Il coreografo inglese, tra i più all’avanguardia del panorama contemporaneo, ha esplorato tutte le potenzialità che la tecnologia offre all’arte per esprimersi. Quei modi apparentemente illimitati in cui il movimento umano può essere visualizzato attraverso la tecnica di motion capture. Il risultato sono delle performance di grande impatto visivo e sensoriale
Può esistere una danza puramente digitale? E’ la domanda a cui cerca di rispondere il coreografo inglese Alexander Whitley che, spinto anche dall’emergenza sanitaria, ha esplorato tutte le potenzialità che la tecnologia offre all’arte per esprimersi. A lui è dedicato questo nuovo appuntamento con Hashtagart, la rubrica con cui cerchiamo di raccontare l’altra scena dell’arte, quella che si esprime online.
Classe 1980, formazione al Royal Ballet di Londra e un inizio di carriera come danzatore classico, Whitley si è poi dedicato alla danza contemporanea diventando uno dei coreografi più all’avanguardia. Artista associato al Sadler’s Wells New Wave, direttore di una sua compagnia, nelle sue creazioni si avvale infatti del supporto di artisti leader nel campo del design digitale. Il risultato sono delle performance di grande impatto visivo e sensoriale.
Il progetto Digital body
Nel progetto Digital Body, lanciato in risposta alla pandemia, Whitley ha approfondito i modi apparentemente illimitati in cui il movimento umano può essere visualizzato attraverso l’uso delle tecnologie di motion capture (la tecnica di animazione digitale che permette di rendere realistici i movimenti di personaggi virtuali attraverso l'elaborazione dei movimenti di persone o animali catturati tramite sensori posizionati in corrispondenza delle articolazioni o delle fasce muscolari).
Chaotic Body, di cui vediamo un estratto nel video che chiude questo appuntamento di Hashtagart, è un’ulteriore estensione di questa indagine. Creato in collaborazione con gli artisti digitali UL Collective e con il compositore Qasim Naqvi, ne è stato presentato un assaggio in questa edizione del Roma Europa Festival.
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Danza e motion capture
“Nell’impossibilità di potersi esibire, creare o fare ricerca con la mia compagnia di ballerini a causa delle misure di distanziamento sociale – spiega Whitley – ho iniziato a registrare delle sequenze coreografiche attraverso una tuta per motion capture e a condividerle sul sito affinché tutti gli artisti potessero utilizzarle. E’ stata un’opportunità per approfondire i modi apparentemente illimitati in cui il movimento umano può essere visualizzato e per testare le soglie di ciò che rimane riconoscibilmente umano. Più che altro è stato un tentativo di costruire una comunità attorno a una nuova forma di collaborazione nella danza".
Per Whitley “la danza è molto di più di un corpo umano. La danza è spazio, energia. E’ la relazione tra il corpo e lo spazio che lo circonda”. Uno spazio e un corpo che possono diventare anche virtuali.