Gli amici Trump e Musk, il fil rouge della conferenza stampa di Giorgia Meloni

Quasi tre ore di domande e risposte, ma quasi un unico filo conduttore: il rapporto con Donald Trump ed Elon Musk. Giorgia Meloni si sottopone al rito della “conferenza di fine anno”, che ormai ha trasformato in un appuntamento di “inizio anno”. A fare da cornice all’evento, il successo della liberazione di Cecilia Sala, che sposta la discussione su temi prevalentemente di politica internazionale. Perché anche il caso Sala si intreccia con il “rapporto privilegiato” – per sua stessa definizione – con il prossimo presidente americano. Si parla pochissimo di questioni interne, quasi nulla di temi legati alle cose di tutti i giorni , poco o niente di Europa e Bruxelles. È il segno di un interesse, ma anche di una politica estera del governo che ha spostato il proprio baricentro oltreoceano. Motivo per cui Giorgia Meloni difende Trump e Musk su qualsiasi cosa. Non c’è una contestazione, una criticità, una ambiguità che non venga giustificata dal presidente del Consiglio. Altro segnale che sul nuovo inquilino della Casa Bianca abbiamo puntato tutto. Il 20 gennaio con ogni probabilità Giorgia Meloni sarà nuovamente a Washington. In barba al protocollo o agli altri che saranno presenti. La cerniera con il vecchio continente si sente lei. Vuole esserlo lei. La sua presenza lì significherà anche e soprattutto questo. E così non nasconde che Trump è stato fondamentale per la liberazione di Cecilia Sala, la cui scarcerazione – seppur senza dare dettagli – è frutto di una complicata triangolazione IRAN – ITALIA – USA. Le parole di Musk sulle elezioni in Germania e le critiche al governo inglese, non le considera ingerenze. È un milionario influente, che ha scelto di sostenere una figura politica, lo ha sostenuto e lo sostiene in maniera trasparente. Non come Soros – attacca Meloni – che finanzia campagne elettorali di paesi diversi a seconda delle necessità. È il viatico per sostenere la tesi che ripeterà per quasi dieci volte: ci sono due pesi e due misure: Soros va bene perché è di sinistra, Musk viene attaccato perché di destra. Sorvola su una differenza, il ruolo che Musk avrà nella prossima amministrazione USA. Anche su Starlink accusa la sinistra di strumentalizzare la vicenda. Non c’è nessun contratto, solo una istruttoria per valutare un sistema che al momento è l’unico disponibile. Quando si arriverà al dunque ci saranno tutti i passaggi che servono, dal coinvolgimento del Parlamento al consiglio supremo di difesa. Dazi e spese militari al 5% del Pil sono una richiesta che rischiano di mettere in difficoltà il nostro paese. Ma anche su questo fronte si dimostra comprensiva con Trump: “ non penso siano la soluzione, ma ci sono i margini per parlarne e discuterne”. Ridimensione anche le parole sull’uso della forza per riprendersi Panama e Groenlandia: “ semplicemente un messaggio ad altri player internazionali affinchè non facciano mosse tali da rompere gli attuali equilibri”. Il riferimento è alla Cina e alle ambizioni su Taiwan. Insomma, con Trump e Musk tutto va bene. Tutto andrà meglio. La scommessa è chiara: se l’Italia avrà più peso e valore a livello internazionale, sarà grazie a questo rapporto. Solo i fatti e il tempo diranno se davvero sarà così. Ma nel frattempo le questioni di casa finiscono in coda. Poche battute per rimarcare che la leadership è sua, non ci saranno rimpasti, Matteo Salvini non farà il ministro degli interni. C’è anche la stoccata ai magistrati: sui migranti, disapplicano le sentenze della Cassazione. Si sente forte Giorgia Meloni. In questo momento è oggettivamente forte. E non fa nulla per nasconderlo al mondo, agli avversari, ai suoi stessi alleati. Neppure una eventuale discesa in campo di Piersilvio Berlusconi la impensierisce: “ se sarà, ne parleremo, troveremo la quadra”. Nel frattempo c’è Trump. Basta e avanza.

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