Giorgia ed Elly: realtà e suggestione di un duello politico

Era un’idea affascinante quella che la politica italiana – e l’attenzione - sarebbe stata monopolizzata dalle idee, i gesti e le posture di due donne. Ovviamente, Giorgia Meloni da una parte. E, con la sua elezione a segretario del Pd – in parte sorprendente, in parte forse provvidenziale – Elly Schlein, dall’altra. Il duello, la sfida a due, il testa a testa da sempre sono metafore efficaci per chi racconta la politica per lavoro. A volte li inventiamo, i duelli, anche quando non ci sono sfide esplicite lanciate, e i protagonisti – ad un occhio più attento e meno proteso a vendere storie piuttosto che a raccontarle – sono ben più di due. Quindi al fascino di quell’idea fin dall’inizio andava fatta una tara. Per non farsi ammaliare troppo da un duello ancora più attraente di altri, perché tra due donne. Diversissime, a cominciare dall’aspetto. Che esprimono un’interessante contraddizione tra la posizione politica e le radici familiari e culturali. L’ottima famiglia di intellettuali della leader più a sinistra che il Pd abbia mai avuto. L’essere popolare per nascita, crescita e attitudine della presidente del consiglio più a destra che l’Italia repubblicana abbia mai espresso. Una contraddizione – quella fra le radici culturali e la collocazione politica – che a ben vedere rappresenta uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni: l’inversione della rappresentanza. Nella destra politica trovano casa le classi meno abbienti, gli sfavoriti . A sinistra si rappresentano i benestanti, gli intellettuali senza problemi di fine mese, i metropolitani della Ztl. Insomma, gli ingredienti per una narrazione bipolare, basata su Giorgia ed Elly, c’erano tutti. Restava da vedere se la realtà avrebbe dato ragione alla suggestione. E alla comodità di noi giornalisti. La realtà dei numeri: il miracolo di Giorgia... A poco più di due anni dall’entrata di Giorgia a palazzo Chigi e a poco meno dall’elezione di Elly, la realtà sembra aver dato ragione alla suggestione. Nel nostro mondo illuminista, i numeri sono sempre molto importanti. E se usiamo quelli, senza alcun dubbio il “duello” nella politica italiana c’è ed è tra loro due. Meloni conferma la sua popolarità più o meno a ogni sondaggio. Un’impresa per niente facile in un paese che erode il consenso di chi governa con grande disinvoltura o, cambiando punto di vista, in cui nessun leader si dimostra all’altezza delle promesse elettorali sulle quali è stato votato. Solo negli ultimi sondaggi il livello di popolarità di Meloni sembra diminuire, ma resta significativamente al di sopra del 30%, più di Antonio Tajani e molto più di Matteo Salvini. Soprattutto la sua leadership si traduce in consenso. Al miracolo di Fdi primo partito nel 2002, sono seguite conferme: il miracolo si è ripetuto, più grande, alle europee e dopo un periodo significativo al governo: 28,8%. E le ultimissime rilevazioni porgono risultati ancora in crescita: la destra-destra, in questo paese, non è mai stata così votata. Nessuno esprime dubbi su chi ne abbia il merito. ... e quello di Elly Un miracolo va ascritto anche all’altra duellante. Elly Schlein ha preso un partito in profondissima crisi di consensi e di identità: il fallimento del campo largo di Enrico Letta e, nello stesso tempo, il definitivo tramonto di ogni vocazione maggioritaria. La segretaria ha prima fermato e poi ribaltato l’emorragia dei voti . E, di certo, sta contribuendo a disegnare l’identità del Pd, con una evidente curva a sinistra ma una guida morbida, continuamente attenta a non perdere passeggeri, che nel torpedone Pd sono variegati assai e tradizionalmente pronti a salutare e scendere in cerca di fortune diverse. Il futuro, le patatine e il ketchup Insomma. La suggestione del duello è parecchio sostenuta dalla realtà e non è solo invenzione al servizio del racconto mediatico. Caratterizza la politica italiana già da un po', invece. E rischia di farlo a lungo, visto che le prossime politiche – al netto di sorprese imprevedibili – si celebreranno nel 2027. La favorita resta Giorgia Meloni. Intanto per le posizioni di partenza. La presidente del consiglio e il suo partito sono avanti. La distanza non è incolmabile e Schlein è l’unico leader – nei più recenti sondaggi – a guadagnare popolarità. E però Meloni ha più di qualche vantaggio. Intanto, ha già sperimentato il suo talento come donna di governo. Chi pensava che fosse sottodimensionato, soprattutto rispetto al proscenio internazionale, ha dovuto ricredersi. E poi, senza alcun dubbio, ha abituato il paese al suo personalissimo stile di comunicazione: diretto, spesso sopra le righe, emotivamente molto partecipato e, quindi, capace di rendere di volta in volta credibili i contenuti. Il paese si è abituato a quello che chiamerei un “gusto”. Come il palato si abitua al sapore delle patatine che si vendono di più con gli aromi più forti e creano dipendenza. La comunicazione meloniana avrà ampio spazio nei prossimi anni di governo e sarà difficile per Schlein cercare e trovare un colore, un gusto così forte che curi o sostituisca quella dipendenza. Una volta assaggiato, è difficile togliere il ketchup dalle patatine. Non sanno di niente.

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