"Smart is the new sexy", la matematica creativa (e donna) di Cristiana De Filippis

“Il punto è che mi avevano detto: non perderci tempo, non funziona”, inizia da qui il racconto di Cristiana De Filippis, ricercatrice di matematica all'Università di Parma, premiata dalla European Mathematical Society a metà di luglio per il suo contributo allo studio di una particolare classe di equazioni differenziali, chiamate “ellittiche”. “Forse è lì che è iniziata la sfida, perlomeno quella personale, quella verso me stessa, come accade da quando sono piccola: più una cosa è difficile e sembra impossibile, più attira la mia attenzione, più mi dicono che non ce la posso fare, più lavoro sodo per dimostrare che sbagliano”. In realtà, quando Cristiana De Filippis ci racconta dove è nata la sua passione per la matematica, cosa ancora rara nel nostro Paese, la memoria torna alla fine delle elementari, a quella facilità che aveva nel far tornare i conti, che tanti suoi compagni di scuola, maschi compresi, si sognavano. "Gli studenti del classico mi guardavano dall'alto in basso" “Per me è stata una scelta di comodo, perché mi sono concentrata semplicemente sulle cose che mi risultavano semplici: risolvere i problemi, usare la logica. Non mi sono mai fermata troppo a pensare, quando ero bambina, che effettivamente quella di avere la matematica come hobby, fosse una passione non esattamente comune. Non mi sono mai sentita una “strana”, non mi hanno mai fatto sentire così. Certo mi rendevo conto che nessuno, fra le mie amiche, fra i compagni, si divertiva a lavorare nel risolvere i problemi, mentre per me ogni volta era una sfida a me stessa, che mi riempiva di entusiasmo, di soddisfazione, quando riuscivo a trovare la soluzione. E più era complesso e difficile il problema, più mi divertivo. A dire il vero non mi sono accorta delle difficoltà che vivono le bambine, della presenza di questa differenza nelle aspirazioni, che gli inglesi chiamano ‘gender dream gap’, che si radica da quando siamo piccole. Quando sono cresciuta e ho iniziato il mio percorso, me lo hanno fatto notare, e ho pensato che sì, esiste, anche se non alla luce del sole. È qualcosa che serpeggia nella nostra società, ma non è una questione solo di genere, è molto altro. In Italia si tende a ritenere che la cultura umanistica sia più importante di quella scientifica. Io, ad esempio, ho fatto lo scientifico, e non è stato raro che chi aveva scelto il classico mi guardasse dall’alto in basso. Con questo non voglio dire che non dobbiamo interessarci alle materie umanistiche, anzi, sono fondamentali per sviluppare il pensiero critico, la consapevolezza del nostro passato, della storia, della filosofia. Ma è altrettanto importante avere competenze scientifiche. Ce ne siamo accorti in pandemia, quando nelle nei talk show si vedevano i grafici relativi al contagio. In quanti hanno capito, anche fra chi doveva prendere le decisioni sulle misure di contenimento, che se ti spiegano che un dato cresce ‘esponenzialmente’ è più grave di una crescita ‘lineare’? Anche astraendo, avere questo tipo di conoscenze ti dà la possibilità di prendere decisioni in base a quello che sta succedendo, non all’emotività del momento”. Da Matera a Oxford Cristiana De Filippis a fine anni ‘90 era a Matera, la città dei Sassi, in una famiglia in cui nessuno aveva mai fatto un percorso tecnico-scientifico, e forse mai avrebbe immaginato, e magari anche desiderato, che qualcuno lo intraprendesse. “I miei genitori erano contenti, andavo bene a scuola, e quindi fino al liceo non si sono preoccupati. Poi, quando è arrivato il momento di scegliere l’Università, hanno iniziato a fare pressioni. Il timore del fallimento, l’idea che non ce la potessi fare, che fosse un percorso troppo difficile e soprattutto non portasse a nulla di concreto, se non la precarietà a oltranza, era lì come l’avvoltoio sulla spalla che ti dice: non farlo. Fra l’altro non sapevo neanche che esistesse la laurea in matematica. Quando l’ho scoperto, mi si è aperto un mondo che volevo a tutti i costi esplorare. I miei genitori si sono dovuti arrendere.” Lo studio sulla regolarità ellittica condotto da Cristiana De Filippis è il frutto di un lungo percorso: laurea triennale a Torino, una magistrale alla Bicocca di Milano, un'esperienza in Francia, un dottorato a Oxford, e anni di ricerca all'Università di Parma. È prettamente teorico, ma i suoi risultati possono trovare applicazioni nell'ambito delle scienze dei materiali, della fluidodinamica e molto altro. “Il punto di partenza di queste ricerche è che