L'astronauta veste Prada

“Il sogno di potersi creare il proprio futuro”. Quando chiediamo a Lorenzo Bertelli uno slogan per la nuova tuta spaziale targata Axiom Space e Prada presentata a Milano al Congresso internazionale di Astronautica, risponde di getto. Elegante, sobrio e sorridente, Bertelli è Chief Marketing Officer and Head of Corporate Social Responsibility del gruppo italiano. Quando lo incalziamo per sapere se Prada, dopo la tuta, abbia già mente una “linea spaziale” aggiunge: “Come oggi ci guardiamo alle spalle e guardiamo a quello che abbiamo fatto con Luna Rossa, Coppa America e Linea Rossa che oggi è assolutamente qualcosa di concreto e riconosciuto, magari tra venti, trent’anni ci guarderemo indietro e scopriremo di essere riusciti a lasciare il segno anche nel settore dello spazio, questo non lo sappiamo. Penso però che i sogni vanno seguiti e un giorno magari diventeranno molto più grandi di come all’inizio li avevamo immaginati”. Con lui, l’inconfondibile stile Prada irrompe al Congresso di professionisti dello Spazio più partecipato di sempre, impreziosendolo con una conferenza stampa che, nei modi e nelle forme, assomiglia a una sfilata, dove niente viene lasciato al caso. Il mondo della moda si mescola ai professionisti dei racconti spaziali, le sedute sono ordinate e dedicate, l’enorme tuta bianca spicca su un palco total black con la Luna e la Terra che si stagliano sullo sfondo. “Noi volevamo dare il nostro contributo per avvicinare le persone allo spazio non in modo freddo e distaccato ma in un modo romantico – spiega Lorenzo Bertelli - con l’idea di passione per l’esplorazione dell’Umanità e di guardare sempre avanti perché alla fine è l’unico modo per migliorare il nostro presente”. Com’è nata questa collaborazione con Axiom Space? L’idea nasce appena prima del Covid, poi durante la pandemia si è concretizzata e grazie all’incontro con Michael Suffredini, uno dei co-founder di Axiom, ci siamo messi in contatto con loro. Incontrandoci, ci siamo resi contro che il know-how che avevamo come gruppo era già pronto per questa sfida e l’abbiamo voluto cogliere. Questo è un esempio di collaborazione tra pubblico e privato nel settore spaziale. Si stanno aprendo nuove opportunità? Io penso che l’Italia e l’Europa debbano comprendere che il futuro della Space economy non è solo governativo e politico e deve esserci una collaborazione tra pubblico e privato. Elon Musk in questo senso è un esempio di successo, che ha dimostrato come sia possibile creare un’economia basata sullo Spazio e questo deve farci riflettere. Con la nostra manifattura, che ha la caratteristica di piccole quantità di grande qualità, possiamo dare il nostro contributo, e questo ci dà una grande opportunità che dobbiamo sapere come cogliere a livello Paese. Noi siamo riusciti a farlo perché siamo un gruppo grosso che ha un certo tipo di capacità, ma non è scontato che sia per tutti così, perché le barriere sono ancora alte a livello economico, ma anche burocratico e di conoscenze. Lei è un pilota di rally. Questa tuta spaziale l’ha già provata? Io l’ho provata, e mi piacerebbe anche andare sulla Luna e nello Spazio, non so quanto la mia famiglia sarebbe d’accordo, però magari un giorno ci sarà opportunità per tutti per poterci andare. Oltre a Lorenzo Bertelli, nella sala Colleoni del Mico ci sono il Presidente di Axiom Space, Matt Ondler, che avevamo conosciuto a Cape Canaveral in occasione del lancio della Missione AX-3 lo scorso gennaio, e Russel Ralston, Vicepresidente esecutivo della società e responsabile del Programma per le attività extraveicolari, fisico da astronauta e accento americano serratissimo. “Questa è una tuta spaziale di prossima generazione - ci spiega Ralston – fa parte di una nuova classe di tute che verranno utilizzate per le missioni future dirette verso la Luna e per la stazione spaziale commerciale di Axiom. È in grado di sostenere una attività extraveicolare di 8-9 ore, ha un design con ingresso posteriore e uno sportello che si chiude dal retro che ci consente maggiore mobilità e ha anche un maggiore livello di sicurezza perché abbiamo a bordo dei sistemi per il monitoraggio dei dati, così che in caso di rotture alcuni elementi possano essere sostituiti”. Quali sono le sfide maggiori che avete incontrato durante la fase di progettazione? La prima sfida è che la Missione Artemis 3 è diretta al Polo Sud lunare, e lì le temperature sono molto diverse. Ci stiamo concentrando su come affrontare quelle più fredde. La polvere che troveremo lassù inoltre rappresenta un’ulteriore sfida, perché mentre ci troviamo in quell’ambiente, studiando la geologia del suolo e raccogliendo campioni di roccia, dobbiamo considerare che ci sono parti più sensibili della tuta spaziale che non vogliamo entrino in contatto con la regolite, così abbiamo messo a punto metodi innovativi e brevettati per proteggerci. E poi