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Corruzione, sentenze pilotate al Consiglio di Stato: arresti

Lazio
Palazzo Spada (ANSA)

Il reato contestato è quello di corruzione in atti giudiziari per cinque episodi. Si attesta sui 150 mila euro il denaro utilizzato per corrompere i giudici. Il Consiglio di Stato: "Nessuna perquisizione da noi"

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Quattro ordinanze di custodia cautelare sono state emesse, su disposizione del Gip di Roma, Daniela Caramico D'Auria, nell'ambito dell'inchiesta della Procura sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato. Il reato contestato è corruzione in atti giudiziari e sono cinque gli episodi cu cui si concentrano le indagini dei magistrati. Ai domiciliari sono finiti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l'ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis, l'ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e il deputato dell'assemblea regionale siciliana, Giuseppe Gennuso. Per quest'ultimo, però, l'ordinanza non è stata eseguita in quanto risulta al momento all'estero. 

Consiglio di Stato: "Nessuna perquisizione da noi"

L'ufficio stampa della Giustizia Amministrativa precisa che "nè a Palazzo Spada, a Roma, sede del Consiglio di Stato, nè a Palermo, presso la sede del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, vi sono state oggi perquisizioni (in quanto i fatti riguardano magistrati non in servizio)". E in una nota sottolinea che le misure cautelari "riguardano un ex magistrato, in pensione dal 2015 e un Consigliere di Stato già sospeso dal servizio dal 2017 (con misura cautelare disciplinare)". "Da quanto si apprende dagli organi di informazione, in attesa di ricevere gli atti, per le eventuali ulteriori valutazioni di natura disciplinare, le misure cautelari di oggi riguardano sempre i medesimi episodi attribuiti a magistrati non in servizio", conclude il comunicato. 

Contestati cinque episodi

Sono in totale cinque gli episodi di corruzione contestati dai magistrati di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. In totale si attesta sui 150 mila euro il denaro utilizzato per corrompere i giudici del Consiglio di Stato e quelli della giustizia amministrativa siciliana. L'indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell'ambito in uno dei filoni dell'inchiesta. Dichiarazioni riscontrate dai magistrati e inquirenti attraverso intercettazioni, analisi dei flussi finanziari e intercettazioni. 

Episodi contestati a Russo e De Lipsis

Delle sentenze pilotate tre episodi sono contestati al giudice del Consiglio di Stato (ora sospeso) Nicola Russo e due all'ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) della Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis. In base a quanto raccontato da Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80 mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti. A svolgere un ruolo di "mediatore", in base a quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato anche un avvocato oggetto questa mattina di una perquisizione. Il suo nome spunta in una vecchia intercettazione nell'ambito del caso Consip, finita agli atti dell'indagine, tra Alfredo Romeo e Italo Bocchino, in cui i due parlando dell'avvocato affermano che "comprava cause a blocchi". Per quanto riguarda De Lipsis avrebbe ottenuto tangenti per 80 mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa a un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il comune di Siracusa. De Lipsis, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, fa ottenere alla società un risarcimento dal comune siciliano di 24 milioni euro. Di questi ne verranno elargiti due prima dell'esplosione del caso giudiziario. Per questa operazione De Lipsis ha ottenuto 50 mila euro di tangenti. Infine l'ex presidente del Cga è intervenuto, in qualità di presidente del collegio, nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezioni alle amministrative del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che venne rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice ha ottenuto 30 mila euro. Denaro che Gennuso consegnò attraverso l'ex giudice della Corte di Conti, Luigi Pietro Maria Caruso.