la gran parte delle equazioni differenziali non è risolvibile esplicitamente. L’obiettivo della teoria della regolarità ellittica è provare a determinare una serie di proprietà qualitative della soluzione di un’equazione, senza però conoscerla a priori”. Fin qui tutto bene, tranne per il fatto che, detta così, per noi profani, che con i numeri continuiamo a litigare, di tanto in tanto, può essere complicato anche solo provare a capire di cosa si stia parlando. E così De Filippis prova a spiegare meglio il suo studio. Fantasia al servizio della matematica “Con il Professor Giuseppe Mingione, docente all’Università di Parma, dove porta avanti questa linea di ricerca da oltre vent'anni, abbiamo cambiato approccio: abbiamo condotto studi sulle cosiddette “stime di Schauder”, per trovare soluzioni “buone” per alcuni tipi di equazioni differenziali ellittiche. E i risultati ottenuti, applicati in particolare al caso delle equazioni non uniformemente ellittiche, ci hanno permesso di risolvere problemi aperti che attendevano una soluzione da decenni. Si è arrivati al risultato da una via che non era mai stata messa in conto, usando regole individuate in un ambito leggermente diverso, e quindi provando a invertire il punto di vista: non seguire la strada standard, poiché tutte le tecniche dagli anni ‘70 non avevano portato a nulla”. Nelle parole di De Filippis, si racconta la matematica come una materia tanto diversa da quella che abbiamo studiato fra i banchi di scuola: insieme ai numeri ci sono la creatività, la fantasia, l’inventiva. Nella nostra immaginazione, nel racconto che si fa dei matematici e della matematica, lo stereotipo è che sia una materia dura, per nerd dagli occhialoni spessi, che si debba essere tutto, tranne che creativi. Del resto, siamo nati e cresciuti con il vecchio detto ‘2+2 fa sempre 4’. “L’errore sta proprio qui, nel definire la matematica col conto: da un passaggio all’altro. Invece la bellezza della matematica è che il problema ci spinge a mettere insieme i passaggi. E mettere insieme i passaggi porta a elaborare una teoria che, come avrete capito, significa ben altro che far quadrare i conti. È intuizione, visione, creatività. Sia chiaro: anche la teoria per cui sono stata premiata, alla fine, doveva tornare. Ma il ‘conto’ ti permette di dar rigore alla tua teoria, di provarla, e quindi di realizzare la tua idea. Resta il fatto che a monte ci deve sempre essere l’idea”. Non un cervello in fuga Il riconoscimento europeo, istituito nel 1992, e ritenuto l’anticamera della Medaglia Fields, il più importante premio mondiale in campo matematico, non è che l’ultimo in ordine di tempo per Cristiana De Filippis. Per citarne solo alcuni, negli ultimi anni le sono stati assegnati anche il G-Research Prize nel 2019 a Oxford, il premio Iapichino dell’Accademia dei Lincei nel 2020 e, quest’anno, il premio Bartolozzi dell’Unione matematica italiana. De Filippis non si può descrivere come cervello in fuga, perché in Italia ha deciso di tornare ed è qui, da Parma, che ha avuto le intuizioni che l’hanno portata ai premi di cui abbiamo parlato. “Cervello in fuga è un termine terribile, a mio avviso. Sa tanto di profezia che si autoavvera. Durante il mio percorso all’estero ho incontrato persone di tutto il Mondo. Questo per dire che non solo gli italiani vanno a studiare fuori. Il problema è che in Francia, Germania, Gran Bretagna, per tante persone che vanno fuori, ce ne sono altrettante che entrano. Da noi non succede. E non succede a causa della malagestione, della scarsità dei finanziamenti, della poca competitività degli stipendi. Non si entra anche perché in alcune competizioni è richiesto l’esame di lingua italiana, e questo non aiuta gli stranieri”. Percorsi stem da declinare al femminile Proviamo a capire anche con questa giovane promessa della matematica come mai, secondo lei, le iscrizioni ai percorsi stem, ovvero quelli tecnico-scientifici, siano ferme al palo da 10 anni, ben al di sotto della media europea, senza parlare del comparto femminile, in cui i numeri sono ancora più bassi, se si pensa che non si arriva al 12-14%. “Le Iscrizioni sono basse perché c'è un problema di percezione di questo tipo di carriera, che viene vista come il viatico alla precarietà. Si è portati a chiedersi: faccio tanta fatica e alla fine la prospettiva è la precarietà? Ma chi me lo fa fare? Per le donne è ancora diverso, perché ci sono retaggi culturali che vedono la realizzazione della donna con la famiglia. Questo tipo di carriere, che non prevedono orari, che ti possono portare anche