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Nuovi disturbi alimentari, la storia di Azzurra

Salute e Benessere

Federica De Lillis

Aveva solo pochi mesi quando ha manifestato un rapporto difficile con il cibo. Alle sue reazioni di disgusto durante lo svezzamento è seguito un periodo in cui  “ha iniziato a mangiare pane, solo ed esclusivamente pane dello stesso tipo e dello stesso forno” racconta la madre, Laura. Sono le prime fasi di quello che la stessa donna definisce un “incubo nutrizionale” fatto di ricoveri, diagnosi sbagliate e sei anni di attesa prima di capire che alla base di tutto c’era un disturbo alimentare

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Azzurra porta sempre degli occhiali tondi e quando cammina ostenta tutta la sua sicurezza. Sorride nelle foto che la mamma le ha scattato, anche in quelle in cui si trova su un letto di ospedale. I primi problemi con il cibo sono iniziati già dallo svezzamento quando i genitori hanno notato reazioni di disgusto e fastidio davanti a omogeneizzati e creme.

“Non poteva proprio stare vicino al piatto. Ci siamo subito accorti che c’era qualche problema” racconta la mamma, Laura. Presto l’unico alimento che la piccola non rifiuta di mangiare è il pane “solo ed esclusivamente pane dello stesso tipo e dello stesso forno ed è iniziato il vero incubo nutrizionale di Azzurra”.

“Ansia genitoriale mal gestita"

I genitori sono convinti che ci sia qualcosa che non va nel comportamento della figlia e, quando compie sei mesi, presentano per la prima volta il problema ai medici. 

“Non riuscivamo a trovare un dottore informato su un nuovo disturbo alimentare o comunque su una patologia che racchiudesse tutto il quadro clinico di Azzurra.

Se ne sono susseguiti tre e il terzo, a mio parere, è stato il più grave perché ci suggerì di lasciare nostra figlia a digiuno anche oltre le 24 ore perché, a suo dire, prima o poi la bambina avrebbe mangiato.

Dopo un tot di ore io e mio marito ci siamo rifiutati di continuare questa tortura perché Azzurra non mostrava nessun cenno di cedimento ma solamente tanta fame” ricorda Laura. 

Nel frattempo le carenze nutrizionali di Azzurra si fanno sempre più evidenti, si susseguono i ricoveri e la bimba deve assumere molti integratori.

Il papà e la mamma si rivolgono anche a un neuropsichiatra infantile della loro zona, Latina, che arriva ad avanzare l’ipotesi che i problemi della bimba siano provocati da “ansia genitoriale mal gestita" e che siano attribuibili alla forma fisica di Laura. “Essendo molto magra, mi chiese se forse la persona con un disturbo alimentare ero io e non la bambina”. 

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La scoperta dell’Arfid, sei anni dopo 

“Abbiamo avuto la diagnosi verso i sei anni e mezzo di nostra figlia, da un grande ospedale di Roma dove un neuropsichiatra infantile, che è tuttora nostro medico, ci ha spiegato dell’esistenza dell’Arfid”. 

L’Arfid, o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, è un disturbo alimentare che porta chi ne è affetto a mangiare una gamma molto ristretta di alimenti, selezionati in base a caratteristiche come odore, colore, consistenza o sapore.

Può esserci anche una paura del cibo nuovo o di eventuali conseguenze collegate come soffocare o stare male. A differenza di Anoressia e Bulimia, non c'è una distorsione dell’immagine corporea o un timore di ingrassare.

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Quando è necessario rivolgersi a un medico 

Anche se può interessare adolescenti e adulti, questo disturbo si può manifestare già dai primi anni di vita per cui è importante saper interpretare i segnali di allarme, come spiega la psichiatra e psicoterapeuta Laura Dalla Ragione: “Normalmente, fino a quattro anni ci possono essere delle forme di selettività, di idiosincrasie rispetto al cibo che sono abbastanza comuni e normali nei bambini.

Però, se dopo i quattro anni questa selettività e fobia dei cibi nuovi permane e assistiamo a un irrigidimento nella selezione dei cibi, che comunque è inferiore a 10 qualità di alimenti, allora dobbiamo sospettare che sta succedendo qualcosa”. 

Dalla Ragione fa anche notare che  “non necessariamente c’è una perdita di peso evidente. Ad esempio, se la selezione riguarda il colore bianco, sono inclusi i carboidrati e dunque il paziente rimane normopeso”. 

Altri fattori da non sottovalutare sono risposte come ansia e reazioni oppositive davanti al cibo, condizioni che possono arrivare a condizionare fortemente la vita sociale. 

Nel caso di Azzurra, i problemi hanno riguardato il rapporto con la scuola e i coetanei. “È infastidita da altre persone che masticano a bocca aperta. Se, per esempio, un compagno di classe mangia una pizza rossa non riesce neanche a guardarlo perché è molto sensibile al sugo e al pomodoro” raccontano i genitori, che all’inizio hanno avuto difficoltà anche con la mensa scolastica. “Non si poteva introdurre nessun tipo di alimento dall’esterno e siamo dovuti andare dal preside per avere i permessi per far entrare solamente le due fette di pane per far stare bene nostra figlia e non farle perdere ore importanti di gioco e di studio”. 

 

Le patatine fritte, un piccolo grande traguardo

“La vita di Azzurra oggi è abbastanza serena, siamo sempre appoggiati dal neuropsichiatra infantile che ci accompagna in ogni periodo buio e difficile” prosegue Laura. Venire a conoscenza del disturbo alimentare ha permesso alla famiglia di intraprendere un percorso di riabilitazione integrato che prevede il supporto, oltre che di un neuropsichiatra, anche di un terapista e di un nutrizionista esperto nella malnutrizione infantile.

“Mia figlia prende tanti integratori e grazie all’alimentazione liquida di supporto riusciamo a compensare tutte le mancanze nutrizionali”. 

Il rapporto di Azzurra con il cibo sta migliorando. “Siamo riusciti su per giù ad arrivare a farle mangiare tra i dieci e i quindici alimenti, oltre al pane. Con grande successo siamo arrivati anche alle patatine fritte!”

 

Un disturbo alimentare non è una colpa

Il consiglio di Laura ai genitori che si trovano in una situazione simile è di “Chiedere subito aiuto a un neuropsichiatra infantile. Avere un disturbo alimentare in famiglia non è una colpa, non è una vergogna, bisogna sempre rimanere positivi e trasmettere tranquillità al proprio bambino che è in difficoltà. 

Molto spesso il problema viene più dall’ignoranza altrui e dall’occhio esterno, bisogna sempre rimanere al fianco del nostro piccolo, che ha solo bisogno dell’affetto e dell’amore della famiglia”.