Polaris Dawn, l'alba di un nuovo Spazio (targato SpaceX)

“Per tutti coloro che ci stanno seguendo in diretta, la luce che vedete nel cielo non è una cometa, ma l’equipaggio della missione Polaris Dawn che sta tornando a casa”. Così la speaker di SpaceX ha dato il benvenuto alla navetta Crew Dragon Resilience che rientrava dallo spazio. No, non è una cometa Le immagini mostravano i quattro paracadute usati per rallentarne la discesa aprirsi come fiori bianchi nel cielo notturno e poi afflosciarsi come petali appassiti nel Golfo del Messico mentre la capsula, dopo aver oscillato per un po’, si tuffava nell’oceano con un ammaraggio da manuale. E nella sala controllo di SpaceX in California scrosciavano gli applausi per quella che è già stata definita la missione dei record. Cinque giorni nello spazio, oltre 1.400 chilometri di quota raggiunti, là dove non si era più spinto nessun uomo e mai nessuna donna dopo le missioni Apollo nei primi anni Sessanta, una attività extraveicolare a 700 chilometri d’altezza senza camera stagna per testare le tute del futuro per Luna e Marte, una quarantina di esperimenti scientifici condotti con l’obiettivo di studiare gli effetti dello spazio e delle radiazioni sul corpo umano e un importante test per le comunicazioni via laser tra lo spazio e la Terra portato a termine utilizzando la rete satellitare Starlink. Che la forza sia con te Niente male per un miliardario del settore tech, un ex pilota dell’Air Force a stelle e strisce e due specialiste di missione impiegate di SpaceX. Quattro astronauti privati, non professionisti, che dopo mesi di allenamento hanno intrapreso un viaggio “verso l’infinito ed oltre” per dirla alla Buzz Lightyear, l’astronauta giocattolo protagonista del film d’animazione Toy Story. Il giorno prima di tornare Sarah Gillis, 30 anni, diventata la più giovane donna ad aver mai effettuato una passeggiata spaziale, ha anche trovato il tempo per imbracciare il violino e registrare una versione “in orbita” della colonna sonora della saga di Guerre Stellari, file subito inviato sulla Terra usando la connessione offerta da Starlink e sincronizzato con sei orchestre tra Stati Uniti, Venezuela, Haiti, Svezia, Uganda e Brasile per un concerto di beneficenza tra Spazio e Terra con lo scopo di raccogliere fondi per un ospedale. Questa, in sintesi, la prima missione Polaris Dawn ideata e finanziata dal miliardario fondatore della società di pagamenti Shift4 Jared Isaacman, 41 anni, primo a uscire dalla navetta per la storica passeggiata e unico veterano del gruppo in quanto già protagonista di un volo spaziale privato nel 2021 a bordo della stessa navetta Resilience, resilienza, un nome ormai diventato per lui un portafortuna. L’unico mistero della storia è la somma sborsata a SpaceX, azienda spaziale di Elon Musk che ha collaborato all’avventura fornendo, oltre alla navetta e alla tecnologia, anche le avveniristiche tute da testare per una produzione in serie destinata ai viaggi del futuro verso la Luna e poi verso Marte. Si parla di centinaia di milioni di dollari, considerando che il costo del biglietto per garantirsi un posto a bordo di una capsula targata SpaceX si aggira sui 55 milioni. La parola ai professionisti Ma che effetto fa una missione del genere, condotta da un equipaggio composto da quattro astronauti non professionisti, né collegati a un’agenzia governativa né sponsorizzati da un governo, a due addetti ai lavori che hanno passato la maggior parte della loro vita a studiare e ad addestrarsi per andare nello spazio? "Innanzitutto, provo un grande sollievo che tutto sia andato bene, perché è stata una missione abbastanza rischiosa" - commenta dal centro addestramento astronauti dell’ESA di Colonia Samantha Cristoforetti, due missioni di lunga durata in orbita, prima donna europea a compiere un’attività extraveicolare e a diventare Comandante della Stazione spaziale internazionale. Che cosa ha pensato guardando le immagini della prima passeggiata privata della storia? Come attività extraveicolare in termini assoluti non