Cronache marziane: chi è Katie Stack Morgan, la donna che sussurra al rover

Katie Stack Morgan lavora al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California, da quasi dieci anni. Oggi guida una squadra di oltre cinquecento scienziati da tutto il mondo impegnati nella missione Mars 2020 con il rover targato NASA Perseverance. Non andrebbe mai sul Pianeta rosso, perché ripone una fiducia sconfinata nelle potenzialità dei robot per lo studio di altri Pianeti e nel suo lavoro di scienziata qui sulla Terra. In un posto come il JPL dove, per lei, ogni giorno è un giorno nuovo”. Occhi e orecchie da scienziati “I rover marziani – ci racconta mentre passeggiamo tra modellini e pannelli esplicativi in una sala del Jet Propulsion laboratory dedicata alle visite guidate- sono un’estensione degli scienziati che studiano il pianeta Marte e ormai operano come se fossero gli occhi e le orecchie di quanti qui sulla Terra cercano di studiare e comprendere gli altri pianeti. Non siamo ancora riusciti a sviluppargli l’olfatto, ma direi che ormai i rover rappresentano davvero gli occhi e le orecchie di noi scienziati”. In che modo i rover stanno aiutando gli scienziati nell’esplorazione di altri Pianeti e perché il loro ruolo è così strategico? “L’esplorazione robotica è un modo per imparare cose fantastiche ed incredibili sul sistema solare, in un rapporto costi-benefici relativamente efficiente; quindi, anche se da un lato sono elettrizzata dalle potenzialità rappresentate da un’esplorazione umana del sistema solare, dall’altro pensando al valore scientifico che puoi trarne l’esplorazione robotica è davvero difficile battere”. Che ruolo avrà l’Intelligenza artificiale nell’esplorazione spaziale del futuro? “Le potenzialità legate all’intelligenza artificiale e alle tecnologie di automazione ci permetteranno di migliorare il nostro modo di fare esplorazione. Al momento ci muoviamo seguendo lo schema di una squadra di scienziati al lavoro qui sulla Terra che dicono a un veicolo spaziale come muoversi e cosa fare, ma in futuro ci saranno opportunità per queste macchine di compiere alcune azioni in autonomia; alcune le stiamo testando con Perseverance, che è già in grado di scegliere da solo la migliore strada da seguire in base alle valutazioni fatte sul terreno. In futuro questa crescente autonomia consentirà di alleggerire il lavoro a noi scienziati e di incrementare la quantità di esperimenti e risultati ottenuti sul campo”. L’ intrepido esploratore marziano Che carattere attribuirebbe al rover Perseverance e in che modo pensate a lui mentre lo seguite nelle sue operazioni sul Pianeta Marte? “Anche se personalmente cerco di avere un approccio distaccato, viene spontaneo pensare al rover come a un tipo intrepido e avventuroso, soprattutto quando supera un ostacolo; quindi, anche se in realtà dietro le quinte c’è tutta una squadra di ricercatori in carne e ossa al lavoro, tutti quanti me compresa finiamo per considerarlo come un coraggioso esploratore”. Come ha vissuto e quali sono state le sue emozioni il giorno in cui è atterrato sul Pianeta Rosso? “Perseverance è atterrato il 18 febbraio del 2021 in un cratere marziano da impatto chiamato Jezero e direi che il giorno dell’atterraggio ero davvero molto tesa. Eravamo in pandemia e seguivo le fasi dell’atterraggio da casa con la mia famiglia. Quando finalmente il rover ce l’ha fatta sono scoppiata a piangere. È stato un momento di estrema emozione, ma subito dopo mi sono detta: bene, adesso abbiamo un lavoro da fare, rimbocchiamoci le maniche e partiamo”. A che punto è la missione e quali sono le sue prossime tappe? “È un periodo molto esaltante per il rover Perseverance, perché abbiamo quasi terminato l’esplorazione dell’interno del cratere Jezero e ora ci accingiamo a compiere il grande passo di avventurarci all’esterno. Il prossimo obiettivo sarà l’esplorazione del bordo del cratere e la cosa più interessante per noi sono le rocce del bordo, che potrebbero rivelarsi come le più antiche di tutto il sistema solare, più vecchie di tutte quelle che possiamo trovare qui sulla Terra”. Verso l’infinto e oltre Perché la missione congiunta NASA -ESA Mars Sample Return è così importante e cosa rappresenta per lei? “Perché si tratta di un enorme passo avanti per il futuro di tutta l’esplorazione spaziale. C’è mai stata la vita su Marte? Come un pianeta una volta abitabile come le Terra si è trasformato in un luogo inospitale? In che modo si è formato? E come si è evoluto il sistema solare nel tempo? Ad alcune di queste domande probabilmente potremo rispondere solo riportando indietro dei campioni marziani, considerando il tipo di laboratori, di strumenti e analisi di cui possiamo disporre qui sulla Terra. Quindi dare priorità alla missione Mars Simple Return e riportare a casa quei campioni è fondamentale per il futuro dell’esplorazione e per le prossime generazioni di scienziati come me”. Lei andrebbe su Marte se ne avesse l’opportunità? “No, perché sono sempre stata affascinata dalla scienza e credo nelle potenzialità dei nostri sensi e nella nostra capacità di osservazione del sistema solare attraverso dei sostituti robotici come sonde e rover; quindi, arrivata questo punto della mia carriera non mi ci vedo a saltare sopra un razzo per dirigermi su Marte, ma conosco molti miei colleghi che sarebbero pronti a farlo."