Meloni ripensa l’alleanza e sogna una maggioranza “tutta sua”

Lo avevamo scritto qualche settimana fa, quando si trattava ancora di un semplice gossip di palazzo. Oggi, però, l’ipotesi di un voto anticipato nella prossima primavera sembra essere salita di livello, diventando oggetto di discussioni sempre più concrete. Settimana dopo settimana, riunione dopo riunione, questa prospettiva non è più solo un “pour parler”, ma una riflessione che non scarta più l’idea di un centrodestra senza Matteo Salvini. La tenuta dell’attuale coalizione sembra ogni giorno più forzata. E all’interno del suo partito si moltiplicano le voci di chi chiede di voltare pagina. Le scintille si accendono su ogni dossier: dal futuro delle banche, al ponte sullo stretto e i recenti distinguo col Quirinale, fino al tema del terzo mandato dei governatori. Il terzo mandato È proprio su quest’ultimo punto che si è consumata l’ultima frattura evidente: la decisione del governo di impugnare la legge trentina che consente un terzo mandato ai presidenti di Provincia ha mandato su tutte le furie la Lega, generando un duro scontro in Consiglio dei Ministri. In occasione del Festival delle Regioni, un’influenza ha obbligato Meloni a dare forfait . I suoi oppositori non hanno esitato a parlare di mossa strategica per rinviare di 48 ore l’incontro con Massimiliano Fedriga, uno dei governatori leghisti più rappresentativi. Ma, soprattutto, per evitare contestazioni da parte delle regioni che mantengono rapporti tesi con l’esecutivo. Oltre al no alla tripla legislatura, anche la linea critica della premier sulla sanità ha indispettito i governatori. In più occasioni, Meloni ha attribuito i problemi delle liste d’attesa all’incapacità delle amministrazioni locali di investire adeguatamente le risorse statali. Sul tema del terzo mandato si agitano due anime all’interno di FdI. Da un lato, chi auspica una linea dura, pronto a chiudere la porta in faccia alla Lega. Dall’altro, esponenti più inclini al compromesso, ancora alla ricerca di una mediazione per evitare una rottura traumatica. Meloni e Salvini Ma l’aria che tira non lascia spazio ad ambiguità: Meloni sembra intenzionata a ridisegnare in profondità gli equilibri della coalizione, e Salvini appare sempre più come un ostacolo. Soprattutto in Veneto e in Lombardia, dove la premier vorrebbe insediare un esponente del suo partito. Per la Lega, si tratta di un tentativo di scippo da fermare a ogni costo. Le distanze si allargano anche sulle questioni internazionali. Sul piano estero, infatti, il divario tra Meloni e il leader leghista è spesso e volentieri diametralmente opposto. Salvini continua a coltivare relazioni con le destre più estreme e non perde occasione per attaccare l’Unione Europea. Una postura che mette in difficoltà la premier, facendo apparire l’Italia come un partner poco affidabile. Ecco allora che ridisegnare il perimetro del centrodestra potrebbe essere una ghiotta opportunità. Il nuovo schema prevede un’alleanza “light”, in cui Fratelli d’Italia rappresenta il perno, affiancato da Forza Italia e forze minori come Noi Moderati. In questa ottica si colloca anche la proposta di riforma elettorale che prevede un premio di maggioranza decisivo per chi supera una determina soglia dei consensi. Si ragiona intorno ad un 40%. Un traguardo ambizioso, ma non irraggiungibile secondo molti esponenti di FdI. Stando agli attuali sondaggi, Fratelli d’Italia si attesta intorno al 29-30%, Forza Italia al 9-10%. Con qualche innesto esterno, quella ipotetica soglia del 40% potrebbe essere alla portata. A patto, però, che Meloni riesca a intercettare quell’elettorato moderato e conservatore che fatica a riconoscersi nelle derive estremiste della Lega targata Vannacci. Proprio qui si gioca un’altra partita: il rapporto con il Partito Popolare Europeo. Negli ultimi mesi, la presidente del Consiglio ha intensificato i rapporti con figure di spicco del PPE, come Friedrich Merz, Manfred Weber e Ursula von der Leyen. Anche questo un modo per archiviare definitivamente la fase sovranista e ricollocarsi stabilmente nello scacchiere europeo. A Palazzo Chigi iniziano poi ad essere preoccupati di Donald Trump. La suscettibilità del presidente americano, il nuovo annuncio di dazi contro l’Europa e la sua ambigua fascinazione per Putin, che si manifesta dopo ogni telefonata con il Cremlino, spingono anche i collaboratori della premier a interrogarsi sulle reali intenzioni del tycoon. Da qui nasce la convinzione che l’unica strada percorribile per Meloni sia quella europea. E per questo Salvini e’ sempre più un problema. Spiegato, dunque, perché elezioni anticipate nel 2026, se approvata una nuova legge elettorale, potrebbero essere la leva giusta per riprendersi Palazzo Chigi mettendo ai margini il carroccio. La scommessa si poggia anche sulla convinzione che il centro sinistra, solcato da altrettante divisioni, non sarebbe pronto per le urne. Nonostante le parole di Elly Schlein che, venuta a conoscenza della discussione in atto, si è detta per nulla intimorita da un voto anticipato. Anzi, sarebbe quasi un modo utile per blindarsi nel ruolo di leader unico delle opposizioni. Per ora, la leader di Fratelli d’Italia osserva, studia le mosse e aspetta il momento giusto per calare le carte. Ma una cosa è certa: il tempo della convivenza forzata con Salvini rischia di essere giunto al termine.

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