Ritorno alla Luna, tecnologie made in Italy per le missioni Artemis
ScienzeUn tributo alla squadra di donne e uomini che lavorano per tornare sulla Luna, è questo il senso dell'installazione “Victory Tour, Nerviano, 2 marzo 2023” che ricorda la visita di una delegazione composta da agenzie spaziali e rappresentanti delle industrie impegnate nelle missioni Artemis, che ha premiato gli 80 dipendenti dello stabilimento di Leonardo
All’ingresso del palazzo c’è un pannello con 80 firme. Si Intitola Victory Tour, Nerviano, 2 marzo 2023. In alto a sinistra campeggia il logo della missione Artemis, in basso a destra una navetta Orion verso la Luna, con la Terra sullo sfondo. E poi i loghi di ESA, NASA e Leonardo, vicino a una bandiera italiana. Il senso della storia è tutto qui, racchiuso in una installazione diventata tributo alla squadra di donne e uomini che lavorano per farci tornare sulla Luna. Ricorda la visita di una delegazione composta da agenzie spaziali e rappresentanti delle industrie impegnate nelle missioni Artemis, che lo scorso marzo ha fatto sosta a Nerviano per premiare gli 80 dipendenti dello stabilimento di Leonardo che lavorano al progetto.
Il fattore umano
“Qui il fattore umano è fondamentale” spiega Pietro Zanella, responsabile della produzione spazio mentre ci fa strada verso la clean room. “Sono entrato in Leonardo 20 anni fa occupandomi di spazio e non ho mai smesso”. Oggi gestisce una trentina di persone. “Io li chiamo i miei ragazzi, anche se in verità alcuni hanno vent’anni di esperienza e sono diventati talmente bravi che vanno anche in missione in Europa o negli Stati Uniti a effettuare operazioni di riparazione e di supporto, arrivando fino alla rampa di lancio”. Artigiani dello spazio ad altissima specializzazione, potremmo definirli, che producono pannelli solari per le missioni spaziali più importanti, come quelli per il veicolo spaziale Orion del programma Artemis della Nasa.
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Gli artigiano dello spazio
“Quello che costruiamo deve sopravvivere in orbita per molti anni senza possibilità di intervento, di ripristino o di manutenzione” ci spiega Zanella davanti a quelle che sembrano grandi lavagne nere solcate da arabeschi di fili colorati. “Per ogni missione di Artemis costruiamo 12 pannelli e montiamo 13 mila celle solari. Per cablare ogni singolo pannello ci vogliono circa tre settimane di lavoro di un operatore esperto. Questa fase non è automatizzabile, richiede capacità molto specifiche, qui abbiamo concentrato le risorse più esperte e con una manualità maggiore”.
Su questa fase voi state per introdurre anche la realtà aumentata. In che modo?
“Stiamo lavorando a un occhiale dove il cablatore vedrà il percorso dei fili che dovrà seguire quando li installa sul pannello solare. Questo gli permetterà di lavorare con le mani e di vedere in contemporanea le istruzioni e il disegno in realtà aumentata”.
Da cosa dipendono le curve, le linee e le tracce dei fili?
“Le curve servono perché l’ambiente spaziale ha delle temperature estreme. I pannelli di questo genere incontrano temperature che vanno da più di 100 gradi sotto lo zero fino a 120 gradi sopra lo zero. Dal momento che con questa escursione termica i materiali si dilatano o si contraggono e considerando che la fibra di carbonio e i materiali di cui sono fatti i fili si espandono in maniera diversa, queste curve servono per assorbire le dilatazioni senza provocare un danneggiamento”.
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Verso la perfezione e oltre
Che tipo di sfida rappresenta costruire questi pannelli e quali sono le difficoltà da superare?
“Sicuramente le tempistiche, nel senso che noi lavoriamo tanti pannelli, tanti pezzi con fasi diverse e quindi dobbiamo essere bravi a bilanciare i vari passaggi del processo costruttivo. Una volta consegnati, i pannelli vengono assemblati a tre a tre formando 4 ali, ognuna lunga 7 metri, che vengono poi spedite negli Stati Uniti per essere installate sulla navicella Orion ripiegate su se stesse, in modo da stare nel lanciatore. Una volta in orbita, le ali di Artemis si dispiegano. Noi dobbiamo sempre avere una tensione verso la perfezione, proprio perché in orbita non è possibile intervenire. Inoltre, la missione Artemis 5, a cui stiamo lavorando ora, prevede anche degli astronauti a bordo e dal momento che noi generiamo e distribuiamo la potenza che è vitale per la navicella si tratta di una responsabilità molto grande.”
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Il rapporto con la Nasa
Ricapitolando: i pannelli e le unità elettroniche di Leonardo contribuiscono ad alimentare il veicolo spaziale Orion durante il viaggio verso la Luna, fornendo l’energia necessaria per varie funzioni vitali della capsula. Garantiscono l’alimentazione dei vari sistemi di comando di Orion, oltre a permettere la comunicazione con i centri di controllo a Terra e mantenere una temperatura confortevole all’interno del modulo con gli astronauti.
“La parte più critica del modulo di servizio di Artemis, quello che era fallito sulla missione Apollo 13 per intenderci (ricordate la famosa frase: Houston, abbiamo un problema? ndr) -ci spiega Franco Ongaro, Chief Space Business Officer di Leonardo - la fa Thales Alenia Space Italia insieme ad Airbus, e noi come Leonardo realizziamo una parte estremamente critica, ovvero i pannelli solari e la distribuzione elettrica, che se non funziona sono guai per tutti. E’ quindi importante constatare il livello di affidabilità che abbiamo raggiunto e quanta fiducia ci viene accordata dalla Nasa su questo tipo di attività”.