Negli ospedali Ue mancano posti letto. E l'Italia è sotto la media

La sanità vive un momento di grande crisi e trasformazione iniziato almeno due decenni fa. Tecnologie, tecniche e farmaci sempre più evoluti continuano a far lievitare i costi delle prestazioni sanitarie, ma allo stesso tempo accorciano i tempi di degenza e consentono migliore qualità degli interventi medici. In questo contesto cangiante, la riduzione dei posti letto sembra una strada inevitabile e infatti è stata percorsa da molti. Viene generalmente chiamata razionalizzazione delle risorse e dovrebbe auspicabilmente contemplare lo sviluppo della cosiddetta medicina di territorio, cioè quell’insieme di strutture non ospedaliere che erogano servizi sanitari per la cittadinanza. Uno sguardo agli ultimi dati pubblicati da Eurostat sul numero e la qualità dei posti letto disponibili aiuta a capire l’entità di questo cambiamento in corso. Una tendenza decennale Nel 2023 in media nei Paesi dell’Unione europea erano disponibili 511 posti letto ospedalieri ogni 100mila abitanti. Un dato in calo rispetto all’anno precedente, quando erano 517, e ancor di più se confrontato a dieci anni prima, quando erano 552. Sensibili le differenze tra i paesi membri Ue. La maggior disponibilità di posti letto è quella negli ospedali bulgari, dove ce ne sono 864 ogni 100mila abitanti. Abbondante la capienza anche di Germania , Romania , Austria e Ungheria . Meno ospitalità, invece, in Danimarca , nei Paesi Bassi e Svezia, dove negli ospedali di posti disponibili ce ne sono solo 187 ogni 100mila abitanti. L’Italia è decisamente sotto la media Ue, e si colloca poco sopra i Paesi in cui la disponibilità di accoglienza nelle strutture sanitarie è la peggiore del continente. L'evoluzione italiana I 304 posti letto ogni centomila italiani sono il risultato di una contrazione progressiva che ha visto ridursi la disponibilità di quasi 30 posti letto negli ultimi dieci anni. Una diminuzione leggermente più rapida della media europea ma nemmeno troppo. Cerchiamo di capire, però, come è cambiata l’offerta del Servizio Sanitario Nazionale nel tempo. In base alle categorie utilizzate da Eurostat, i posti letto ospedalieri vengono divisi in tre gruppi: il primo è quello classico di posti per degenze ordinarie , il secondo è quello dei letti adibiti alle cure riabilitative, e l’ultimo gruppo è quello dei letti per le cure a lungo termine. Mentre i posti letto classici e quelli delle lungodegenze si sono ridotti - passando rispettivamente da 276 a 259 e da 16 a 11 -, quelli destinati alla riabilitazione sono leggermente aumentate. Ce n’erano 41 ogni centomila abitanti dieci anni fa, mentre oggi ce ne sono poco più di 42. Rsa in crescita Discorso a parte, e contabilità a parte, per le strutture residenziali di degenza. I dati relativi alle Rsa vengono infatti calcolati a parte dall’ufficio statistico europeo e mostrano un andamento di segno totalmente opposto. Mentre i posti letto di breve o lungo termine, riabilitativi e non, sono in generale calo, le residenzialità sono in aumento un po’ in tutti i Paesi Ue. Sono solo 4 quelli in cui si è registrato un lieve calo: Danimarca, Lettonia, Bulgaria e Grecia. In Italia nel 2013 erano 391 ogni centomila abitanti, mentre nel 2023 se ne contavano 512. Il dato italiano, però, è uno dei peggiori dell’Unione europea. Il che è sorprendente, dal momento che l'età media dei nostri concittadini è tra le più alte del pianeta, non solo del Vecchio continente. Solo sette Paesi hanno una disponibilità di posti letto in Rsa inferiore alla nostra. Mentre in Francia e Spagna la ricettività è poco meno del doppio di quella dell’Italia, in Germania è più del doppio e nei Paesi Bassi quasi il triplo.

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