Oscar Isaac a Venezia: da Frankenstein a Dante, il doppio volto di un attore poeta

Oscar Isaac arriva al Lido come un paradosso incarnato: due film, due epoche, due identità. Ma sotto le maschere — Victor Frankenstein e Dante Alighieri/Nick Tosches — c’è la stessa febbre: incarnare l’impossibile. Victor Frankenstein, rockstar della scienza In Frankenstein di Guillermo del Toro, Isaac è un Victor spezzato e febbricitante, più artista che scienziato. “Mi sono agganciato a Guillermo e lanciato nel lavoro”, ha detto in conferenza stampa. Del Toro lo ha voluto come un outsider punk, con guanti rossi, barba ghiacciata e il laboratorio come un palcoscenico. Isaac ha confessato di aver pianto leggendo la sceneggiatura: “Mi sono identificato profondamente, soprattutto nella circolarità padri-figli, bene e male che si confondono”. La sua interpretazione nasce da un atto di resa al materiale: “Bisogna lasciarsi inglobare dalla storia”. Così il Victor di Isaac non è scienziato convenzionale, ma un musicista in trance: crea vita come fosse un assolo elettrico, ride sotto la pioggia tra strumenti assurdi e fulmini. È un outsider che rivendica, con del Toro, “il nostro diritto all’imperfezione”. Nick Tosches che è Dante che è Isaac Con In the Hand of Dante, Julian Schnabel gli affida il compito di incarnare sia lo scrittore Nick Tosches sia Dante stesso. “Mi attirava l’impossibilità, il sogno impossibile”, ha dichiarato Isaac in conferenza. Schnabel lo ha pensato come reincarnazione: “Un ragazzo di gang può essere Dante tornato sulla Terra per correggere i propri errori”. Il film intreccia mafia e poesia, amore e blasfemia. Nick/Dante perde una figlia e trova un manoscritto, affiancato da un sicario e un boss . Ma in realtà, cerca la salvezza, attraversa secoli e generi. “Il goal è diventare il poema” dice Schnabel. E Isaac diventa davvero medium, ponte tra inferno e paradiso, incarnando l’arte come reincarnazione. Una carriera come mosaico Nato a Città del Guatemala nel 1979 e cresciuto a Miami, Isaac ha costruito una carriera come un labirinto di specchi. Non c’è coerenza, c’è vertigine: ogni film un volto, ogni ruolo una metamorfosi. I 9 film e 2 serie che hanno scritto la leggenda di Oscar Isaac A proposito di Davis Il menestrello folk dei Coen, che canta stonato e sublime. In quel fallimento che si fa musica nasce la poesia di un attore che trasforma la sconfitta in mito. 1981: Indagine a New York Uomo d’affari assediato dalla violenza. Isaac è calma tesa, onestà che diventa ribellione silenziosa, ritratto morale di un’America corrosa. Ex Machina Demiurgo hi-tech che balla con i suoi robot. Isaac scolpisce un dio crudele, tra danza elettronica e filosofia, portando il thriller nel mito moderno. X-Men – Apocalisse Villain biblico, il primo mutante. Nascosto dal trucco, la sua voce e la sua fisicità trasformano il franchise pop in apocalisse teatrale. Star Wars – Poe Dameron Pilota ribelle, eroe popolare. Isaac gli dona un sorriso fragile e segreto: anche tra le stelle, l’umanità resta vulnerabile. Annientamento Corpo alieno, dissoluzione biologica. Isaac diventa martire dell’ignoto, un soldato che non riconosce più se stesso: inquietante e universale. Operation Finale Agente del Mossad incaricato di catturare Eichmann. Isaac incarna la memoria storica, rendendo il thriller una meditazione sul trauma. Dune Duca Leto Atreides, padre e martire. Isaac porta dolcezza regale e rassegnazione tragica: ogni sguardo verso Paul è un addio. The Card Counter Asceta del poker, ex soldato che cerca redenzione. Nei casinò di Schrader, Isaac trasforma il gioco in preghiera laica. Scene da un matrimonio Accanto a Jessica Chastain, Isaac scava nel matrimonio come fosse un campo di battaglia. Amore e rancore, carezza e ferita: un duello che è teatro dell’anima. Moon Knight Tre identità, un corpo solo. Isaac cambia voce, postura, respiro: performance totale, possessione barocca, Marvel che diventa tragedia greca. Se Oscar Isaac fosse un cocktail latino Sarebbe un Sol & Ceniza . Alla base un rum guatemalteco invecchiato, Zacapa 23, che nasce sulle alture vulcaniche e porta in sé il fuoco e la cenere del suo Paese natale. Al rum si uniscono il lime fresco, tagliente come gli sguardi febbrili di Isaac, e lo sciroppo d’agave che addolcisce la vertigine. Sopra, una nuvola di fumo di cannella, che evoca l’esilio e la resurrezione. Non è un cocktail da aperitivo: è un rito. Un sorso che brucia e consola, che mescola origini e destino, memoria e abisso. Come Isaac, porta chi lo beve dall’inferno alla luce in pochi istanti.

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Paolo Nizza