era particolarmente complessa, si tratta di un tipo di passeggiata spaziale che gli astronauti governativi svolgevano negli anni Sessanta, agli albori dell’esplorazione spaziale, quello che facciamo sulla Stazione spaziale internazionale è infinitamente più complesso. Tuttavia, il fatto che venisse svolta senza un airlock quindi depressurizzando la navetta tutta intera, con una tuta spaziale mai testata per questo utilizzo prima e da un’azienda privata seppur con astronauti bravissimi, alcuni di loro li conosco e sono alla pari di astronauti professionisti, persone eccezionali che però magari non hanno dietro tutto lo stesso supporto di training e operativo, ecco per queste ragioni un po’ di inquietudine ce l’avevo e quindi sono felice che sia andato tutto bene. L'importanza di una missione sperimentale Roberto Vittori, Generale di Brigata Aerea dell'Aeronautica Militare Italiana e astronauta dell’Agenzia spaziale europea con tre missioni nello spazio all’attivo, non ha dubbi. “È stata ancora una volta SpaceX a fare la storia – ci spiega in collegamento dal Cile - una storia importante perché per la prima volta dei privati non soltanto hanno volato nello spazio ma hanno svolto un’attività sperimentale mai tentata prima. Si è trattato di una missione breve, di pochi giorni; tuttavia, i quattro componenti dell’equipaggio sono andati oltre il limite fino ad ora raggiunto di 1.400 chilometri e in aggiunta hanno portato a termine la prima attività extraveicolare compiuta da astronauti non professionisti. In questo modo lo spazio sta andando oltre l’attività ristretta di pochi e sta diventando una grande opportunità per tutti”. Come una missione del genere può cambiare il nostro futuro? La missione è stata strutturata in una maniera molto particolare, l’intento era quello di condensare all’interno del poco tempo di autonomia della Crew Dragon di SpaceX dei momenti sperimentali forti, quindi subito dopo il decollo l’equipaggio è arrivato fino a 1.400 chilometri, nelle fasce di Van Allen, una zona ad alto contenuto di radiazione, mentre gli astronauti professionisti negli ultimi 60 anni sono rimasti molto più bassi, a bordo della Stazione spaziale internazionale che orbita a 400 chilometri, quindi raggiungere una distanza simile significa veramente spingersi oltre quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni. Dopodiché c’è stata la seconda fase, con la discesa da 1.400 a 700 km per svolgere questa ulteriore esperienza, e qui la parola sperimentale diventa fondamentale, perché caratterizza in maniera distintiva la missione a cui abbiamo assistito. Io sono pilota collaudatore sperimentatore dell’Aeronautica militare italiana: diventare sperimentatore è una cosa complicatissima, significa imparare gradualmente a gestire cose che nessuno ha mai fatto prima. Questo di solito lo fanno i professionisti, l’astronauta e il pilota, ma ora SpaceX sta allargando il campo, con un margine di rischio altissimo. Le immagini dell’attività extraveicolare sono immagini positive, che sembrano dimostrare come tutto sia semplice, ma in realtà non è così, al contrario. In che maniera i privati stanno cambiando il modo di fare spazio? Il modo in cui lo sta facendo SpaceX consiste nell’aumentare il rischio che siamo disponibili a correre in ogni missione. L’azienda di Elon Musk ha iniziato con il lanciatore Falcon 9, adesso continua con la navetta Crew Dragon, a breve lo farà con Starship, l’altro razzo spaziale riutilizzabile che Musk sta spingendo e che può cambiare ulteriormente la nostra capacità di volare, operare, fare ricerca ma soprattutto andare oltre al limite del conosciuto, sempre con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita sulla Terra, nel senso di utilizzare le risorse al di fuori dell’atmosfera. Lei volerebbe nello spazio con una missione privata? Assolutamente sì, è l’obiettivo che mi sono dato e che spero di poter conseguire in tempi relativamente brevi, in questo contesto di ritorno alle attività sperimentali che sono da sempre la mia professione e la mia specialità.