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Nuove armi contro l'Aids dalle scimmie che convivono col virus

Scienze

La ricerca, condotta alla Emory University e guidata da un italiano, ha analizzato il DNA umano con quello del cercocebo moro, particolare specie di primate capace di convivere con il virus senza sviluppare malattie. I risultati dello studio pubblicati su "Nature"

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I ricercatori dell'Università statunitense di Emory, guidati dall'italiano Guido Silvestri, avrebbero scoperto le "armi" che permettono a una particolare specie di scimmia dell'Africa occidentale di convivere con il virus dell'Aids senza ammalarsi e morire, come accade invece all'uomo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista "Nature". e potrebbero far segnare passi avanti nella lotta contro l'HIV. (LO SPECIALE DI SKY TG24)

La scimmia in questione: il cercocebo

Una convivenza pacifica con il virus HIV è possibile: in questo modo il cercocebo moro (Cercocebus atys), una particolare specie di primate diffusa soprattutto in Costa d'Avorio, Gabon e Guinea-Bissau, gestisce l'infezione da SIV, il virus dell'immunodeficienza delle scimmie ("parente" dell'HIV) evitando di sviluppare malattie simili all'Aids. La capacità di convivere con il virus da parte di questa specie era nota da diverso tempo, ancora sconosciute erano invece le ragioni di questo fenomeno. Confrontando però il dna del cercocebo con quello degli esseri umani e di altri primati, "il team di ricercatori – scrive la stessa Emory University di Atlanta, in Georgia – ha trovato indizi che potrebbero aiutare le persone con l'HIV".

Lo studio dei geni delle scimmie

"Nell'organismo dei queste scimmie il virus è presente in quantità molto alte, superiori addirittura a quelle degli uomini infetti che non fanno terapia antiretrovirale – spiega Silvestri – e una delle loro risorse sta nel rispondere al virus in modo meno aggressivo". Gli "indizi" trovati dal team guidato dal ricercatore italiano sono nello specifico due geni con funzioni immunitarie, che permettono agli animali infettati dalla SIV di non morire: "Attraverso il sequenziamento estremamente preciso del genoma – prosegue Silvestri – abbiamo trovato 34 geni che presentano differenze rispetto ai macachi". E proprio in queste differenze risiederebbe il segreto della convivenza. In particolare, "due geni, ICAM2 e TLR4, sono quelli più dissimili tra loro, con pezzi di proteine mancanti", spiega il ricercatore. Si tratta di geni con funzioni immunitarie.

Gli sviluppi futuri dello studio

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista "Nature" lo scorso 3 gennaio, e in futuro – come si legge ancora sul sito della Emory – "potrebbero aiutare a migliorare l'assistenza a lungo termine delle persone con HIV, ridurre la trasmissione del virus madre-bambino e contribuire allo sviluppo di un vaccino". "Possiamo dire di aver rotto il muro e di essere entrati nella stanza dei bottoni", conclude Silvestri. Il passo successivo sarà provare a "silenziare" i due geni per vedere cosa accade.