Perché vedere il docufilm “Pino Daniele – Nero a Metà”

Jobim e Rio De Janeiro, Bob Marley con la Giamaica, Bruce Springsteen e il New Jersey. Si contano sulle dita di una mano gli artisti che con la loro opera hanno raccontato perfettamente in musica un luogo e la sua trasformazione, attraverso un percorso di ricerca e di fusione tra la tradizione locale e una nuova forma di narrazione sonora. Questo è ciò che ha fatto tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 Pino Daniele con Napoli nei suoi primi tre album e, in particolare, con il terzo dal titolo “Nero a metà” uscito nel marzo del 1980. Ed è proprio da questo che prende il titolo questo bel documentario dal titolo “Pino Daniele - Nero a metà” realizzato da Marco Spagnoli e Stefano Senardi, il primo regista e secondo ex discografico e grande narratore della musica italiana attraverso libri , cinema e tv . Il docufilm esce nelle sale solo per l'ultimo weekend delle feste – dal 4 fino a domenica 6 gennaio – in occasione del decennale della morte del cantautore napoletano. Ma, attenzione, in “Nero a metà” non c'è né nostalgia, né agiografia, ma è un racconto fatto di incontri, tra l'aneddotico e il rigoroso, con tanti filmati di repertorio, alcuni altri inediti e riproposizione di canzoni del repertorio di Pino Daniele, interpretato da artisti emergenti e vecchie glorie di Napoli. È proprio lo stesso Stefano Senardi, che torna nel capoluogo campano dopo dieci anni, nel ruolo di Virgilio a portarci per mano tra i vicoli del centro storico e negli studi di registrazione, così come aveva fatto nell'altro suo docufilm molto premiato ma male distribuito “La voce del padrone” sempre in coppia con Marco Spagnoli, dedicato a Franco Battiato. Obiettivo: scoprire il rapporto profondo tra Pino Daniele e Napoli. Gli inizi Dalle interviste a Enzo Gragnaniello, Enzo Avitabile, Tony Cercola emerge la bruciante passione di Pino Daniele per la chitarra, imparata da autodidatta all'età di nove anni, e la voglia di fare nuovi incontri, muovendo i primi passi con i Batracomiomachia, suonando con Jenny Sorrenti, addirittura cambiando strumento – dalla chitarra al basso elettrico – pur di entrare a far parte del gruppo fusion Napoli Centrale messo insieme dal sassofonista James Senese. Alla fine degli anni '70 c'è una nuova scena musicale a Napoli, chiamata Naples Power, con l'intento di rileggere la tradizione e il folklore abbattendo gli stereotipi e i luoghi comuni. In particolare, Pino Daniele con il suo esordio del 1977 “Terra mia” sostituisce alla pizza e ai mandolini, al sole e al mare, il disagio popolare che canzoni come “Napule è” e “Na tazzulella 'e cafè”, che definiscono pienamente la sua poetica; a seguire “Pino Daniele” che con il singolo “Je so' pazzo” raggiunge anche il disco di platino. Il tutto raccontato nel documentario attraverso aneddoti anche spassosi dal produttore Claudio Poggi e il discografico Bruno Tibaldi che credettero subito in lui – tra cui quello della convocazione dell'Alitalia per un lavoro di steward proprio il giorno in cui sarebbero iniziate le registrazioni di “Terra mia”, a cui Pino decise di rinunciare. La “ricerca” e il disco del 1980 Ma è “Nero a metà” ad essere il disco fondamentale su cui si basa la seconda metà del doc. Un album crocevia non solo per la carriera di Pino, ma proprio per la musica italiana e mediterranea. Alla classica canzone cantautorale infatti si aggiunge una nuova musicalità presa dal rhythm & blues, dal rock, dal soul, dal funk e dalla bossanova, per un qualcosa che in Italia non si era ancora ascoltata prima a quel livello. Una delle parole più utilizzate nelle dichiarazioni di Pino e dei suoi collaboratori in merito alla musica è 'ricerca', legata proprio a questo crocevia di suoni che era già presente nei rioni di Napoli grazie alla sede Nato che fin dal dopoguerra custodiva i generi musicali del Nordamerica. Nel sound di “Nero a metà” scorrono la lava del Vesuvio e l’acqua del Mississippi, il soul di Stevie Wonder e il folk di Roberto Murolo, ma soprattutto quel rock fusion degli Showmen al cui cantante Mario Musella, scomparso poco prima della pubblicazione del disco, era dedicato il disco. E poi c'è la lingua, una sorta di meticciato italiano-napoletano-inglese, un dialetto musicale che gli consente di trasferire al meglio le proprie emozioni. Il concerto in Piazza del Plebiscito L'ultima parte del docufilm è dedicato al concerto gratuito del 19 settembre 1981 in Piazza del Plebiscito – che fino ad allora era stato solo un enorme parcheggio - l'ultima tappa del tour di Pino con una super band formata da straordinari musicisti napoletani già con carriere soliste avviate come Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese e molti altri, esattamente un anno dopo il terremoto che aveva flagellato l’Irpinia. Un successo clamoroso che consacrò Pino Daniele all'onore della popolarità. Il docufilm in un'ora e mezza racconta questo intervallo di 4-5 anni della storia artistica di Pino Daniele che, di fatto, rivoluzionò la musica napoletana e italiana.

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