In Italia Giorgia, all’estero Meloni

È il “due per uno” che si plasma alla politica. Se Berlusconi sì faceva concavo e convesso a seconda delle necessità, Giorgia Meloni sembra davvero possedere due anime e due facce. Una che sfodera sulla scena nazionale, un’altra che indossa al di fuori dei confini nazionali. In casa è Giorgia. Urla, attacca, vede nemici ovunque. Lo grida talmente forte da perdere la voce e non poter parlare davanti agli ambasciatori riuniti a Roma. In trasferta è Meloni. La leader sdoganata da “Politico” come la più influente d’Europa, il futuro ponte con Trump, la mediatrice che prova a mettere insieme chi vorrebbe trasferire tutti i poteri a Bruxelles e chi espone i cartelli “Eurocrats go home”. Ecco allora che in molti iniziano a chiedersi chi sia davvero Giorgia Meloni. Quella che urla sul palco di Atreju o quella che calca il red carpet con i potenti del mondo? Probabilmente entrambe le versioni. Un po’ per strategia, un po’ per una debolezza che neppure l’arrivo al governo le ha permesso di superare. “Yo soy Giorgia”, Italian edition La Giorgia nazionale è un caterpillar che vuole asfaltare tutto e tutti. Ma è soprattutto una premier che non riesce a godersi - ed anche gestire - il successo a cui è arrivata. È una leader che vive perennemente con i fantasmi della sua storia politica, come se lo sdoganamento - sigillato dal successo elettorale - non avesse valore. Vede fantasmi in ogni angolo, è convinta che chiunque le parli - sotto, sotto - abbia l’unico scopo di eliminarla o farle male. Non contempla quasi mai forme di mediazione o compromesso con chi sta dall’altra parte, perché non si fida. Alle critiche dell’opposizione non risponde in maniera puntuale sui temi, ma preferisce accusare e rivangare il passato, facendone sempre una questione politica e di scontro, e poco di merito. Alimenta lo scontro, perché è nello scontro che è nata, ed è dallo scontro che non riesce ad uscire. A tal punto che la foga di “aggredire l’avversario” va in alcuni casi anche oltre il suo stesso pensiero. Chi la conosce bene, per esempio, assicura che Giorgia Meloni non sia omofoba: “ per lei - giura un amico di vecchia data - l’amore non ha forma e confini. Frequenta coppie gay. Non ha alcun problema”. Unico punto che non condivide e’ l’equiparazione tous-court alle famiglie tradizionali. Il che non la rende immune - almeno per chi scrive - da un negativo giudizio di retroguardia. Ma questo conflitto lo ritroviamo - pari, pari - anche in molti angoli d’opposizione. E forse - anche più accentuato - nell’ala cattolica del PD. Ma Giorgia appare quasi sempre la più cattiva. Anche - vedi sopra - quando è cattiva quanto gli altri. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è davvero meglio? La sfiducia verso tutti, tra cui anche molti del suo stesso partito, la mette sempre in posizione di attacco o difesa. Una delle regole base della politica è scegliersi un nemico, per poter giocare a cane e gatto. Ma quando vedi solo nemici, e non per calcolo strategico, il rischio è che guidare il governo diventi una ossessiva frustrazione. La via giusta per fare scelte non serene e sbagliate. Da soli, senza intese bipartisan, non si portano a casa risultati e provvedimenti significativi. Si issano bandiere, ma non si producono cambiamenti. Si cristallizza il presente, condendolo solo con qualche slogan in più. Se poi la fiducia si restringe solo ad un manipolo di storici compagni di viaggio - dalle competenze non sempre aderenti alle responsabilità - farsi male diventa una concreta possibilità. La premier sembra finita in questo vortice. Immotivatamente, considerando il buon tasso di gradimento che continua a registrare tra gli italiani, ed anche la disgregazione che continua a caratterizzare i suoi avversari politici. Il quadro all’estero, invece, cambia completamente colori. I am Meloni, nice to meet you ! “Yo soy Giorgia”, diventa Meloni. Se inizialmente era guardata con scetticismo, le scelte compiute a livello internazionale, nel segno della continuità della storica politica estera italiana, l’hanno resa un interlocutore affidabile. Le differenti ideologie e visioni non le hanno impedito di lavorare senza astio, pregiudizi e paure. Stringendo accordi e scendendo a compromessi quando necessario. Atteggiamento che gli ha assicurato il rispetto e la fiducia degli altri leader. Semplicemente perché all’estero fa politica, mentre in Italia va sempre e solo alla guerra. Quanto potrà durare questo doppio ruolo? Difficile da dire. Ma se è vero il vecchio detto per cui alla crescita della popolarità internazionale, corrisponde un calo di quella nazionale, allora è il momento di iniziare a fare politica. Anche in Italia. Con tanti auguri di Buone Feste a tutti.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

In Italia Giorgia, all’estero Meloni