Sala, il Pd e il nuovo problema verso l’unità dell’opposizione

Avevo intenzione di scrivere - per Skytg24 Insider - qualcosa sul prossimo autunno dell’opposizione. Come stagione dell’anno solare, beninteso. Non come approdo inevitabile di un percorso esistenziale, diciamo così, di stanchezza. Tra l’intenzione e l’atto, il tempo ha frapposto un fatto che appare assai rilevante. Di per sé e per le possibili conseguenze. Parlo dell’indagine sui piani dell’urbanistica milanese che coinvolgono – al momento come indagato – il sindaco Giuseppe Sala. Arrivato, salito in politica con l’autobus liberal riformista del Pd, portando con sé l’ambizione assai poco nascosta di diventarne il punto di riferimento e, eventualmente, concorrere alla leadership di un partito che si fosse riconvertito ad atteggiamenti più moderati, liberal, diciamo à la Renzi . I fatti di Milano rendono senza dubbio lo scenario di cui volevo scrivere più complicato, con qualche ombra in più. Se la principale missione del centrosinistra, di qui alle elezioni del 2027, era quella di essere e mostrarsi unito, con visioni del mondo simili che si fondono in un agire politico coerente, sui singoli argomenti come sulle scelte di fondo, beh… l’inchiesta di Milano non aiuta il percorso. E questo è vero addirittura a prescindere dal merito delle indagini e dal loro esito. Le separazioni della sinistra tornano in primo piano per mezzo delle differenti reazioni alle notizie che arrivano dalla capitale morale . Che fanno riemergere, per esempio, la vocazione del Movimento Cinquestelle a considerarsi – e a rappresentarsi – come politica in durezza e purezza. L’assenza di macchie pronta a essere rivendicata come il motivo fondamentale per cui, ad esempio, i pentastellati sono all’opposizione della giunta Sala. Ma quella giunta è, tutto sommato, una giunta PD. Il messaggio che passa – anzi, che torna da un passato relativamente remoto – è che a governare con il Pd ci si sporca le mani e quelle del Movimento sono e vogliono restare pulite. Coerentemente, Conte e i suoi chiedono le dimissioni del sindaco. Come la Lega e, pur con qualche distinguo notevole come quello della presidente del Consiglio, come quasi tutta la destra. I Cinquestelle fanno tutto questo proprio mentre sembrava che l’ex campo largo stesse compiendo lo sforzo decisivo per presentarsi alle prossime regionali insieme, ovunque. Il Pd, dal canto suo, fatica molto a prendere posizione sui fatti di Milano. Non può abbandonare uno dei suoi esponenti più in vista e prendere distanze nette dal lavoro di una giunta più volte indicata come esempio di buon governo, capace di unire – almeno a livello locale – attenzione alla socialità, ambientalismo, aspettative della classe imprenditoriale. E però, la difesa di tutto questo di fronte alla notizia dell’iscrizione di Sala nel registro degli indagati è arrivata in ritardo, a voce bassa. Il mondo di riferimento di Sala non è quello di Elly Schlein e dell’attuale dirigenza del partito. E però è un complemento irrinunciabile per un partito che voglia essere e rimanere di massa e coltivare l’ambizione di tornare, di nuovo, il più votato dagli italiani. In questa contraddizione c’è un primo motivo per una difesa – diciamo – debole. E poi ce n’è un altro, di carattere più generale. Il Pd ha sempre sostenuto, a fronte di analoghe situazioni che coinvolgevano esponenti della maggioranza o addirittura del governo, che le vicende giudiziarie e quelle politiche viaggiassero su binari paralleli. Che il passo indietro di un eletto non fosse dovuto per una presunzione di colpevolezza ma per una questione di opportunità: si aspettano i risultati dell’inchiesta giudiziaria e dell’eventuale processo per il giudizio ma, intanto, il passo indietro si fa, doveroso. Più volte si è detto, dalle parti della sinistra, che il passo indietro o di lato serviva proprio a difendersi meglio “nel processo”. È evidente che la questione è assai complicata per il Pd. Più di quanto lo sia per i Cinquestelle. Ma è altrettanto evidente che, nel cammino verso l’unità – che a parole nessuno vuole abbandonare – è una questione che si avvia a diventare dirimente, insieme alle ben note divergenze sulla politica estera ed europea. A volere essere antipatici, si potrebbe chiamare questione morale. E nell’ex campo largo, di antipatici ce ne sono.

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