Dal 5 al 13 giugno, nei teatri Furio Camillo e Sala Uno della Capitale, artisti delle principali accademie europee ed extraeuropee gareggiano per l'assegnazione del premio“Gemini d'oro”. Un'occasione per scoprire o riscoprire il teatro di oggi
di Valentina Guzzardo
Nel buio, l'ansimare di un branco di cani e, insieme, quello di esseri umani ridotti a ossa che corrono, scappano, in una fuga disperata dal lager che li ha consumati. La violenza di carnefici che tolgono l'aria, una luce rossa che ricorda il sangue. Un silenzio più rumoroso e assordante del rumore delle bombe.
E' questa l'atmosfera iniziale dello spettacolo “Nightmares of the Concentration Camp" degli allievi del biennio avanzato dell'Accademia teatrale di Roma Sofia Amendolea, che sabato sei giugno al Furio Camillo apre ufficialmente la settima edizione del Romateatrofestival. Una manifestazione che mette a confronto le migliori scuole internazionali: Cracovia, Varsavia, Bratislava, la spagnola “Replika Teatro Academia”, la svizzera “Università di Teatro Dimitri”, vincitrice dell'edizione dello scorso anno. Sabato 13 giugno al teatro Sala Uno verranno assegnati il premio“Gemini d'oro” e quello speciale - dedicato a Sofia Amendolea - che consacra l’interprete che più si è distinto per carica interpretativa.
L'Accademia Sofia Amendolea presenta “Nightmares of the Concentration Camp” fuori concorso, un work in progress maturato anche grazie al viaggio ad Auschwitz degli allievi. “Per quanto tempo dobbiamo essere testimoni del nostro silenzio?”. Grida Tatiana Callegari in uno dei momenti più forti dello spettacolo che ha girato i maggiori teatri internazionali, da febbraio ad oggi.
In che modo queste occasioni di confronto con le realtà estere hanno cambiato il vostro modo di fare teatro e lo spettacolo stesso?. “Pur essendo il tema dei lager ben noto a tutti e già raccontato da tanti - risponde l'attrice Irene Faccio - mi ha colpito il diverso effetto dello spettacolo a seconda del pubblico: c'è chi l'ha trovato solo crudele senza percepire il grido di speranza che lanciamo, c'è chi si è alzato in piedi e ha pianto con noi, c'è chi ha reagito con rabbia, chi con distacco. Ma il confronto mi ha aiutato a capire che c'è un denominatore comune: la curiosità di scoprire i 'codici', differenti, con cui ogni teatro cerca di arrivare allo spettatore. I polacchi lo fanno con il corpo e la voce, i tedeschi puntano sulla parola, gli svizzeri sull'acrobatica, i russi lavorano sulle emozioni forti”.
In cosa è diverso il teatro estero?. Questa volta risponde Tatiana Callegari, al secondo e ultimo anno dell'Accademia Sofia Amendolea: “Prepara i suoi attori ad essere davvero 'europei' e veri professionisti, con diritti garantiti da uno Stato che tutela. Difficile in Italia pensare ad accademie così. C'è una coscienza teatrale diversa, all'estero. L'attore non deve essere bello e attraente, non è un Dio - come il nostro Scamarcio! -lì c'è ancora fame vera di teatro e la gente non ci va per vedere il personaggio, ma per ritrovare l'antica catarsi”.
Nel buio, l'ansimare di un branco di cani e, insieme, quello di esseri umani ridotti a ossa che corrono, scappano, in una fuga disperata dal lager che li ha consumati. La violenza di carnefici che tolgono l'aria, una luce rossa che ricorda il sangue. Un silenzio più rumoroso e assordante del rumore delle bombe.
E' questa l'atmosfera iniziale dello spettacolo “Nightmares of the Concentration Camp" degli allievi del biennio avanzato dell'Accademia teatrale di Roma Sofia Amendolea, che sabato sei giugno al Furio Camillo apre ufficialmente la settima edizione del Romateatrofestival. Una manifestazione che mette a confronto le migliori scuole internazionali: Cracovia, Varsavia, Bratislava, la spagnola “Replika Teatro Academia”, la svizzera “Università di Teatro Dimitri”, vincitrice dell'edizione dello scorso anno. Sabato 13 giugno al teatro Sala Uno verranno assegnati il premio“Gemini d'oro” e quello speciale - dedicato a Sofia Amendolea - che consacra l’interprete che più si è distinto per carica interpretativa.
L'Accademia Sofia Amendolea presenta “Nightmares of the Concentration Camp” fuori concorso, un work in progress maturato anche grazie al viaggio ad Auschwitz degli allievi. “Per quanto tempo dobbiamo essere testimoni del nostro silenzio?”. Grida Tatiana Callegari in uno dei momenti più forti dello spettacolo che ha girato i maggiori teatri internazionali, da febbraio ad oggi.
In che modo queste occasioni di confronto con le realtà estere hanno cambiato il vostro modo di fare teatro e lo spettacolo stesso?. “Pur essendo il tema dei lager ben noto a tutti e già raccontato da tanti - risponde l'attrice Irene Faccio - mi ha colpito il diverso effetto dello spettacolo a seconda del pubblico: c'è chi l'ha trovato solo crudele senza percepire il grido di speranza che lanciamo, c'è chi si è alzato in piedi e ha pianto con noi, c'è chi ha reagito con rabbia, chi con distacco. Ma il confronto mi ha aiutato a capire che c'è un denominatore comune: la curiosità di scoprire i 'codici', differenti, con cui ogni teatro cerca di arrivare allo spettatore. I polacchi lo fanno con il corpo e la voce, i tedeschi puntano sulla parola, gli svizzeri sull'acrobatica, i russi lavorano sulle emozioni forti”.
In cosa è diverso il teatro estero?. Questa volta risponde Tatiana Callegari, al secondo e ultimo anno dell'Accademia Sofia Amendolea: “Prepara i suoi attori ad essere davvero 'europei' e veri professionisti, con diritti garantiti da uno Stato che tutela. Difficile in Italia pensare ad accademie così. C'è una coscienza teatrale diversa, all'estero. L'attore non deve essere bello e attraente, non è un Dio - come il nostro Scamarcio! -lì c'è ancora fame vera di teatro e la gente non ci va per vedere il personaggio, ma per ritrovare l'antica catarsi”.