Roma Film Festival, trionfa "Un cuento chino"
SpettacoloIl film del regista argentino Sebastian Borensztein vince sia il premio del pubblico sia quello della critica. Migliore attrice Noomi Rapace, miglior attore a a Guillaume Canet. Gli italiani restano a bocca asciutta. VIDEO
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Al di là di ogni considerazione il Festival di Roma alla sua sesta edizione mostra la sua vocazione internazionale facendo vincere un film delicato e low budget come Un Cuento Chino di Sebastian Borensztein (Marco Aurelio per miglior film e premio del pubblico) e non concedendo nulla al nazionalismo e lasciando così l'Italia a bocca asciutta.
Una cosa notata dalla stesso presidente di giuria Ennio Morricone che non ha mancato, facendo una piccola gaffes, di dire "mi dispiace per un film italiano a cui tenevo molto".
In conferenza stampa, assente il compositore, Roberto Bolle torna sulla polemica: "Ovviamente i film italiani (erano quattro su 15, ndr) sono stati tutti presi in considerazione. Ma la qualità dei film era molto alta e abbiamo fatto la migliore selezione possibile, decidendo quasi sempre all'unanimità".
Ma la vera star di questa serata è stata ancora una volta Richard Gere che ricevendo il Marco Aurelio come miglior attore ottiene una standing ovation, applausi a non finire e dedica questa vittoria a quel milione di persone che hanno partecipato in misura diversa ai suoi cinquanta film.
Il premio come miglior attrice è andato invece a Noomi Rapace per la sua interpretazione di mamma apprensiva in Babycall, mentre quello di miglior attore a Guillaume Canet per Una vie meilleure, film francese di Cedric Kahn che era, alla vigilia, candidatissimo per i premi maggiori.
Uno dei momenti più divertenti della serata condotta con scioltezza da Francesca Inaudi è stato la consegna del premio del pubblico da parte di un debordante Luigi Abete a un sorpreso regista argentino Sebastian Borensztein che probabilmente non sapeva che il riconoscimento prevede anche un assegno di 40.000 euro.
Ha detto il regista ricevendo il premio del pubblico: "Sono particolarmente contento perché vuol dire che 'Un cuento chino' è riuscito ad arrivare fino al cuore del pubblico". Divertente invece la confessione del regista australiano Fred Schepisi, autore di The Eye of The Storm che ha vinto il premio speciale della giuria che confessa: "Negli anni 50 andavo a vedere nel mio paese i film australiani sperando di trovare quelle scene sexy che non trovavo in quelli australiani. Invece alla fine ho scoperto una cinematografia, quella italiana, che io metto al primo posto".
Tra le curiosità dei vincitori, c'è il fatto che siano state premiate anche due pellicole con storie d'amore omosessuali, North Sea Texas sul legame fra due ragazzi e Circumstance, sulla relazione proibita fra due giovani iraniane.
La sesta edizione del Festival di Roma si chiude comunque nel segno della continuità nonostante le polemiche politiche, e non, di chi non ama troppo questa manifestazione o la trova inutile.
La conferenza stampa di bilancio presieduta da Gian Luigi Rondi oltre ai numeri, quasi tutti positivi, ha fatto capire una cosa: la squadra non si cambia. E soprattutto la carica di direttore artistico a Piera Detassis il cui mandato è in scadenza. "E' la più brava di tutte - ha detto Rondi - e la riproporrò. Mentre sul mercato è opinione dello stesso Rondi "che è impossibile pensarlo senza il concorso".
Al di là di ogni considerazione il Festival di Roma alla sua sesta edizione mostra la sua vocazione internazionale facendo vincere un film delicato e low budget come Un Cuento Chino di Sebastian Borensztein (Marco Aurelio per miglior film e premio del pubblico) e non concedendo nulla al nazionalismo e lasciando così l'Italia a bocca asciutta.
Una cosa notata dalla stesso presidente di giuria Ennio Morricone che non ha mancato, facendo una piccola gaffes, di dire "mi dispiace per un film italiano a cui tenevo molto".
In conferenza stampa, assente il compositore, Roberto Bolle torna sulla polemica: "Ovviamente i film italiani (erano quattro su 15, ndr) sono stati tutti presi in considerazione. Ma la qualità dei film era molto alta e abbiamo fatto la migliore selezione possibile, decidendo quasi sempre all'unanimità".
Ma la vera star di questa serata è stata ancora una volta Richard Gere che ricevendo il Marco Aurelio come miglior attore ottiene una standing ovation, applausi a non finire e dedica questa vittoria a quel milione di persone che hanno partecipato in misura diversa ai suoi cinquanta film.
Il premio come miglior attrice è andato invece a Noomi Rapace per la sua interpretazione di mamma apprensiva in Babycall, mentre quello di miglior attore a Guillaume Canet per Una vie meilleure, film francese di Cedric Kahn che era, alla vigilia, candidatissimo per i premi maggiori.
Uno dei momenti più divertenti della serata condotta con scioltezza da Francesca Inaudi è stato la consegna del premio del pubblico da parte di un debordante Luigi Abete a un sorpreso regista argentino Sebastian Borensztein che probabilmente non sapeva che il riconoscimento prevede anche un assegno di 40.000 euro.
Ha detto il regista ricevendo il premio del pubblico: "Sono particolarmente contento perché vuol dire che 'Un cuento chino' è riuscito ad arrivare fino al cuore del pubblico". Divertente invece la confessione del regista australiano Fred Schepisi, autore di The Eye of The Storm che ha vinto il premio speciale della giuria che confessa: "Negli anni 50 andavo a vedere nel mio paese i film australiani sperando di trovare quelle scene sexy che non trovavo in quelli australiani. Invece alla fine ho scoperto una cinematografia, quella italiana, che io metto al primo posto".
Tra le curiosità dei vincitori, c'è il fatto che siano state premiate anche due pellicole con storie d'amore omosessuali, North Sea Texas sul legame fra due ragazzi e Circumstance, sulla relazione proibita fra due giovani iraniane.
La sesta edizione del Festival di Roma si chiude comunque nel segno della continuità nonostante le polemiche politiche, e non, di chi non ama troppo questa manifestazione o la trova inutile.
La conferenza stampa di bilancio presieduta da Gian Luigi Rondi oltre ai numeri, quasi tutti positivi, ha fatto capire una cosa: la squadra non si cambia. E soprattutto la carica di direttore artistico a Piera Detassis il cui mandato è in scadenza. "E' la più brava di tutte - ha detto Rondi - e la riproporrò. Mentre sul mercato è opinione dello stesso Rondi "che è impossibile pensarlo senza il concorso".