Missione Hera, la rivincita dei dinosauri

Ve la ricordate la trama del film Armageddon – Giudizio Finale? Quello in cui un gigantesco asteroide minaccia la Terra e l’umanità si affida a una squadra di eroi trivellatori pronti a tutto per salvare il pianeta dal devastante impatto e impedire che il genere umano faccia la fine dei dinosauri? Beh, se lì c’era la Nasa, il governo americano e soprattutto Bruce Willis, qui abbiamo l’Agenzia spaziale europea, una sonda dal nome Hera e Dimorphos, il primo asteroide deviato dall’uomo grazie alla missione DART della Nasa, co-protagonista non solo al cinema ma anche nella realtà della storia che segue. Due anni fa la sonda dell’Agenzia spaziale americana aveva colpito Dimorphos, satellite dell'asteroide Didymos con il quale forma un sistema binario, per verificare se fosse possibile deviarne la traiettoria. Se le osservazioni compiute successivamente hanno confermato che a seguito dell’impatto la sua orbita è stata modificata, tocca adesso ad Hera tornare su quella che viene considerata come una “scena del crimine” con undici strumenti e due piccoli CubeSat per ricostruire nel dettaglio l’accaduto. “Hera è una missione fantastica – spiega a Sky tg24 Insider il Direttore Generale dell’Agenzia Spaziale Europea Josef Aschbacher - Abbiamo lanciato una sonda che volerà a milioni di chilometri di distanza dal nostro Pianeta cercando di intercettare questo asteroide relativamente piccolo, per misurarlo e vedere qual è stato l’impatto della missione DART della NASA. Si tratta di una missione di difesa planetaria per comprendere come si comportano questi corpi celesti ed essere in grado, nel caso uno di essi si avvicinasse troppo alla Terra, di modificarne l’orbita ed evitare il peggio. In questo modo utilizziamo la nostra tecnologia per proteggere la Terra e renderla un posto più sicuro”. I test prima di Marte La missione Hera è un esempio di collaborazione internazionale. Sono diciotto i Paesi che partecipano alla prima indagine dettagliata su un sistema binario di asteroidi, costata 350 milioni di euro. Tra questi c’è anche l’Italia, con un contributo importante sia dal punto di vista scientifico sia industriale. “Hera analizzerà ancora più da vicino ciò che è accaduto a Dimorphos, colpito e deviato nella sua orbita intorno a Didymos – ha dichiarato il Presidente dell’Agenzia spaziale italiana Teodoro Valente lo scorso 7 ottobre, giorno del lancio - La strategia della caccia agli asteroidi potenzialmente pericolosi si rafforza con questo importante contributo dell’Europa, con l’Italia e l’ASI in prima linea, verso il consolidamento della tecnica scelta per essere utilizzata nel caso in cui dovesse essere rilevato un corpo minore in rotta di collisione con il nostro Pianeta”. Paolo Martino, ingegnere capo della missione Hera, non assomiglia a Bruce Willis, ma quando parla ci appare altrettanto risoluto e, come il personaggio interpretato dall’attore, sempre pronto a fare la sua parte: “Il lancio è avvenuto il 7 ottobre da Cape Canaveral nonostante fattori meteo veramente molto avversi - una pioggia intensa che imperversava e la minaccia incombente del passaggio dell’uragano Milton sulla Florida - e in pochi giorni sono state effettuate operazioni di routine per controllare che il satellite fosse sopravvissuto assieme a tutti i suoi strumenti. Stiamo seguendo una tabella di marcia a ritmi forzati ma tutto sta procedendo secondo i piani: abbiamo testato un sistema di navigazione autonoma che useremo una volta raggiunto l’asteroide, usando la Terra e la Luna come se fossero l’asteroide Didymos e il satellitino Dimorphos. Il prossimo passo importante sarà un fly-by di Marte che avverrà a marzo”. Durante questo sorvolo ravvicinato del Pianeta rosso utilizzerete gli strumenti a bordo per fare delle osservazioni? Il fly-by è stato disegnato appositamente per permettere a Hera di passare molto vicino a Deimos, che è la luna diciamo meno conosciuta di Marte, e sarà una grandissima occasione da un lato per calibrare gli strumenti di