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Una sorpresa dal buco nero protagonista della foto del secolo

Scienze

Il corpo celeste situato nella galassia Messier 87, sta emettendo un getto di materia che rasenta la velocità della luce. La scoperta è stata possibile grazie alle immagini a raggi X dell'osservatorio spaziale Chandra  

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Lo scorso aprile, l’immagine del primo buco nero mai realizzata in assoluto aveva segnato uno spartiacque importante nell’ambito della scienza e dell’astronomia, tanto da essere decretata come scoperta dell’anno dalla prestigiosa rivista “Science” e come foto del secolo per gli astrofisici. Ottenuta grazie all’osservazione simultanea di otto radiotelescopi, la foto ha mostrato al centro della galassia M87 (Messier 87) un corpo celeste dalla massa sei miliardi e mezzo di volte più grande di quella del Sole, distante circa 55 milioni di anni luce dalla Terra, permettendo così ad un oggetto cosmico invisibile per definizione di poter essere visto e studiato direttamente. Lo scatto ha rappresentato un traguardo rivoluzionario, visto che fino a quel momento nessuno era mai riuscito a catturare o osservare un buco nero ad occhio nudo.

Un getto di materia a velocità estreme

Il buco nero, che recentemente ha ricevuto il nome hawaiano di "Powehi", continua a far parlare ancora di sé, svelando agli esperti una sorpresa particolare. Il corpo celeste, infatti, sta emettendo un getto di materia che rasenta la velocità della luce, ovvero particelle a velocità superiori al 99% della stessa. La scoperta, in via di pubblicazione sull'Astrophysical Journal, si deve ad un team di lavoro dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, coordinato da Ralph Kraft. Il tutto è stato verificato grazie alle immagini ai raggi X, catturate dall'osservatorio spaziale Chandra della Nasa, che ne ha dato notizia sulle pagine del proprio portale web.

Un modello vorticoso

"Questa è la prima volta che velocità così estreme da un buco nero sono state registrate utilizzando i dati dei raggi X", ha spiegato Kraft, che ha presentato lo studio al recente incontro dell'American Astronomical Society a Honolulu. L’esperto ha raccontato che quando la materia si avvicina abbastanza a un buco nero, entra in un modello vorticoso chiamato “disco di accrescimento”. Parte del materiale proveniente dalla parte interna del disco di accrescimento cade sul buco nero e parte di esso viene reindirizzato dal buco nero sotto forma di fasci stretti o getti di materiale lungo le linee del campo magnetico. Poiché questo processo di caduta è irregolare, i getti sono fatti di grumi o nodi che a volte possono essere identificati solo con determinati telescopi.

Veri grumi di materia

Le immagini ai raggi X ottenute, infatti, mostrano che i grumi che si osservano nel getto proveniente dal buco nero M87 e che "vediamo allontanarsi ad alta velocità possono essere veri grumi di materia e non di energia", così come ha spiegato Tomaso Belloni, dell'Osservatorio di Brera dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) in un’intervista all’Ansa. L’importanza della scoperta è spiegata dall’esperto considerando che è da molto tempo che gli astronomi lavorano per capire se i getti scagliati nello spazio dai buchi neri siano fatti di energia o materia. I buchi neri come M87, spiega ancora Belloni, attirano il materiale al centro della galassia. Quando questo si avvicina, inizia progressivamente a ruotare attorno al buco nero, ma non è destinato a essere risucchiato completamente. Nel buco nero infatti precipita solo una piccola quantità di tale materiale, mentre il resto viene letteralmente espulso, creando così getti dall'aspetto molto particolare, in quanto costituiti da veri e propri grumi.

Il confronto tra rilevazioni

I ricercatori dello Smithsonian Center hanno utilizzato le osservazioni di Chandra del 2012 e del 2017 per tracciare il movimento di due grumi o nodi situati all'interno del getto a circa 900 e 2.500 anni luce di distanza dal buco nero. I dati del primo mostrano un movimento con velocità apparenti di 6,3 volte la velocità della luce e di 2,4 volte la velocità della luce per l'altro. Confrontando poi le immagini ai raggi X catturate dal telescopio Chandra, con quelle riprese in altre lunghezze d'onda da altri telescopi, compreso Hubble, si vede che nell'arco di cinque anni uno dei grumi è diventato del 70% meno luminoso ai raggi X. “Questo significa che si tratta di materia che ha perso energia", ha concluso Belloni.