Questo risultato, ottenuto dai ricercatori del dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell'Università di Bari, apre le porte a interventi di procreazione assistita più affidabili e a nuove procedure per la tutela delle specie a rischio di estinzione
Grazie all’utilizzo della stampa 3D, un team di ricercatori del dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell'Università di Bari è riuscito a migliorare la fecondazione in vitro, aprendo le porte a interventi di procreazione assistita più efficaci e a nuove procedure per la tutela delle specie a rischio di estinzione. Il risultato, descritto sulle pagine della rivista specializzata Plos One, è stato ottenuto nel corso di uno studio coordinato da Maria Elena Dell’Aquila.
La maggior efficacia della fecondazione in vitro 3D
L’articolo pubblicato sulla rivista scientifica spiega che tramite un innovativo approccio bioingegneristico le cellule di un modello animale sono state incapsulate in microsfere di idrogel, una sostanza composta per la maggior parte di acqua, mediante tecnologia di stampa 3D per ottenere strutture per la coltura in vitro. Tale procedura ha permesso di migliorare la vitalità e il potenziale di sviluppo delle cellule uovo microincapsulate rispetto a quelle coltivate con i convenzionali metodi 2D. “Lo studio interdisciplinare ha importanti applicazioni e ricadute nella produzione di embrioni in vitro per la procreazione medicalmente assistita, per l’industria delle produzioni animali, per la propagazione di specie a rischio di estinzione e per la valutazione del rischio da agenti chimici sulla fertilità femminile”, spiega l’Università di Bari in una nota.
Un’altra speranza per le specie a rischio
Oltre alla fecondazione in vitro 3D, anche il trapianto delle cellule progenitrici degli spermatozoi potrebbe aiutare a salvare dall’estinzione le specie a rischio. Nel corso di un recente studio, un team internazionale di ricercatori ha fatto dei passi avanti in questa direzione grazie all’utilizzo di Crispr-Cas9, la tecnica che permette di “copiare e incollare” il Dna. Grazie a essa, gli esperti sono riusciti a ottenere per la prima volta un esemplare maschio adatto a ricevere le cellule staminali del testicolo da un donatore. Dai primi test, condotti su vari animali, è emerso che le cellule trapiantate non solo attecchiscono, ma portano anche allo sviluppo degli spermatozoi.