lontano da casa, possono spaventare, disorientare. Ma se si rovescia il punto di vista, non avere orari significa che si può lavorare quando si vuole e da qualsiasi parte del mondo, il che potrebbe conciliarsi ancora meglio con la famiglia. Dobbiamo agire per rompere questo pregiudizio sulle carriere stem, perché se si capisce che ci si può realizzare in tante combinazioni diverse, si potrebbe essere più aperti al rischio di investire in questi percorsi. Sono convinta che questi messaggi attecchiranno, perché le bambine di oggi, le ragazze, sono più aperte, capiscono le molteplici possibilità che la matematica e le scienze in generale possono dare. E poi noi ragazze siamo rigorose, disciplinate, abbiamo una spiccata propensione al problem solving, a individuare soluzioni anche in situazioni complesse. E queste sono attitudini fondamentali, in questi percorsi. Sfruttiamole”. Errare è umano e necessario Eppure ancora oggi, all’Università di Parma, nel suo gruppo di lavoro, Cristiana De Filippis è l’unica donna, ma non è sempre stato così: il suo percorso professionale è stato costellato dall’incontro e dal confronto con donne che l’hanno incoraggiata e sostenuta. “La mia Advisor magistrale era una donna, la mia advisor triennale era una donna, e anche la professoressa dell’internship era una donna. Quindi le donne ci sono, anche in matematica, e posso garantirvi che sono brave, sono esperte di fama mondiale, tutte di primissimo livello”. Dietro a questo premio, è bene saperlo, ci sono anni di conti che non tornano, tentativi che non riescono, errori, fallimenti. Anni in cui sarebbe stato facile , e comprensibile, gettare la spugna, convincersi che, forse, quelli che dicevano che era impossibile, che non ce l’avrebbe fatta, avevano ragione. “Il rapporto con gli errori, è inevitabile. Si prende con sportività, si impara a tornare indietro e salvare il salvabile, quando è possibile. Nel mio caso, ad esempio, anche qualcosa di piccolissimo, insignificante, cui non si era data abbastanza importanza, può mandare in fumo anni di lavoro. Questo ti può bloccare, perché ricominciare da capo è frustrante, ve lo assicuro. Ma liberarsi dal terrore dell’errore è fondamentale. Soprattutto in un Paese come il nostro, in cui il fallimento è visto come un baratro da cui non si può uscire, un’etichetta che ti accompagna per tutta la vita: ‘lei è quella che ha sbagliato’. Le nuove generazioni vivono in un’epoca di iper-prestazione, in cui ogni ambito è diventato estremamente competitivo. Quello che sta cambiando è il rapporto del singolo col successo e col fallimento. Ci si inizia a chiedere se rispetto al nostro percorso di crescita quello che abbiamo ottenuto sia ragionevole o si poteva fare di più”. "Smart is the new sexy" Viene da pensare, ad ascoltare De Filippis, alle parole di una campionessa giovanissima, la nuotatrice Benedetta Pilato, che dopo aver sfiorato il podio alle Olimpiadi di Parigi per un centesimo di secondo, piazzandosi quarta, ha espresso tutta la sua felicità di quel risultato in una brevissima intervista rilasciata a bordo piscina, dimostrando alle vecchie generazioni quanto fosse cambiato il suo modo di affrontare la gara, l’Olimpiade, quanto fosse diverso il suo mondo, lontano dall’ossessione del risultato. “I percorsi tecnico-scientifici sono duri, non bisogna negarlo, perché ‘vendere’ la matematica come facile è corretto. Ci vuole disciplina, ma quello che si ha indietro è immenso: ci permette di viaggiare tanto, avere soddisfazioni, incontrare persone incredibili, interessanti, intellettualmente stimolanti, sapere che stiamo prendendo parte a costruire il futuro”. In questi ultimi due anni Cristiana De Filippis ha girato il mondo, solo dalla metà di luglio a oggi è rimbalzata da Siviglia a Coimbra, da Cosenza a Parma. Ora si gode un po’ di riposo e l’abbraccio di famiglia e amici, nella sua Matera. “A volte – ci dice – vacanza è semplicemente tornare a casa”. L’ultima cosa che le chiediamo è di fare un appello alle ragazze, perché si liberino dai timori legati a questo tipo di percorso. “Smart is the new sexy, e quindi se prima chi studiava era automaticamente uno sfigato, ora non è più così: chi studia, chi si informa, chi è curioso, ha tante cose da dire. Resta il fatto che per me, l’importante è che le ragazze seguano le loro inclinazioni, che siano la matematica, la filosofia, la danza o la cucina. Se si fa quello che ci piace, siamo più pronti a investire tempo, a reagire ai fallimenti, a darci nuove opportunità”.

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