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Rischio sostanze cancerogene in commercio: quello che c'è da sapere

Salute e Benessere

Laura Ceccherini

Per dimostrare la cancerogenicità di un agente è necessario testare il prodotto ad altissime concentrazioni in laboratorio (archivio Getty Images)

Il caso della Johnson & Johnson, condannata negli Stati Uniti perché il borotalco è stato giudicato cancerogeno in almeno 22 casi, preoccupa molti. Ecco il punto sulla situazione in materia di prodotti e agenti proibiti

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Il caso della Johnson & Johnson, condannata negli Stati Uniti perché il borotalco è stato giudicato cancerogeno in almeno 22 casi, preoccupa molti. Il talco infatti è un prodotto di uso comune nei bambini, ma non solo. In Italia le maglie dei controlli sono molto strette. In materia di cosmetici e sostanze proibite, la legislazione è infatti chiara e definita ed è regolata dalle direttive europee. 

Le sostanze proibite dallo Iarc

Lo Iarc (International agency for research of cancer) ha stilato una lista di sostanze proibite suddividendole in cancerogene, probabili cancerogene e possibili cancerogene. Le differenze sono sostanziali. I controlli sono molto stretti e i prodotti che arrivano sul nostro mercato sono generalmente sicuri. Tra le sostanze cancerogene certe più conosciute, in una lista di oltre 110 elementi, per esempio c'è la formaldeide, ma le percentuali all'interno di un determinato prodotto sono fondamentali. Il gruppo 1 è quello da tenere con attenzione sotto controllo: contiene infatti quelli che sono definiti "carcinogeni umani certi". Il gruppo 2A comprende i probabili per l'uomo e contiene 66 agenti (lista aggiornata al 2014 ), il gruppo 2B quelli possibili, per un totale di 285 sostanze; il gruppo 3 comprende le sostanze non classificabili come carcinogene (al momento sono 505). È necessario imparare a leggere l'INCI dei prodotti e cioè la lista degli ingredienti per essere in grado di capire se siano adatti per ognuno di noi.

La cancerogenicità di un agente

Le liste dello IARC, compilate a partire dal 1971 sulla base degli studi disponibili nella letteratura scientifica, includono gli agenti studiati perché nei loro confronti c'era un sospetto. Per dimostrare la cancerogenicità di un agente, infatti, si parte da un sospetto o da una segnalazione. È necessario testare il prodotto ad altissime concentrazioni in laboratorio, tenendo conto di diversi aspetti: la percentuale del prodotto, il tempo di esposizione, le condizioni generali di un soggetto. Non è un processo semplice e tantomeno immediato.

Il Rapex

C'è un modo però per scoprire se un prodotto che non ci convince o che dimostra troppe criticità rispetta gli standard, o se è sfuggito a qualche controllo o sequestro. È il Rapex (sistema comunitario di informazione rapida sui prodotti non alimentari), uno strumento essenziale per proteggere i consumatori europei dai prodotti pericolosi. I prodotti più segnalati sono i giocattoli, l’abbigliamento, i veicoli a motore, gli apparecchi elettrici i cosmetici, i prodotti  per l’infanzia, le attrezzature da illuminazione e quelle per lo sport. Particolare attenzione ai prodotti per i bambini, dai giocattoli alle salviette detergenti, per le quali ci sono state diverse segnalazioni di sostanze non idonee, non necessariamente cancerogene, che potrebbero scatenare reazioni cutanee.

La situazione in Italia

In Italia nello specifico, per il momento, non sono stati segnalati casi limite, come quello della Johnson & Johnson. Un caso è diventato emblematico, una malattia professionale, una sentenza unica e forte: il Tribunale civile di Bari ha condannato la Wella Italia Labocos srl a risarcire con 46mila euro un parrucchiere barese di 63 anni malato di tumore perché in tinte prodotte dalla multinazionale, e utilizzate per anni dall'uomo, sono state trovate sostanze tossiche e cancerogene. Il legale della Wella ha fatto appello, si attende il giudizio definitivo.

Una materia delicata

Ci sono poi i consigli degli esperti, ma in questo caso riguardano prodotti più o meno adatti. Considerare sempre lo stato dei prodotti, la scadenza, il modo in cui sono stati conservati e rispettare l'uso esatto per cui sono stati formulati questo il diktat. Importante è anche la concentrazione delle sostanze, perché in minima parte sono consentite anche quelle che potrebbero fare paura. C'è poi tutto il capitolo dei disturbatori endocrini, sostanze chimiche in oggetti o prodotti quotidiani, che potrebbero alterare l'equilibrio ormonale. L'uso prolungato o combinato potrebbe essere dannoso. È  un capitolo importante e ci sono molti studi, che hanno portato per esempio in Italia alla sospensione (non al divieto), da parte di quasi tutte le case produttrici di dentifricio, del Triclosan (un conservante ammesso) o al divieto per esempio del Bisfenolo A nei biberon. Insomma la materia è vasta e delicata, i regolamenti chiari e i paletti molto stretti, in Italia non c'è allarme, ma l’attenzione è ovviamente doverosa.