Cosa ci dice dell'opinione pubblica l'affluenza ormai sotto il 50%?

L’analisi delle elezioni regionali dello scorso week end non può che partire dal dato sulla partecipazione. In Veneto l’affluenza si è fermata al 44,7%, in Puglia al 41,8% e in Campania al 44,1%, un calo rispettivamente di 17, 15 e 11 punti percentuali nel confronto con le regionali del 2020. Il precedente, tuttavia, è in parte fuorviante, perché cinque anni fa si votò anche per il referendum costituzionale sulla diminuzione del numero di parlamentari, che trainò la partecipazione. Il raffronto più diretto potrebbe dunque essere quello con le regionali del 2015, ma anche in questo caso si registra un notevole calo della partecipazione, rispettivamente di 13, 9 e 8 punti. Guardando anche alle altre elezioni regionali di questo autunno nelle Marche, in Toscana e in Calabria e alle europee del 2024 emerge dunque un chiaro trend: un dato sull’affluenza inferiore al 50% sta diventando ormai usuale. I risultati nel complesso sono molto netti, con tutti e tre i candidati vincenti che hanno superato il 60% dei voti e nessuna partita davvero aperta. Le vittorie del centrosinistra in Campania e Puglia e del centrodestra in Veneto portano dunque il computo finale delle elezioni di questo autunno sul 3 a 3 tra i due schieramenti, con una conferma degli equilibri precedenti. Includendo il caso particolare della Valle d’Aosta – dove si vota con un sistema elettorale alternativo e l’offerta politica è diversa da quella nazionale – anche qui il voto ha confermato il presidente uscente del partito autonomista Union Valdôtaine, ma con uno spostamento a destra della maggioranza in consiglio regionale grazie all’entrata di Forza Italia e all’uscita del Partito Democratico. Gli effetti nazionali Il 3 a 3 restituisce dunque un quadro di stabilità, ma include anche alcune novità. Proprio la stabilità è un dato positivo per il centrodestra della premier Meloni, poiché in questa fase politica l’onere di dimostrare che gli equilibri stanno cambiando spetta all’opposizione. Emerge tuttavia un segnale interessante anche per le opposizioni, che arriva dal sud: al di là dei fattori locali e l’impatto dei singoli candidati, il campo largo appare molto competitivo e potrebbe esserlo anche alle prossime elezioni politiche, dove un centrosinistra forte in Puglia e Campania rischia di costare diversi seggi al centrodestra, in particolare al Senato. Alle politiche del 2022 nelle due regioni del sud il centrodestra vinse tutti gli otto collegi uninominali, che potrebbero tornare in bilico. Complessivamente, nel mezzogiorno sono circa una ventina i collegi che con un campo largo competitivo tornerebbero contendibili e ciò rischia di mettere in discussione la maggioranza del centrodestra al Senato, oggi di 120 seggi su 205. Un rischio che ha riportato al centro del dibattito la legge elettorale, con Fratelli d’Italia intenzionato a eliminare i collegi uninominali e tornare a un sistema proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione più votata. Un’affluenza così bassa significa però anche un peso minore del voto di opinione e uno maggiore del voto personale ai candidati locali più forti. Il caso più eclatante è forse quello dell’ex governatore leghista del Veneto Luca Zaia, che ha ottenuto più di 200 mila preferenze. Ciò rende il risultato delle liste, in realtà, non particolarmente indicativo, soprattutto in ottica elezioni politiche. In Veneto, tuttavia, la Lega ha superato di circa 300 mila voti Fratelli d’Italia, quindi, anche non contando le preferenze di Zaia, il partito di Matteo Salvini sarebbe arrivato davanti a quello di Giorgia Meloni. Proprio il risultato straordinario ottenuto da Zaia, potrebbe però mettere in discussione la leadership nazionale di Salvini. Per quanto riguarda la Campania, rimane rilevante il fattore De Luca: secondo le prime proiezioni, saranno infatti eletti diversi consiglieri regionali vicini all’ex presidente, che manterrebbero rilevante la sua influenza sul prossimo governo regionale. Continua a faticare invece il Movimento 5 Stelle, che pur esprimendo il candidato presidente ha ottenuto solo il 9,1% delle preferenze. Nonostante dal punto di vista numerico non sia stato determinante in nessuna delle elezioni di questo autunno, il partito di Giuseppe Conte raccoglie però molto dalle regionali, eleggendo il secondo governatore della sua storia ed entrando in giunta regionale in Toscana. In Puglia colpisce l’ampiezza della vittoria di Decaro, che già alle europee del 2024 aveva conquistato quasi 500 mila preferenze e si conferma una delle figure più forti all’interno del Partito Democratico. Dentro la grande affermazione del centrosinistra salta agli occhi tuttavia il risultato negativo di Alleanza Verdi e Sinistra, che rimarrà escluso dal prossimo consiglio regionale, e con lui anche l’ex governatore Nichi Vendola.

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Lorenzo Pregliasco