Una mummia di 3.000 anni fa torna a “parlare” grazie alla stampa 3D
ScienzeSotto la guida di David Howard, un team di studiosi dell’Università di Londra ha sintetizzato il suono della voce di un sacerdote dell’Antico Egitto, tramite misure molto precise delle dimensioni del suo tratto vocale
Grazie alla tecnologia, gli studiosi dell’Università di Londra sono riusciti ad ascoltare la voce di una mummia di 3000 anni fa. Nesyamun, questo il nome del sacerdote egizio custodito da circa due secoli nel museo di Leeds, è tornato a “parlare” grazie agli sforzi dei ricercatori, che hanno ricostruito il suo tratto vocale tramite la tac e la stampa in 3D di quelle che furono la sua gola e la sua laringe. Lo svolgimento dello studio è stato descritto sulle pagine della rivista specializzata Scientific Reports.
La voce di Nesyamun
In base alla ricostruzione degli esperti, Nesyamun perse la vita attorno ai 55 anni. All’interno della sua bocca i ricercatori hanno notato delle gengive malate e dei denti consumati, oltre a una mandibola piuttosto prominente. Sotto la guida di David Howard, il team di studiosi ha sintetizzato il suono della voce del sacerdote egizio, tramite misure molto precise delle dimensioni del suo tratto vocale, ricavate da una tac (che ha mostrato che i tessuti molli erano rimasti intatti grazie al processo di mummificazione), da una laringe elettronica e dalla stampa del tratto vocale della mummia, nettamente più piccolo rispetto a quello degli uomini moderni (come dimostrato dalle misurazioni condotte nel corso dello studio). I dati raccolti hanno permesso agli studiosi di sintetizzare e riprodurre un singolo suono di quella che doveva essere la voce di Nesyamun.
Nell’Antico Egitto anche le donne ricoprivano cariche religiose
Per molto tempo la comunità scientifica ha ipotizzato che nell’antico Egitto solo gli uomini potessero ricoprire una carica religiosa, ma nel 2018 questa teoria è stata messa in discussione dall’identificazione di una mummia rinvenuta a Luxor, appartenente a una sacerdotessa vissuta tra il 1300 e il 1070 avanti Cristo. I circa 30 tatuaggi rinvenuti sul suo corpo, raffiguranti fiori di loto, babbuini seduti, simboli magici di guarigione e protezione contro le malattie, hanno aiutato gli esperti a determinare il suo ruolo all’interno della società egizia.