bordo, dall’altro per aumentare notevolmente la nostra conoscenza di questo astro ancora abbastanza sconosciuto. Quando Hera arriverà in prossimità dell’asteroide binario e quanto durerà questa osservazione? Hera arriverà in prossimità di Didymos nel settembre del 2026. Ci metterà circa un mese per effettuare tutte le manovre di frenata e mettersi in orbita a fianco all’asteroide e a quel punto resterà lì per almeno sei mesi, ma grazie a tutta una serie di ottimizzazioni e a un lancio perfetto abbiamo risorse a bordo che ci consentiranno di prolungare la missione in caso di risultati scientifici interessanti. Avete in serbo anche una sorpresa, lei l’ha definita una specie di rivincita dei dinosauri sull’asteroide. Ci può anticipare qualcosa? Vi raccomando solamente di seguire con grande attenzione soprattutto il rilascio dei due CubeSat, in particolare di quello italiano Milani e di zoomare nelle immagini attentamente per cercare una piccola sorpresa. La fase di preparazione di questa missione è durata molto poco, un modello che vorreste cercare di applicare ai progetti futuri? In questo tipo di missioni non c’è assolutamente margine di errore o di ritardi perché gli asteroidi molto spesso passano una volta sola. Quindi, nonostante un progetto con decine e decine di compagnie coinvolte in ben diciotto diversi Paesi e uno schema di implementazione molto complesso in cui è naturale che possano esserci dei ritardi, grazie a un lavoro indefesso da parte di tutta quella che definiamo la grande famiglia Hera, sia il team dell’Agenzia sia quello industriale, lavorando incessantemente per quattro anni è stato possibile non solo lanciare in tempo, ma addirittura con un giorno in anticipo rispetto a quanto originariamente pianificato. Questo tipo di missioni è fondamentale per il futuro della difesa planetaria, perché quando ci troveremo ad avere asteroidi potenzialmente pericolosi se vogliamo essere in grado di intercettarli o anche solo di caratterizzarli, il tempo di risposta dovrà essere veramente molto veloce; per questo, con la prossima missione di difesa planetaria RAMSES alzeremo l’asticella ancora più in alto cercando di sviluppare una missione in meno di quattro anni per incontrare l’asteroide Apophis nel 2029. Piccola nota di spiegazione a margine: Infamous, famigerato, definisce così l’asteroide Apophis il comunicato dell’Agenzia spaziale europea uscito il 17 ottobre scorso, giorno della firma, al 75° Congresso internazionale di Astronautica in corso a Milano, di un contratto con OHB Italia Spa del valore di 63 milioni di euro per iniziare i lavori preparatori della missione Ramses. “Il 13 aprile 2029 – recita la nota dell’Agenzia - l’asteroide di 375 metri Apophis passerà entro 32.000 km dalla superficie terrestre, a meno di un decimo della distanza tra Terra e la Luna. Questo fenomeno naturale estremamente raro attirerà l’attenzione di tutto il mondo e offrirà un’opportunità di ricerca unica nell’ambito scientifico e in quello di difesa planetaria. Un veicolo spaziale su Apophis - spiega il comunicato dell’ESA - potrebbe osservare questi cambiamenti e insegnare agli scienziati molto sulla composizione e la struttura dell’asteroide, nonché su come un asteroide risponde alle forze esterne. Capire queste proprietà potrebbe aiutarci a mandare fuori orbita un asteroide pericoloso in una rotta di collisione con la Terra. Tuttavia – conclude il comunicato - la missione Rapid Apophis per la sicurezza spaziale dovrebbe essere lanciata all’inizio del 2028 per arrivare ad Apophis in tempo per studiare l'asteroide mentre sorvola la Terra”. Ingegner Martino, su che finestra temporale potrete contare per il lancio? Per intercettare Aphophis prima del suo passaggio verso la Terra occorre lanciare ad aprile- maggio del 2028: stiamo parlando di meno di quattro anni, che in termini di missioni spaziali è veramente come parlare di domani. Occorre davvero usare tutte le lezioni che abbiamo imparato con lo sviluppo di Hera, applicarle e migliorarle ulteriormente per esser lì in tempo.