Regionali senza sorprese, ma cambiano le dinamiche di coalizione

Nelle ultime tre Regioni al voto finisce come da attese e questo risultato elettorale chiude la partita d’autunno con un pareggio che sembra soddisfare entrambi i fronti: al Centrosinistra restano Toscana, Campania e Puglia, il Centrodestra conferma Veneto, Marche e Calabria. Visto così sembra un passaggio di metà legislatura che non produce scossoni, un intermezzo senza pathos in attesa delle Politiche e prima del ben più incendiario referendum sulla riforma della giustizia. Eppure nelle due coalizioni qualche equilibrio potrebbe cambiare e Giorgia Meloni da un lato ed Elly Schlein dall’altro dovranno farci i conti se vogliono arrivare a sfidarsi nel 2027. Il campo largo e la corsa per la leadership Il centrosinistra che “stravince” in Campania e in Puglia e cresce pure in Veneto è senz’altro una buona notizia per la Schlein “testardamente unitaria”: ridà fiato al progetto del campo largo come concreta alternativa alla destra, puntellandolo contro gli assalti degli scettici che in questi mesi non sono mancati, e dentro il campo largo si conferma la primazia del Pd. Ma la segretaria potrà dormire poco sugli allori perché dovrà guardarsi dagli appetiti fuori e dentro il partito. Il successo di Roberto Fico rafforza nel Movimento la tesi per cui con i democratici conviene stare quando il candidato è a 5 stelle. “Doppietta storica che ci dà ancora più forza e coraggio”, rivendica subito Giuseppe Conte. Il ragionamento finora valido per le Regioni potrebbe slittare sul piano nazionale e indurre l’ex premier a contendere a Schlein la guida della coalizione per tentare di tornare a Palazzo Chigi, sebbene il Movimento resti sempre dietro al Pd. Le carte potrebbero rimescolarsi ulteriormente se nei prossimi mesi prenderanno vento le vele della riforma elettorale e si tireranno fuori dal cassetto le primarie di coalizione. Ma prima che di Conte, Schlein dovrà preoccuparsi della concorrenza interna. Il voto per ora spegne le braci di chi mira al congresso anticipato ma certo la messe di voti raccolta in Puglia potrebbe rafforzare le ambizioni nazionali di Antonio Decaro, già campione di preferenze alle Europee. Lui si schermisce però col tempo potrebbe crescere la spinta a farne “l’alternativa” capace di riportare il partito su una rotta più riformista e moderata, come alcuni nel Pd già chiedono. L’effetto Zaia soffia sul Veneto e non solo Dei movimenti a sinistra è spettatrice interessata Giorgia Meloni e non è un caso se il primo pensiero post voto del fido Donzelli è proprio rivolto a cambiare la legge elettorale. La premier deve però buttare un occhio anche a destra. L’opposizione le addossa il peso della sconfitta in Campania, perché suo era il candidato Edmondo Cirielli, ma a impensierire la premier per paradosso potrebbe essere la vittoria in Veneto. Il centrodestra festeggia unito in uno scambio di reciproche cortesie, eppure il cospicuo contributo targato Luca Zaia si allunga come un’ombra non solo sulla leadership di Salvini. L’ex governatore, escluso da un terzo mandato senza troppo dispiacere degli alleati, come capolista ha trainato i consensi della Lega su fino a quota 36%, quasi doppiando Fratelli d’Italia, che proprio in questa Regione alle Europee fece il suo miglior risultato col 34% e ora rischia di dover rinunciare all’Opa lanciata sulla Lombardia. Già candidato un po’ a tutto ora l’uomo detto il Doge può allargare la sua sfera d’influenza. Il ruolo di segretario del Carroccio sembrerebbe l’obiettivo naturale: detto che la leadership di Salvini finora non è mai parsa seriamente in discussione, comunque Zaia potrebbe spingere verso un deciso cambio di fisionomia del partito - meno sovranista e populista, più concreto e federale – facendo sponda con gli altri amministratori leghisti. E da via Bellerio magari puntare direttamente a Palazzo Chigi.

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Livia Michilli