"Sergio Leone: Il romanzo di una vita" e un cinema che non tornerà più

Proprio all’inizio di “Sergio Leone: Il romanzo di una vita”, Piero Negri Scaglione decide di usare frammenti di storie, interviste e racconti per costruire – o meglio: per evocare – un certo profilo: Leone il visionario, Leone il predestinato; Leone il regista che si è impegnato, che sapeva cosa stava facendo e che non ha mai esitato, mai, nemmeno quando tutto – e tutti – gli hanno remato contro. Se vogliamo, il prologo ha un taglio quasi cinematografico: tanti frame per costruire un’unica sequenza, l’occhio della camera che si alterna da questa a quest’altra faccia, campo e controcampo, in un montaggio veloce e ritmato. E di conseguenza appassionante. Ma nel suo nuovo libro Piero Negri Scaglione fa anche un’altra cosa che è molto interessante: parte sempre dal piccolo, dal dettaglio, mai da Leone. Parte dall’aneddoto, dalla voce di qualcun altro, dalla reazione che un certo critico o un certo tipo di pubblico hanno avuto dopo aver visto un film. Avanti e indietro nella vita di un maestro Si diverte non a inventare o a romanzare, ma ad arricchire e ispessire il materiale che ha a disposizione. E attenzione: ha fatto un lavoro certosino di raccolta e di messa a punto, Negri Scaglione. E poi va avanti e indietro, in continuazione. Futuro, presente, passato. Ma pure passato remoto e futuro anteriore. Il Leone bambino, il Leone adolescente; il Leone che comincia a muovere i suoi primi passi nel mondo del cinema, come aiuto o addirittura come “ciacchista”, che si vede passare davanti prima Orson Welles e poi Totò. Leone, insomma, è sempre al centro della scena e allo stesso tempo è altrove: è un particolare sullo sfondo, è una diceria; è un modo di comportarsi, di rispondere, di vivere il set. Una vita come un film Leone viene fuori dalle testimonianze di chi lo ha incontrato e conosciuto e dai documenti che Negri Scaglione ha trovato. . “Tra cinema e vita”, disse Leone a Gianni Minà, “non ci trovo tutta questa differenza. Il cinema è vita, e viceversa”. Ed effettivamente, rileggendo quello che ha fatto, abbandonandosi al filo rosso di eventi che Negri Scaglione ha riunito e messo insieme, si ha come la sensazione di trovarsi davanti a un film. O a qualcosa che – per ritmo, costruzione e caratterizzazione – ricorda molto un film. Ci sono le parole scritte, quelle che leggiamo. E poi c’è la nostra immaginazione: ciò che succede nella nostra testa mentre andiamo avanti, mentre impariamo a conoscere l’uomo oltre il mito. Il secondo libro dell'autore su Leone Non è la prima volta che Negri Scaglione parla di Leone. Lo aveva già fatto un paio di anni fa con un altro libro: “Che hai fatto in tutti questi anni”, pubblicato da Einaudi, in cui raccontava l’ossessione, e le tribolazioni, di Leone per “C’era una volta in America”. Pure in quel caso, tracciava un profilo del regista per sottrazione: mai puntando il riflettore direttamente su di lui, ma su tutto il resto. E quindi i collaboratori, i problemi, i rallentamenti, la scelta degli attori. Questo libro, pubblicato da Sperling & Kupfer, è una biografia, sì, ma è anche qualcos’altro: una fotografia di un’idea di cinema che, forse, non tornerà più; l’insieme degli errori e delle sviste di un uomo; la percezione esterna, con le critiche, le stroncature e gli applausi; un genere, il western, che rinasce; e soprattutto la storia di un bambino che diventa grande, che non perde mai la sua voglia di giocare, che quando deve raccontare i suoi film interpreta tutti i personaggi e ripete tutti i rumori con la bocca, dai colpi di pistola alle esplosioni, e che si fa grande, enorme, gigantesco. Un’icona. Passione e ossessione sovrapposte “Sergio Leone: Il romanzo di una vita” prova, e riesce, a distinguersi rispetto al grande marasma di biografie e libri che hanno già raccontato, ognuno a modo suo, la vita e la carriera del regista romano. Non ha senso, e su questo Negri Scaglione ha perfettamente ragione, ripetere uno schema che è stato riproposto altre dieci, venti volte. Sergio Leone, sembra dire Negri Scaglione, ha superato la prova del tempo, è diventato immortale, e non solo grazie ai suoi film. Ma soprattutto grazie a quello che si è detto di lui, al modo in cui, ancora oggi, viene ricordato. È quello, se vogliamo, che fa la differenza. Negri Scaglione racconta la sovrapposizione evidente tra passione e ossessione, tra visione e intuizione e, cosa più importante, tra arte ed esistenza. Leone viveva per i suoi film, e faceva i suoi film per vivere, per ritrovare quell’idea di America e di eroi che aveva da bambino e che, ben presto, aveva scoperto essere l’ennesima storia.

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