Nel mondo la crisi di fiducia nella scienza è meno grave del previsto, ma in Italia...

La maggior parte della popolazione mondiale si fida della scienza e gli scienziati sono tra le persone di cui i cittadini si fidano di più: lo dimostra una ricerca pubblicata su Nature Human Behaviour, condotta da 241 ricercatori delle università di Harvard, Zurigo e Genova su un campione di 72mila persone provenienti da 68 Paesi diversi. Uno studio che contrasta con la percezione comune di una crisi di fiducia nella scienza iniziata ben prima della pandemia, ma che dal 2020 ha ottenuto sempre più credito: una percezione che trova sostegno in alcuni studi che, tuttavia, come segnala l’équipe di ricerca, sono stati svolti in prevalenza nel Nord globale . La ricerca pubblicata a inizio anno presenta invece dati raccolti nel 31% dei Paesi del mondo, che insieme costituiscono il 79% della popolazione mondiale, su campioni ponderati per età, genere e livello di istruzione. Non solo: l’indagine ha fornito ai partecipanti una definizione chiara di "scienza" e "scienziati" e ha misurato la fiducia negli scienziati attraverso quattro parametri: la competenza, l’integrità, la benevolenza e l’apertura. A ogni partecipante è stato quindi chiesto di esprimere l’intensità della loro fiducia con un numero che va da 1 a 5 . La media delle risposte è 3,62 su 5, un grado di fiducia elevato, che tuttavia presenta forti differenze geografiche e politiche . L’Italia al 56esimo posto Tutti i Paesi analizzati mostrano un livello di fiducia medio-alto, che si esprime in punteggi che vanno dal 3,05 dell’Albania, il più basso, al 4,3 dell’Egitto, il più alto. Dal punto di vista della percezione di competenze, il 78% delle persone considera gli scienziati qualificati per condurre ricerche di grande impatto. L’integrità degli scienziati è percepita come moderata, così come le loro intenzioni benevole: il 57% delle persone ritiene che la maggior parte degli scienziati siano onesti e il 56% crede che gli scienziati siano realmente interessati al benessere delle persone . L’apertura degli scienziati al confronto con opinioni esterne è percepita in modo leggermente inferiore, con il 42% delle persone che ritiene che gli scienziati prestino attenzione ai punti di vista altrui, almeno in una certa misura. Complessivamente, il 75% concorda sul fatto che il metodo scientifico sia il modo migliore per determinare se qualcosa è vero o falso. Lo studio evidenzia anche che il legame tra istruzione universitaria e fiducia negli scienziati è limitato, con solo una debole correlazione positiva e variazioni minime tra i Paesi. Anche il rapporto tra religione e scienza è più complesso di quanto si pensi: mentre in alcuni Paesi musulmani, come Turchia, Bangladesh e Malesia, la religione si associa positivamente alla fiducia negli scienziati, in altre aree, specialmente tra alcuni gruppi cristiani, esiste una percezione di conflitto tra scienza e fede. Sul piano politico, l’orientamento conservatore è generalmente legato a una minore fiducia nella scienza negli Stati Uniti e in Europa, ma questa relazione non è uniforme a livello globale. In diverse nazioni dell’Europa orientale, del Sud-est asiatico e dell’Africa, infatti, sono proprio gli elettori di destra a mostrare maggiore fiducia negli scienziati. Inoltre, lo studio conferma che atteggiamenti populisti sono associati a una minore fiducia nella scienza. A livello geografico, contrariamente a studi precedenti, non emerge un chiaro schema secondo cui la fiducia nella scienza sia inferiore nei Paesi dell’America Latina e dell’Africa. Al contrario, i dati mostrano livelli di fiducia molto elevati nei Paesi africani e nelle economie emergenti, con Egitto, India e Nigeria ai primi posti, mentre Russia e diversi Stati dell’ex blocco sovietico si dimostrano sensibilmente più scettici. Anche in Europa e Nord America, invece, la fiducia nella scienza appare più fragile e l'Italia non fa eccezione, anzi: è al 56 posto su 68 Paesi, con un punteggio di 3,38 su 5, lo stesso dell’Ucraina. Il motivo? Alcune delle altre rilevazioni condotte dall’équipe di ricerca ci aiutano a capirlo. Scienza, comunicazione e politica La maggior parte delle persone nei Paesi analizzati ritiene che gli scienziati dovrebbero comunicare con il pubblico, con un consenso particolarmente alto nei Paesi africani. Solo una minoranza si oppone all’idea che gli scienziati debbano sostenere politiche specifiche , comunicare i loro risultati ai politici o essere più coinvolti nei processi decisionali , anche se queste opinioni variano a livello internazionale. In Italia, il tasso di persone che valutano in maniera molto negativa il rapporto tra scienza e politica è più alto rispetto alla media mondiale. Dati che possiamo contestualizzare a partire dell’ultima indagine dell’Osservatorio scienza tecnologia e società di Observa Science in Society, che analizza da oltre vent’anni il rapporto degli italiani con la scienza e la tecnologia. “Resta complessivamente molto elevata la fiducia in scienza, scienziati e istituzioni di ricerca, ma non va sottovalutato il giudizio critico sul ruolo comunicativo degli esperti scientifici, di cui si fida poco meno della metà degli italiani . Chi è diffidente lo è soprattutto perché ritiene che gli esperti esprimano opinioni in disaccordo fra di loro creando confusione , oppure perché sono poco trasparenti sui loro conflitti di interesse o, infine, perché non sono reputati bravi a comunicare ”, scrivono gli autori del report. Più che una crisi di fiducia nella scienza, in Italia possiamo parlare di una crisi di fiducia nella comunicazione scientifica. Ma non solo. La lotta alla povertà come priorità La ricerca include anche dati sul divario percepito dai cittadini tra le attuali priorità della ricerca scientifica e quelle che, secondo loro, dovrebbero esserlo Su scala globale, le persone attribuiscono la massima priorità al miglioramento della salute pubblica, seguito dalla risoluzione dei problemi energetici e dalla riduzione della povertà. Lo sviluppo di tecnologie militari e per la difesa è invece l’obiettivo meno desiderato, sebbene vi siano forti differenze regionali: mentre nei Paesi africani e asiatici questa area di ricerca è vista con maggiore favore, nelle nazioni europee e latinoamericane è considerata secondaria. Anche in questo caso, la differenza tra la media globale e il contesto italiano è abbastanza marcata, soprattutto nel caso della riduzione della povertà e dello sviluppo di tecnologie militari. In Italia, quindi, a generare sfiducia sono soprattutto gli esperti che divulgano la scienza e il disallineamento tra le priorità percepite della ricerca e quelle che la popolazione vorrebbe fossero tali. “Una parte delle risorse umane e finanziarie destinate al progresso della scienza deve essere utilizzata per discutere con i cittadini, attraverso l'educazione, i media e i programmi di sensibilizzazione, su cosa sia realmente la scienza: lo strumento più affidabile e onesto per comprendere il mondo e prevedere il futuro”, ha segnalato come possibile soluzione il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi in un suo articolo d’opinione per il Guardian. “Se gli scienziati sono visti come parte dell'élite, forse il primo passo per ripristinare la fiducia è una dose di modestia, per dimostrare che siamo umani quanto coloro che non ci credono”, ha aggiunto.

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