Si chiama BACE2, è stato rilevato in un lavoro di ricerca condotto dagli esperti della Queen Mary University di Londra e potrebbe fungere, in futuro, da punto di partenza per lo sviluppo di biomarcatori in grado di rilevare il rischio di insorgenza della malattia
Un nuovo studio, coordinato dai ricercatori della Queen Mary University di Londra e pubblicato sulla rivista scientifica “Molecular Psychiatry", potrebbe dare nuove speranze nell’ambito della lotta al morbo di Alzheimer, malattia neurodegenerativa che compromette le capacità cerebrali. Gli scienziati inglesi, infatti, sono riusciti ad identificare un particolare gene (BACE2) in grado di contrastare i segni della patologia stessa, oltre ad aver sviluppato un sistema di screening rapido ed efficiente, mirato su nuovi farmaci utilizzabili nella cura della malattia.
La riprogrammazione in vitro
Da sempre, ha spiegato uno dei ricercatori, Dean Nizetic, una delle principali sfide per gli specialisti nel campo delle patologie neurodegenerative è quella di studiare le malattie su pazienti che devono manifestare i sintomi, che però di solito emergono quando la malattia stessa è in uno stadio ormai troppo avanzato affinchè le cure siano efficaci. Proprio per questo motivo, attualmente, i test di ricerca vengono eseguiti su pazienti potenzialmente a rischio e, in questa categoria, rientrano ad esempio le persone con sindrome di Down, in cui la possibilità che il mordo di Alzheimer si sviluppi è pari al 70%. Il motivo è legato al cromosoma aggiuntivo associato alla sindrome di Down, il quale include il gene per la proteina precursore dell'amiloide, che può innescare la patologia neurodegenerativa. I ricercatori, nel loro studio, hanno prelevato cellule ciliate, un tipo di cellule presenti nell'orecchio interno che fungono da recettori sensoriali, da pazienti con sindrome di Down, “riprogrammandole in vitro in modo che diventassero cellule staminali per poi riconvertirle in cellule cerebrali, nelle quali sono stati osservati i segni di Alzheimer", ha spiegato Nizetic.
Nuovi screening mirati
I risultati di questo lavoro di ricerca, sostengono gli esperti, potrebbero adesso aprire la strada a test di screening mirati su nuovi farmaci deputati al contrasto e alla possibile prevenzione delle patologie neurodegenerative. "Abbiamo identificato il gene BACE2, che si è dimostrato in grado di contrastare l'insorgere dell'Alzheimer e, in meno di sei settimane, abbiamo osservato l'effetto di due farmaci noti per inibire la produzione di beta-amiloide, dimostrando che la metodologia può essere applicata potenzialmente su qualunque composto farmacologico”, ha aggiunto ancora il ricercatore della Queen Mary University. Tra l’altro, proprio secondo Nizetic, il gene individuato potrebbe fungere da punto di partenza per lo sviluppo di biomarcatori in grado di rilevare il rischio di insorgenza dell’Alzheimer. "L'idea finale è quella di riuscire a individuare il rischio di insorgenza della malattia e intervenire in maniera efficiente e precoce", ha concluso poi John Hardy, dell'University College di Londra, che ha collaborato al lavoro di ricerca.