Dante, intervista a Lucio Gregoretti autore della colonna sonora del film di Pupi Avati

Cinema

Paolo Nizza

Il compositore italiano, insieme a Rocco De Rosa ha composto le musiche (disponibili in digitale) del nuovo film del regista bolognese, attualmente nelle sale cinematografiche. Ecco cosa ci ha raccontato

Da venerdì 30 settembre è disponibile in digitale la colonna sonora del film Dante di Pupi Avati composta a quattro mani da Lucio Gregoretti e Rocco De Rosa (coedita e coprodotta da Edizioni Curci con Concertone Srl.).

Due musicisti vicini anagraficamente e tuttavia lontanissimi uno dall'altro per studi musicali, mondi espressivi, carattere. Complementari nell’evocare un mondo romantico e remoto, Lucio Gregoretti con la sua classicità, Rocco De Rosa con la sua arcaicità” afferma Pupi Avati che ha scelto personalmente i due compositori.  Per l'occasione abbiamo incontrato Lucio Gregoretti, talentuoso e versatile artista, un autentico Maestro sia della musica applicata, sia della musica da concerto.

Lucio Gregoretti

Questa è la sua quarta collaborazione con Pupi Avati, dopo “Il Bambino cattivo”, “Il fulgore di Dony” e “Lei Mi parla ancora”. Qual è la prima cosa che le è venuta in mente quando il regista le ha proposto di comporre la colonna sonora di Dante?

 

Ho pensato che sarebbe stata la colonna sonora più difficile. È un film a cui Avati teneva moltissimo per cui si aspettava il massimo da tutti i collaboratori. E poi si tratta di un’opera molto particolare. Dall’ambientazione al soggetto era possibile approcciarsi alla storia nei modi più diversi, mentre in altre occasioni, la situazione era più univoca e quindi, per certi versi, era più semplice comporre la musica

 

Come è stato la collaborazione con Rocco De Rosa, l’altro autore della colonna sonora di Dante?

 

Ci siamo divisi le scene in base alle nostre peculiarità, optando per quelle che sentivamo più vicine alla nostra sensibilità. E a volte ci siamo scambiati le sequenze, a seconda di come procedeva il lavoro. Insomma, è stato un costante work in progress.

 

Pupi Avati che rapporto ha con la musica e le colonne sonore?

 

In virtù del suo background musicale, Pupi, rispetto ad altri registi, possiede una competenza più specifica, più tecnica. E poi ha una grande sensibilità, per cui è sempre  un piacere lavorare insieme a lui.

 

Ha un approccio diverso quando compone per il cinema, rispetto al teatro e  all’opera?

 

Sì, quella per il grande schermo è una musica che si scrive per essere registrata, quella per l’opera si esegue dal vivo. Questo è l’aspetto più evidente. E poi ogni forma di espressione artistica possiede le proprie caratteristiche.

 

William Burroughs diceva: "Ciò che vediamo è determinato in larga misura da ciò che udiamo. "È d’accordo?

 

Direi di sì. E non si tratta di una semplice sensazione. È stato dimostrato scientificamente. Basti pensare all’Effetto McGurk. La nostra percezione è sempre “multimodale”. I nostri sensi collaborano e imparano insieme. Si tratta di una mediazione tra quello che si vede e quello che si ascolta.

 

Per Robert Bresson: “il cinema è più vicino alla musica che al teatro o al romanzo.” Che ne pensa?

 

Probabilmente la scansione temporale obbligata accomuna il cinema e la musica. Il film è immutabile, si svolge in un tempo preciso e predeterminato. In questo senso, la letteratura e il teatro hanno meno vincoli.

 

 

Maestro, lei ha collaborato anche con Lina Wertmüller

 

Ho dei ricordi meravigliosi legati alle musiche composte per Lina. Collaboravo sempre insieme a Lilli Greco, produttore e compositore, anche se lui preferiva definirsi un pianista. Wertmüller aveva un approccio molto diverso rispetto alle  altre registe e registi  con cui ho lavorato. La colonna sonora nasceva con lei. Si lavorava a casa sua e anche i testi nascevano insieme alla musica, quando si trattava  di commedie musicali.

 

È stato anche allievo di Ennio Morricone

 

Abbiamo condiviso il doppio binario della musica applicata  e della musica da concerto. Ed Ennio ci faceva questo esempio. Se noi accediamo la televisione e vediamo un film con una musica mediocre, scadente, ma che risulta perfetta per accompagnare quelle immagini, significa che il compositore ha assolto il suo compito. Ma se siamo dei veri compositori non dobbiamo accontentarci, bisogna ambire al meglio, scrivere della buona musica, indipendentemente dalla destinazione che essa avrà. È un insegnamento di cui tengo sempre conto. E poi ho frequentato Morricone nell’ultima parte della sua vita. In alcune occasioni, quando lo accompagnavo a eventi pubblici, mi veniva l’istinto di proteggerlo. Era popolarissimo e veniva assalito da tante richieste da parte della gente. Probabilmente non era una protezione richiesta, ma era qualcosa che mi sentivo di fare.

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