c’è Il livello di radiazioni che rappresenta un ulteriore ostacolo per la progettazione dei nostri computer. Abbiamo dovuto svolgere diversi test per assicurarci che potessero funzionale in quell’ambiente. Un lavoro molto complesso è stato quello svolto sugli stivali, perché la superficie della Luna da molto fredda diventa molto calda; quindi, abbiamo dovuto inserire molti strati isolanti per essere assolutamente certi di proteggere gli astronauti. In più dovevano essere sufficientemente comodi per consentire loro di camminare per lungo tempo su un terreno irregolare e accidentato; quindi, nella progettazione abbiamo dovuto bilanciare tutti questi elementi. Quanto pesa una tuta e quante ne potete portare in volo contemporaneamente? Pesa intorno ai cento chili, per via della sua struttura e degli elementi che devono garantire sufficiente mobilità. Per la missione Artemis 3 ne metteremo a bordo 4, due per l’equipaggio primario e due di riserva per gli altri astronauti. Come avete affrontato il problema della taglia, considerando che la Nasa non prevede la small e quindi le astronaute che hanno affrontato attività extraveicolari spesso sono andate in difficoltà con le misure? Abbiamo esaminato l’architettura nel suo complesso e abbiamo preso lezioni dal passato. Guardando alle misure delle tute Apollo e abbiamo concepito nuove idee, abbiamo seguito le regole delle tute per lo Space Shuttle e alla fine miscelando tutto abbiamo trovato una soluzione per le misure che fosse in grado di adattarsi alle esigenze di più persone possibile. Quanto ci avete messo a svilupparle? Oltre un paio di anni e continueremo a farlo per altrettanti prima della missione. La tuta è già stata testata da diversi astronauti, sia della Nasa sia di Axiom, oltre che dai nostri ingegneri che lavorano alla produzione, molte persone l’hanno sperimentata testando anche il design. Siamo molto orgogliosi della tecnologia con la quale siamo riusciti ad equipaggiarla. Accanto a lui a farsi le foto di rito davanti alla tuta, che dopo la conferenza stampa di presentazione viene spostata ed esposta al pubblico dentro una gigantesca teca in vetro e acciaio, il presidente di Axiom Space, Matt Ondler, un gigante sorridente che ci confessa scherzando di non averla ancora provata, mentre, considerando la sua taglia, sarebbe invece ottimo collaudatore. “Quella delle tute per noi è una storia molto importante. Sapevamo di averne bisogno per la nostra stazione spaziale, soprattutto per le attività extraveicolari legate alla manutenzione, e quando si è presentata l’opportunità di farlo con la Nasa abbiamo colto al volo l’occasione. Ora siamo orgogliosi di fare parte della squadra del programma Artemis, di poter consegnare le tute per la Luna e anche di aver sviluppato un rapporto duraturo con la l’Agenzia spaziale americana”. Quante avete in programma di produrne? Ne servono un buon numero già solo per la missione Artemis 3: non solo quelle per l’equipaggio, ma anche quelle per l’addestramento, tute speciali per scendere in piscina; quindi, in realtà si tratta di una serie e noi siamo in grado di produrne la quantità necessaria a coprire svariate missioni. Nel maggio del 2022 avete siglato con il Governo italiano un Memorandum of Understanding in vista della prossima fase della presenza umana nell’orbita terrestre e di una nuova stazione spaziale che sostituirà la ISS dopo il 2030. Come procede la vostra collaborazione con il nostro Paese? Siamo molto orgogliosi della nostra collaborazione con l’azienda Thales Alenia Space, che sta costruendo a Torino i moduli per la futura stazione spaziale. Il primo verrà spedito a Houston il prossimo anno e lì completeremo l’allestimento in vista del lancio, previsto nel 2027. Siamo entusiasti della collaborazione che abbiamo con l’Italia, e ci auguriamo che un giorno ci sia un modulo tutto italiano agganciato alla nostra stazione commerciale. L’accordo con il governo italiano ha portato il Colonnello dell’Aeronautica Militare Walter Villadei a volare a bordo della Stazione spaziale con la missione Ax-3, con i contributi dell’Agenzia spaziale italiana e di alcune industrie nazionali. Avete in programma altre missioni Axiom con astronauti italiani? Ce lo auguriamo, perché vorremmo che le relazioni che sviluppiamo con altri Paesi siano di lunga durata e quindi ci piacerebbe avere altri astronauti italiani che volano con noi per condurre esperimenti in orbita. Questo perché nel prossimo futuro lo spazio avrà un impatto su tutte le aziende, grazie alla capacità che avremo di produrre direttamente in orbita in microgravità cose che non si possono produrre sulla terra. Questo avrà conseguenze su qualsiasi industria, da quella farmaceutica, a quella dei materiali ai semiconduttori. È importante che le persone capiscano che lo spazio non riguarda solamente le compagnie aerospaziali, ma coinvolgerà tutte le aziende sulla Terra.