La Luna sulIa Terra: dentro la nuova palestra degli astronauti europei

Da Spazio 1999 a LUNA 2024. Benvenuti nel nuovo hangar lunare targato Agenzia Spaziale Europea. Siamo immersi nel verde della periferia di Colonia, in Germania, dentro il Centro Addestramento Astronauti, a un tiro di schioppo dall’aeroporto. “È un pezzo di Luna sulla Terra” lo descrive così Samantha Cristoforetti, prima europea a diventare Comandante della Stazione Spaziale Internazionale e unica donna di quella classe di astronauti del 2009 che ora punta a diventare la quota europea nelle prossime missioni del programma Artemis, destinate a spingersi prima attorno e poi sulla superficie del nostro satellite a oltre 50 anni dalle missioni Apollo. “Un hangar del genere è il posto migliore sulla Terra per simulare la condizione lunare” aggiunge il suo collega Matthias Maurer, che da oltre dieci anni lavora al progetto di questa infrastruttura. A maggio del 2023 ci aveva accolto al Centro di addestramento di Colonia mostrandoci orgoglioso un modellino dell’hangar, con i playmobil al posto degli astronauti, donato all’Agenzia da un appassionato di spazio. Poco più di un anno dopo, sopra una parte del parcheggio del centro è spuntato un avveniristico parallelepipedo bianco: un hangar di 700 metri quadrati, riempito di 900 tonnellate di sabbia, una replica molto fedele della regolite che ricopre il nostro satellite. Una magnifica desolazione Prima di entrare a contatto con la superficie lunare dobbiamo indossare una cuffietta, una mascherina e dei copriscarpe. Quando si alza la saracinesca, ci addentriamo in quello che sembra il set di un film di fantascienza alla Capricorn One, freddo, silenzioso e ipnotico. “Questo è un cosiddetto analogo, un luogo dove riusciamo a simulare alcuni aspetti caratteristici della Luna - ci spiega Samantha Cristoforetti - come questa sabbia, simile alla regolite che ricopre la sua superficie e che comporta difficoltà di locomozione agli astronauti e quando entra a contatto con strumenti, veicoli e tute. Poi c’è l’illuminazione, così particolare sulla superficie lunare, con contrasti molto forti e intensi tra il buio totale e la luce, e con questo sole molto basso sull’orizzonte che sarà tipico di questi luoghi di atterraggio e di esplorazione verso i poli, dove si presume andranno le prossime missioni”. Come si guarda alla Luna avendo a disposizione un luogo come questo? “Questa è un’infrastruttura dove si possono testare non solo tecnologie, ma anche concetti operativi, ovvero come eseguire le operazioni sulla superficie della Luna qui sulla Terra prima di partire, perché ci si augura sempre che quando poi andremo sulla Luna con missioni molto complesse e costose le cose funzionino, quindi è necessario seguire la fase di sviluppo di un rover, di un payload scientifico, di un esperimento, in un ambiente che simuli il più possibile alcune delle difficoltà che incontreremo sulla superficie lunare”. Quale la incuriosisce di più tra le attività che potrà svolgere su questo terreno? Questo è il posto più vicino alla Luna senza andare sulla Luna! Abbiamo parlato del tipo di superficie e delle difficoltà di locomozione e abbiamo parlato di questa illuminazione molto sfidante, perché non ci siamo abituati. Qui verrà anche allestito un sistema di scarico della gravità, per simulare il fatto che sulla Luna il nostro peso è un sesto di quello sulla Terra e dunque cambia anche il modo di spostarsi: ci ricordiamo tutti delle immagini degli astronauti delle missioni Apollo, che si muovono camminando non con normali passi ma a saltelli. Ecco, in generale direi che mi incuriosisce poter sperimentare tutte queste condizioni lunari senza andare sulla Luna. È uno sporco lavoro ma qualcuno deve farlo Andrea Casini è il più giovane tra gli esperti che incontriamo nell’hangar. È il deputy project manager di LUNA. La carica in inglese suona piuttosto altisonante, ma tradotta vuol dire che, oltre a coordinare le relazioni con le varie agenzie, industrie e università interessate al progetto, ha dovuto sobbarcarsi anche il lavoro sporco. “Uno dei compiti