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Anora, un’atipica Cenerentola tra amore, sesso, sogni, soldi. La recensione del film

Cinema

Paolo Nizza

Arriva al cinema in Italia il vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2024. Un travolgente mix di commedia, azione, dramma incentrato sulla folle odissea di una sex worker. Diretta dal talentuosissimo Sean Baker, un’opera interpretata splendidamente da Mikey Madison 

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“I sogni son desideri” gorgheggiava festosa Maria Cristina Brancucci nell’italica versione di A Dream Is a Wish Your Heart Makes. Ma Walt Disney non abita qui.  Perché Anora è ambientato nel 2018, non negli anni Cinquanta. E per il regista Sean Baker, il sogno, sovente, si chiama Florida e somiglia parecchio a un incubo. Nelle sale cinematografiche a partire da giovedì 7 novembre, il lungometraggio premiato come miglior film alla a 77ª edizione del Festival di Cannes scioglie la favola di Cenerentola parimenti a un alka seltzer precipitato in un bicchiere colmo di acqua Perrier. Sicché la scarpetta di Cristallo, tosto, si trasfigura in un paio di pole dance shoes. Il lirismo resta al palo. Al pari della polverosa retorica della donna perduta, tuttavia di buon cuore.  Anora risulta un lungometraggio ineluttabilmente sincero, pure nella menzogna. Si ride, si piange e alla fine si finisce con il condividere il pensiero di Charles Bukowski, ovvero “L’amore è un cane che viene dall’inferno.”

ANora la trama del film

Niente Cabiria di Federico Fellini, ma nemmeno Pretty Woman con Julia Roberts. Anora cammina a testa alta con i tacchi alti nei bassifondi. L’ipocrisia, il moralismo, la pruderie non hanno mai avuto cittadinanza nel cinema di Sean Baker, (basti pensare a opere della potenza TangerineRed  Rocket). Parliamo di un regista che ha consacrato la propria filmografia nell’atto di superare lo stigma sull’universo dei lavoratori del sesso. In una profana epifania di calze a rete, twerking e stiletto, la protagonista danza, novella Salomè, con un numero di veli decisamene inferiore a sette, in sexi club di Manhattan. La stripper si siede sulle ginocchia dell’attempato ed eccitato di turno. Ma quando qualche incauto cliente le domanda “I tuoi sanno che fai questo lavoro?", la ragazza replica fulminea: "La tua famiglia sa che sei qui?". Insomma, un erotico tran-tran a pagamento, il desiderio nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Solo che invece di palesarsi un canuto Sugar Daddy, Ani (che preferisce questo civettuolo diminutivo al suo nome di battesimo) incontra Ivan Zakharov, giovane, prestante rampollo di un oligarca russo, più ricco di Creso. E per citare Anna Oxa: "Quando nasce un amore/ È l'universo che si svela /Quante parole in una sola”. Come in una favola dei nostri tempi i due si sposano a Las Vegas. Ma a volta che la notizia del matrimonio arriva in Russia, l’idillio è minacciato dall’arrivo a New York dei suoceri, decisi a ogni costo a far annullare il matrimonio.

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Anora, una clip esclusiva del film in uscita al cinema dal 7 novembre

Mickey Madison, una protagonista da nomination agli Oscar

Anora possiede il moto perpetuo del cinema degli anni Settanta. Girato in 35 millimetri con lenti anamorfiche, sballotta lo spettatore da Manhattan a Brighton Beach, dai casinò di Las Vegas alla ruota panoramica di Coney Island. Il paesaggio si trasforma in personaggio, ma alla fine si spengono pure le mille luci di New York. Simili ai fuochi d’artificio che si perdono nella volta celeste. Eppure, il film mantiene una eversiva carica esilarante assai rara nelle commedie contemporanee. Gag degne di uno slapstick, ritmi indiavolati. Merito di Mikey Madison (C'era una volta a  Hollywood, Scream), una protagonista splendente mai triviale né tantomeno posticcia, che ci offre un’interpretazione da nomination all’Oscar. Notevole pure la performance di Karren Karagulian, l’attore feticcio di Baker, e di Yura Borisov, indimenticabile in Scompartimento N. 6 – In Viaggio con il Destino.

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Anora, il trailer del film che ha vinto la Palma d'Oro a Cannes

Un film potente, sincero e femminista

Sulle note di una brillante colonna sonora tutta giocata sui contrasti (è un autentico piacere riascoltare Dancing di Blondie, Greatest day dei Thake That e financo All The Things She Said delle mitologiche t.A.T.u.), si dipana una bizzarra love story al neon, scandita da amplessi celeri, videogame, voli privati, sbronze epocali, caramelle, inseguimenti, risse, green card. Ed è impossibile non empatizzare con Anora e con la sua fiaba sgangherata. Un sogno lungo due settimane che annega nell’oceano Atlantico o sul sedile di un’auto, mentre fuori piove un mondo freddo. L’odissea di una Cinderella moderna sconfitta dalla lotta di classe. Perché a Mosca come nella Grande Mela contano i soldi, lo status sociale, il potere. Eppure, Anora non è un’opera dolente e disperata, ma un film autenticamente femminista. Una pellicola potente e importante capace di arrivare a tutte e a tutti. Un lungometraggio che attraverso gag, lacrime, lustrini e ironia, ci parla in maniera profonda, emozionante e sincera del mondo in cui viviamo molto di più di tante pellicole pretenziose, sussiegose e lagnose.

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