più tragici e sanguinari della storia britannica. Una pellicola che ci racconta il passato per comprendere il presente.

Waterloo, in altre parole la cittadina del Belgio orientale, dove il 18 giugno del 1815 ebbe luogo la celebre battaglia che segnò la sconfitta definitiva di Napoleone e del suo esercito. Da allora quel luogo situato a quindici chilometri da Bruxelles si è trasfigurato nel simbolo del fallimento, nella metafora della disfatta più totale.

 Così, quando nel 1819 un pacifico raduno pro-democrazia tenutosi presso St Peter's Fields a Manchester si trasformò in uno degli episodi più sanguinosi e tristemente noti della storia britannica, i giornalisti di allora battezzarono quella tragedia come il massacro di Peterloo. Una folla di circa 80.000 persone fu dispersa con la forza dalla cavalleria. Il bilancio fu di undici morti e 500 feriti. Con uno stile pittorico, tra campi lunghi e primi piani, in un florilegio d’inquadrature che sembrano quadri, Mike Leigh ci parla di un terribile passato per cercare di comprendere un presente altrettanto terribile.

Già dalle inquadrature iniziali s’intuisce che anche una vittoria può avere il sapore di una sconfitta Sul campo di battaglia di Waterloo, un giovane trombettiere inglese, Joseph, rimane immobile in mezzo alla devastazione. Si odono ovunque esplosioni e colpi di fucile. Più tardi, i soldati sopravvissuti provano a far ritorno alle proprie case. Joseph è fra loro. Ancora vestito in uniforme, Esausto per il viaggio e traumatizzato dalla battaglia, Joseph scoppia a piangere fra le braccia della madre.

Nel frattempo a Londra, il Primo Ministro, Lord Liverpool, presenta una mozione in Parlamento per ricompensare il Duca di Wellington, vincitore di Waterloo, con la sbalorditiva somma di 750 mila sterline. La proposta viene ampiamente approvata.

Ecco, in Peterloo tutto si dipana su questa dicotomia, su questo contrasto fra povertà e ricchezza, tra sfruttati e sfruttatori. Un’anziana domestica viene condannata alla fustigazione e a quattordici giorni di carcere perché accusata dalla sua padrona di aver rubato in cantina un paio di bottiglie di Chiaretto. Un uomo viene impiccato per essersi appropriato di un cappotto.

Di contro a seguito di un cattivo raccolto e della carenza di cereali, i prezzi sono aumentati – una cattiva notizia per tutti tranne che per gli agricoltori.

Il governo (composto in larga parte da proprietari terrieri) ha imposto restrizioni sull’importazione da altri paesi per tutelare i prezzi. Insomma l'Inghilterra è una polveriera pronta a esplodere. S’invoca il suffragio universale (un uomo; un voto), ci si ricorda che Gesù Cristo fu il più grande riformatore della Storia e soprattutto si grida a squarciagola: "Libertà o morte". Una madre ricorda alle figlie che dalle briciole può nascere un impero, ma è difficile essere pieni di speranza quando non hai soldi neanche per comprare le uova. Mike Leigh ci mostra una classe dirigente che pare uscita da una vignetta di Grostz, tra gozzi, gote paonazze, e tratti somatici porcini. Ma non è tenero neanche nel rappresentare i rivoltosi e i riformisti, spesso soverchiati da egoismi, gelosie, invidie. Fra una patata lanciata contro la carrozza del principe reggente, che le fake news di allora trasformano prima in una pietra e poi in un colpo di fucile e, una canzone dedicata, a chi non possiede niente, Peterloo ci invita a conoscere la Storia per evitare di ripeterla. Anche se si sa: alcune cose miglioreranno, altre invece non cambieranno mai. Non a caso il film termina con un Amen.

La Trama di Peterloo

Traumatizzato dalla battaglia di Waterloo, un giovane soldato, Joseph, torna a Manchester dall’affettuosa ma povera famiglia di operai. Il vincitore del conflitto, Wellington, è ricompensato lautamente dal Parlamento e al suo sottoposto, il Generale Byng, è affidato l’incarico di gestire il malcontento nel nord dell’Inghilterra. Il popolo del dopoguerra soffre la disoccupazione, cattivi raccolti e restrizioni sull’importazione dei cereali. Non ha diritto al voto e assemblee popolari pro-democrazia vengono tenute sia da radicali moderati che da agitatori più estremisti. Joseph partecipa a queste riunioni assieme al padre e al fratello, mentre la madre è scettica. I giudici di Manchester infliggono punizioni severe, le spie governative abbondano e il Ministero degli Interni a Londra intercetta la posta. Quando il Principe Reggente viene attaccato in pubblico, il Parlamento decide di sospendere i diritti dei cittadini. Bamford e Healey, radicali del Lancashire, ritornano dalla capitale parlando in modo entusiasta del famoso oratore Henry Hunt e suggeriscono di invitarlo a parlare nel corso di una grande manifestazione che si sta organizzando a St Peter’s Field.

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