Virus West Nile in Italia: cosa cambia per i donatori di sangue

Tra Campania e Lazio, dove il 28 luglio si sono registrati 16 casi di positività, la febbre West Nile ha fatto cinque vittime nel 2025. A diffonderla è un virus che non può essere trasmesso da uomo a uomo ma che, se contratto da persone fragili, può rivelarsi letale. D’estate, il gran caldo favorisce la propagazione delle zanzare infette ma gli epidemiologi predicano calma: al momento, il tasso di mortalità è pari a circa uno su 1.000, con rischi maggiori per soggetti con patologie pregresse o immunodepressi. Nonostante lo scorso anno nello stesso periodo non si contasse alcuna vittima e i casi accertati fossero solo 13 , almeno per chi dona il sangue, la febbre West Nile non è una sgradita sorpresa del 2025. Da anni, il questionario obbligatorio impone almeno una domanda sulla contrazione del “virus del Nilo” ai candidati donatori: “Negli ultimi 28 giorni ha soggiornato anche solo per una notte in una delle province dove è diffuso il West Nile virus?”. Il concetto è semplice: bastano 24 ore per la contrazione del virus e 28 giorni per uscire indenni dal periodo di incubazione. “Le sacche italiane, però, sono sempre sicure. Non è mai successo che un malato ne ricevesse una infetta per la trasfusione”, rassicura Oscar Bianchi, presidente Avis , che fa il punto a Sky tg24 Insider sul rapporto tra la diffusione del virus West Nile e le donazioni di sangue in Italia. Presidente, cosa succederebbe se il virus West Nile contaminasse una sacca di sangue? Lo premetto ancora per rassicurare gli animi di tutti i malati: non è mai successo che, durante un intervento chirurgico venisse messa a disposizione una sacca contaminata, perché il Sistema sanitario nazionale impone sempre una serie di esami che rendono sicura ogni donazione. Detto ciò, nella stragrande maggioranza dei casi il virus West Nile induce solo un leggero malessere, qualche febbriciattola e un indolenzimento generico. Che, però, potrebbe far degenerare il quadro di persone che hanno barriere immunitarie molto basse, portandole persino alla morte. Per questo, è fondamentale essere attenti sin dalla prevenzione primaria. È per questo che, nel questionario che precede la donazione, si pongono domande su eventuali soggiorni nelle province dove sono state registrate infezioni? Esattamente. La prevenzione inizia aggiornando le mappe sui nostri portali, sulla base delle indicazioni del Centro nazionale sangue. Ogni provincia “accesa” di colore rosso è dichiarata portatrice del virus West Nile e, quindi, diventa un luogo dove è richiesta un’attenzione particolare da parte del donatore. Basta un soggiorno di una notte in quel territorio per essere obbligati ad attendere 28 giorni di latenza prima di donare il sangue. Noi enfatizziamo il senso di responsabilità da parte di tutti i donatori ma, in ogni caso, nessuno mente mai perché sono persone consapevoli delle conseguenze legali in caso di dichiarazioni mendaci. Ripeto: tutte le donazioni sono sicure. Al momento le province “accese” di rosso sono 31. Tra queste compaiono anche Napoli, Torino, Roma e Venezia. Significa che chi vive in queste province deve smettere di donare? Assolutamente no. Quando una provincia “si accende”, il sistema mette in atto un esame clinico, il Nat, che verifica in ogni sacca l’eventuale presenza del virus. Facciamo un esempio: tutti i cittadini di Napoli che oggi hanno donato il sangue hanno sottoposto la propria sacca a 12 esami, uno in più dei tradizionali 11, per accertarsi che non fosse contaminato. La questione cambia se io, da Bergamo, soggiorno una notte a Napoli e poi torno a donare nella mia città. In quel caso, dovrò attendere i 28 giorni di incubazione. Perché l’esame Nat non viene eseguito per ogni donazione? Sarebbe troppo oneroso per il sistema. Ma la novità è che, nel 2025, l’esame Nat viene eseguito anche nelle province confinanti con quelle “accese” di rosso. Per proseguire con lo stesso esempio: se Bergamo non è “accesa” e Milano sì, il test Nat viene eseguito anche sulle sacche bergamasche. Esiste un test per assicurarsi di non aver contratto il virus? Certo. Ogni donatore può sottoporsi a un test personale, ma solo in un laboratorio privato. Non lo può chiedere all’interno delle procedure della donazione. In presenza di un test dall’esito negativo, si può accettare anche la sacca di chi ha soggiornato in una provincia “accesa”, ma noi consigliamo sempre di attendere i 28 giorni per avere la certezza matematica di non essere portatori sani del virus. Ci sono rischi anche per chi viaggia all’estero? Negli aggiornamenti del Centro nazionale sangue si segnalano anche i Paesi stranieri dove valgono le stesse regole delle province “accese”. Non cambia niente: al rientro si dovranno attendere i soliti 28 giorni. Al momento, negli Stati Uniti e in Canada le misure preventive sono in vigore per tutto l’anno. Nel 2025 sono state registrate più contaminazioni e vittime, al momento, rispetto allo scorso anno. La diffusione del virus ha provocato una contrazione anche nelle donazioni? Solitamente, la prima regione ad “accendersi” è ogni anno l’Emilia-Romagna. Il fatto che a partire con le contaminazioni nel 2025 siano state Campania e Lazio ci ha lasciati perplessi, ma direi con certezza che non abbiamo notato alcuna contrazione delle donazioni dovuta al virus West Nile. Siamo addirittura cresciuti nel numero di sacche rispetto allo scorso anno. Piuttosto, a prescindere dal West Nile, è vero che nel periodo estivo, a causa delle vacanze e degli spostamenti delle persone, manca sempre sangue. Perciò, rammento a tutti che prima di andare in vacanza sarebbe un ottimo gesto, oltre a preparare la valigia, ricordarsi che c’è sempre qualcuno dentro a una sala operatoria che aspetta la nostra donazione.

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Andrea Ceredani