che ho avuto quest’estate è stato riempire di sabbia questo hangar, occupandomi anche della logistica. Tutti aspetti terrestri che però ci hanno consentito di ricostruire la Luna”. Dove avete preso la sabbia lunare? Per ottenere una sabbia che fosse molto simile a quella della Luna abbiamo messo a punto una nostra ricetta. Ci troviamo a Colonia, non distanti da una regione vulcanica, e anche la Luna lo è. Qui vicino c’è una cava, dove abbiamo sviluppato questa specie di simulante che si chiama EAC – 1, quindi la sabbia che vedete qua è effettivamente come la sabbia che c’è sulla Luna, sia dal punto di vista meccanico sia chimico. In che modo e con quali tempi avete riempito l’hangar? LUNA di base è un hangar industriale, quattro muri e un tetto, quello che lo rende particolare è questa replica di terreno. Sono circa 700 metri quadrati che abbiamo riempito tra la metà di giugno, quando è stato completato l’edificio, e la metà di agosto. Questo ha comportato degli sforzi logistici non indifferenti perché avevamo ritmi molto serrati. La regolite arrivava con dei camion, noi dovevamo scaricarla e poi portarla dentro. Sopra di noi c’è un carro ponte e ogni sacchetto da una tonnellata, qui dentro adesso ce ne sono settecento che diventeranno novecento a conclusione di tutta la superficie, abbiamo dovuto spargerlo, cosa che non è stata semplice ma ci ha portato ad avere il risultato che vedete. Il terreno è riconfigurabile, si parte da una superficie piatta che abbiamo riempito con sessanta centimetri di regolite e poi c’è un’area con un buco di tre metri dove, in base a quanto riempiamo e come mettiamo la sabbia, possiamo creare un cratere più o meno profondo. A seconda di dove mettiamo le rocce e costruiamo le colline possiamo simulare diversi tipi di terreno. Che esperienza è stata lavorare alla costruzione di questo posto? Avendo visto l’edificio crescere man mano, ogni giorno con un pezzo in più, ero sempre più motivato. Vederlo vuoto, poi pieno di sacchi e cominciare a riempirlo piano piano di sabbia è stato emozionante, soprattutto pensando che fuori di qui c’è un mondo, ma qua dentro siamo sulla Luna. LUNA è un progetto congiunto tra L’Agenzia Spaziale Europea e IL Centro Aerospaziale Tedesco, che lavorano assieme per i propri obiettivi ma anche con l’idea di aprire la struttura al pubblico: non solo ai visitatori, ma anche alle aziende e ai partner internazionali come la NASA o altre Agenzie spaziali , oltre ai centri di Ricerca e alle Università. L’idea di fondo del programma Artemis è ritornare sulla Luna collaborando; quindi, se hai una buona idea puoi venire a testarla qui dentro e questo deve ispirare anche le nuove generazioni, che si affaccino allo studio o al lavoro. Io sono un ingegnere italiano che da Torino è arrivato fino sulla Luna. Bisogna seguire i propri sogni con impegno e coraggio per vederli alla fine realizzati, come è successo per me qui a Colonia. Da Spazio 1999 a Base Lunare ESA All’inizio le simulazioni degli astronauti dureranno una settimana, con turni di otto ore di lavoro sul terreno lunare e sedici di riposo in una casa alla Spazio 1999 che verrà costruita accanto all’hangar, senza trascurare il cibo per gli astronauti, come ci spiega Anke Pagels-Kerp, del Centro Aerospaziale Tedesco: “L’idea è quella di fornire agli astronauti del cibo fresco e non quello essiccato delle scatolette. Così, con uno dei nostri istituti abbiamo costruito un container, o per meglio dire una serra dentro un container di quelli per le spedizioni e abbiamo testato questa struttura in Antartide per tre anni. Un esperimento perfettamente riuscito, da cui abbiamo ottenuto all’incirca una tonnellata di verdure per i colleghi della stazione polare. Ora l’idea è di portare qui il container dopo averlo ristrutturato e posizionarlo su questo lato dell’hangar lunare per rifornire gli astronauti che si addestrano con verdure sempre fresche. Inoltre, come Centro aerospaziale tedesco qui a Colonia abbiamo costruito un vero e proprio ecosistema: qui la nuova struttura LUNA, dall’altra parte della strada il Centro Europeo di Addestramento