Il sogno di Anthea, generalista spaziale

“Entusiasmante!” Così Anthea Comellini, definisce il periodo di addestramento che sta svolgendo presso il Centro europeo per Astronauti dell’ESA di Colonia, in Germania. Anthea, 33 anni il prossimo 31 marzo, è una riserva, selezionata nel 2022 tra le oltre 22 mila domande pervenute all’Agenzia in risposta al concorso per la nuova classe di esploratori spaziali. Quando la incontriamo per l’intervista negli studi di Countdown, la serie di Sky Tg24 che in dieci minuti, il tempo impiegato da un razzo per arrivare in orbita, racconta perché lo spazio è importante per la vita di tutti noi, chiede di potersi sistemare da sola l’incredibile massa di capelli ricci che le incornicia il volto. Poi si mette a testa in giù e se li bagna con uno spruzzino, come si fa con una pianta, e mentre la vediamo in azione ce la immaginiamo per un attimo già a bordo della Stazione spaziale, con tutti quei ricci che in assenza di peso le fluttuano in testa liberi e senza controllo. Anthea, tu sei membro di riserva del corpo astronauti a disposizione dell’Agenzia spaziale europea, e stai aspettando di essere assegnata a una missione. Come vivi questo tempo dell’attesa? “In realtà pensavo che l’avrei vissuto molto male, perché le missioni spaziale sono sempre denotate da un po’ di incertezza e anche chi appartiene al corpo di carriera degli astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea non sa mai quando e se un giorno partirà. Per una riserva questo è ancora più vero e delineato, perché noi manteniamo nella vita di tutti i giorni il nostro lavoro quotidiano e non sappiamo neanche se un domani riusciremo a completare il nostro addestramento, Invece, lo sto vivendo molto bene, perché già iniziare l’addestramento rappresenta per me una grande opportunità, per la quale voglio ringraziare l’Agenzia spaziale italiana e l’ESA. Detto questo, io continuo a concentrami nella carriera per la quale ho studiato, ossia quella dell’ingegnere spaziale e cerco di avvicinarmi a questo giorno, se arriverà o no, come ho sempre fatto: lavorando sempre con serietà e impegno”. Che missione sogni per te? Che tipo di viaggio spaziale vorresti intraprendere? “In questo momento si parla molto del ritorno dell’umanità sulla Luna con le missioni Artemis, quindi, è un po’ difficile che gli astronauti della mia generazione non ci facciano un pensierino, però in realtà a me piace essere concreta quindi spero, se un giorno sarò assegnata a una missione, di riuscire almeno a passare un po’ di tempo sulla Stazione internazionale, che rappresenta un po’ la storia dell’esplorazione spaziale dell’umanità”. Anthea, tu racconti che quando da piccola leggevi i trafiletti sugli astronauti, il requisito principale che veniva sempre richiesto era quello di essere un buon generalista. Ti senti così e che cosa vuol dire per te? “Io ero una bambina molto fortunata perché mi venivano bene un sacco di cose molto diverse tra loro, come disegnare, scrivere, correre, la matematica. E allora uno potrebbe dire, che fortuna! Poi però, crescendo, mi sono resa conto che il fatto di essere un po’ capace in tutte queste cose mi impediva di essere super brava in qualcosa, e quindi ho iniziato a viverla un po’ come una croce. E poi, leggendo questi trafiletti in cui si descriveva come fosse proprio questa la caratteristica vincente degli astronauti, ho iniziato a pensare che il mio talento più grande, forse, era proprio quello di non avere talento ma cavarmela un po’ in tutto. Cosa vuol dire per me essere dei buoni generalisti? Beh, effettivamente quando si diventa astronauti e si va nelle missioni spaziali bisogna essere in grado di fare le cose più disparate, da delle riparazioni alle strutture delle stazioni spaziali a esperimenti scientifici che possono richiedere competenze come biologia e chimica; quindi, diciamo che io mi sono riconosciuta sin da piccola in questa descrizione”. Hai parlato di storia dell’esplorazione: che cosa rappresenta oggi per l’Europa l’indipendenza in fatto di accesso allo spazio, anche relativamente al vostro futuro come gruppo di astronauti? “E’ un argomento molto importante, noi lo ricordiamo sempre. Lo spazio è terreno di collaborazioni, che però sono fruttuose se avvengono tra partner uguali, sullo stesso livello, e quindi per noi è molto importante sviluppare una forma di non dipendenza, ovvero avere ognuno dei building blocks, mattoncini che ci permettano di fare ricerca ed esplorazione nello spazio. Per l’Europa, in particolare, la cosa più importante in questo momento sarebbe quella di sviluppare delle capacità di accesso allo spazio per dei veicoli con equipaggio per gli astronauti. Questa capacità non l’abbiamo mai sviluppata ed è molto importante che ci avviamo in questa direzione; lo stiamo facendo con il programma Leo Cargo Return Service 2028 con cui stiamo cercando di sviluppare una capsula che sia in grado di portare cargo con rifornimenti alle stazioni in orbita bassa, ma anche di riportarli indietro ed è proprio questa capacità di riportare indietro sulla Terra che sarà fondamentale un giorno per trasportare gli astronauti”. Hai un rapporto particolare con la città di Torino. Che cosa rappresenta questo luogo nella tua formazione? “Questo luogo rappresenta la mia formazione presente, perché da settembre mi sono trasferita nella sede torinese della mia azienda, Thales Alenia Space, e qui sto lavorando proprio al progetto di cui ho appena parlato, il Leo Cargo Return Service”.

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