Gioia Mia di Margherita Spampinato è un film intimo dalla doppia anima

“Gioia mia”, l’opera prima di Margherita Spampinato, è una delle grandi sorprese di quest’anno. È una storia intima, apparentemente prevedibile, con due personaggi davvero incredibili, che si ritrovano costretti a vivere insieme e a badare l’uno all’altra e viceversa. Da un lato abbiamo Nico, interpretato da Marco Fiore: un bambino che viene mandato dai genitori in Sicilia per l’estate. Dall’altro, invece, abbiamo Gela, interpretata da Aurora Quattrocchi: una donna anziana che conosce la famiglia di Nico e che viene incaricata di prendersi cura di lui. All’inizio non potrebbero sembrare più distanti e differenti. Vuoi per l’età, vuoi pure per il posto da cui provengono . Si guardano quasi con sospetto, curiosamente. Gela riprende Nico e Nico risponde grugnendo. Eppure, abbastanza rapidamente, tra di loro si crea un rapporto intenso, sincero, di amicizia. Nico e Gela Nico si sente a suo agio nel raccontarsi a Gela; addirittura, a un certo punto le parla del suo amore per la sua babysitter che si sta per sposare. Gela gli chiede: che cosa ti piace di lei? E Nico le risponde: l’odore. Anche Gela, a sua volta, trova in Nico un confidente, qualcuno che non solo non sembra giudicarla ma che è sinceramente incuriosito dalla sua storia. Vivono in questa vecchia casa siciliana con il soffitto altissimo, tante stanze stipate di foto e di mobili antichi e pochi vicini, tutti anziani. Gela ha la sua quotidianità, con la sua routine. La spesa, le passeggiate con il cane; le partite a carte con le amiche. Nico, al contrario, passa tutto il suo tempo al cellulare, giocando o sperando in una telefonata della sua babysitter, finalmente rinsavita e pronta a rinunciare alle nozze. Un film piccolo, contenuto e semplice Da un punto di vista puramente produttivo, “Gioia mia” è un film piccolo. Contenuto. Semplice. Ambientato tra le quattro mura di una casa e il cortile di un palazzo. Pieno di bambini, di donne e di luce. Spampinato non solo firma la regia ma pure la sceneggiatura e il montaggio. E non è mai insistente o ingombrante. Sta sempre indietro. Osserva la scena e fissa l’attenzione sulle cose più importanti: uno sguardo, una mano che resta sospesa a mezz’aria; l’arco teso della schiena di un bambino o la linea leggermente arricciata alle estremità delle sopracciglia di un’anziana. È interessante anche il lavoro che è stato fatto sulla voce, con Fiore che si fa gradualmente, scena dopo scena, più sicuro. Una storia di crescita In un primo momento, infatti, il suo personaggio borbotta, quasi si nasconde; poi, a mano a mano che entra in contatto con Gela e con gli altri bambini del palazzo, sembra ritrovare sé stesso. E ritrovando sé stesso, ritrova anche la voce. Nonostante sia ambientato in un periodo di tempo tutto sommato limitato, “Gioia mia” è un film di crescita. I due protagonisti, ognuno con le proprie differenze, si trasformano, cambiano e trovano una nuova consapevolezza. Nico, per esempio, impara a guardarsi intorno, a non sottovalutare le piccole cose. E Gela, invece, riesce a riappropriarsi di un pezzo della sua vita e del suo passato che aveva cercato di dimenticare. Un altro cinema italiano “Gioia mia” è al cinema in questi giorni con Fandango. Ed è uno di quei film, di cui abbiamo pure parlato su queste pagine, che meritano un’attenzione particolare. Perché rappresentano un altro cinema italiano. Uno forse più piccolo, sicuramente più povero di risorse, ma ugualmente potente e appassionante. Spampinato è al suo primo lungometraggio, ma ha già dimostrato di avere una sensibilità profonda e una visione d’insieme matura. Il suo “Gioia mia” non cerca mai, in nessun momento, soluzioni banali. Trova sempre il modo per valorizzare al massimo la storia e, soprattutto, gli attori inserendoli in scene che funzionano per la loro schiettezza. Non ci sono giri di parole o inquadrature inutili, volutamente – e forzatamente – ricercate. C’è, al contrario, una linearità visiva e narrativa che accompagna la storia, che la porta avanti, che non sembra mai accontentarsi. Spampinato, poi, si appropria di un tono particolare, con cui riesce a tenere insieme le due anime del film: una più drammatica, incentrata principalmente sulla trama di Gela, e una più leggera e ironica, incentrata invece sulla trama di Nico. Queste due anime non sono mai distanti. Si intrecciano costantemente. E l’abilità di Spampinato sta esattamente qui: nel trovare un equilibrio, nel dire quello che vuole dire senza cedere sulla tenuta del racconto e senza abbandonarsi a dettagli inutili e sfiancanti per lo spettatore.

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Gioia Mia di Margherita Spampinato è un film intimo dalla doppia anima

Gianmaria Tammaro