astronauti e sul lato opposto il nostro centro medico, dove potremo testare in maniera completa equipaggi e attrezzature”. Da un modellino alla realtà E fu così che il modellino di un hangar per imparare a camminare e lavorare sulla Luna donato all’ESA da un appassionato, con i playmobil al posto degli astronauti, in poco più di un anno è diventato realtà, come ci racconta l’astronauta Matthias Maurer, consulente del progetto LUNA: “Questa installazione rispecchia esattamente il modellino che vi ho mostrato un anno fa- ci dice con una voce che tradisce l’emozione – e nel tempo mi è tornato molto utile per spiegare quello che volevamo a fare, soprattutto a chi poi doveva prendere le decisioni. E ora, finalmente, ci troviamo in una struttura unica nel suo genere, dove possiamo trovare tutto quello che ci serve per una missione e per comprendere quali sono i nostri limiti, prima di partire per la Luna. Come definirebbe questo posto? Mi piace paragonare questa struttura a un coltellino svizzero per l’esplorazione, perché ha molteplici accessori che possiamo combinare assieme per sperimentare il miglior scenario di missione possibile. In questo hangar troviamo una riproduzione di superficie lunare, qui accanto a breve costruiremo una stazione per gli astronauti, dove, dopo un turno di lavoro, poterci riposare simulando missioni da una a tre settimane sempre collegati con Houston, utilizzando la realtà virtuale e aumentata per lavorare con lander che magari non si trovano fisicamente qui, ma negli Stati Uniti. In questo modo potremo svolgere un training molto avanzato. Come state affrontando il problema della sabbia lunare? La sabbia lunare è molto fine, una specie di gesso appiccicoso che si attacca alle tute e che se inalata diventa molto pericolosa per la salute. Finisce negli ingranaggi e può bloccare i dispositivi meccanici o penetrare nelle nostre tute danneggiandole; dunque, dobbiamo studiare come migliorare le nostre attrezzature per affrontarla. Dall’altro lato però la regolite è una risorsa, perché contiene ossigeno e qui possiamo imparare come estrarlo. Inoltre, vogliamo imparare a costruire le nostre stazioni lunari, ma non possiamo portarci la calce o i mattoni dalla Terra perché sono troppo pesanti e trasportarli fin lassù sarebbe troppo costoso. Quindi, stiamo cercando di capire come trasformare la sabbia lunare in mattoni, da assemblare come un lego per costruire le nostre case. Mattoni sulla Luna Per vedere i mattoni di cui parla Matthias Maurer, basta attraversare la strada e scendere nel laboratorio di stampa 3D del Centro Addestramento Astronauti, dove il responsabile Aiden Cowley ci mostra orgoglioso i piccoli oggetti ottenuti utilizzando la sabbia espressamente brevettata per la struttura LUNA. Hanno il colore della lava, li prendiamo in mano: sono leggeri come schegge di futuro. “Entro una decina d’anni saremo pronti -ci dice – ma è molto importante comprendere il potenziale della regolite, e con i miei colleghi studiamo in che modi diversi possiamo processarla per ricavarne qualcosa di utile. Una delle sfide sulla Luna consisterà proprio nell’approvvigionamento dei materiali, perché non potremmo contare sui rifornimenti dalla Terra e dovremo essere in grado di produrre in loco quello che ci serve. La Luna è un ambiente estremo che ci pone davanti a molte sfide, a partire dalle radiazioni che sono molto più intense che sulla Terra, perché non c’è una magnetosfera che ci protegge come sulla Terra e dunque stiamo studiando come usare la regolite per produrre mattoni che, proprio come un elmetto, facciano da scudo alle radiazioni. Come Agenzia spaziale europea stiamo tentando tutti gli approcci possibili per far evolvere questa tecnologia”. Ed è a questo punto che ripensiamo alle parole con cui ci aveva congedato l’astronauta tedesco Matthias Maurer: “Questo è il posto migliore sul Pianeta Terra per allenarsi alle missioni del futuro. Stare qui dentro per me è già come avere un piede sulla Luna e spero di poter mettere presto l’altro direttamente lassù”.

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