Il campo largo fa la doppietta, ma c’è l’incognita 5 stelle

L’andata e ritorno delle Regionali d’autunno finisce due a uno: un risultato che muove il campionato e scuote le squadre - in attesa dei big match del prossimo anno, con altre sei regioni al voto e una probabile tornata referendaria. Dopo la vittoria a sorpresa del centrodestra in Liguria, che ha dato ossigeno alla maggioranza, il doppio colpo del campo largo in Emilia-Romagna e in Umbria apre uno spiraglio per le opposizioni, una prospettiva tutta da mettere a fuoco a livello nazionale. Il centrosinistra riparte dal Partito democratico e dalla sua segretaria, Elly Schlein, che vede premiata la testardaggine unitaria con un PD in gran spolvero nelle urne. Tanto da dover gestire un rapporto mai così sbilanciato rispetto al resto degli alleati, che invece sono o diventano molto più piccoli. A partire dal Movimento 5 stelle: continua la sua discesa impietosa nelle urne. Giuseppe Conte punta molto sull’assemblea costituente del 23 e 24 novembre per tentare il rilancio. Facile immaginare un ritorno ai temi identitari dei pentastellati, in attesa di capire se preferiranno rischiare di restare piccoli dentro un campo largo che può vincere oppure cercare di recuperare consensi strappando con il resto delle opposizioni, con la certezza però di rimanere fuori dai grandi giochi. Il banco di prova arriverà presto, visto che nel 2025 si voterà in tante e importanti regioni: Veneto, Marche, Val d’Aosta e poi Campania, Puglia e Toscana, queste ultime tre con amministrazioni uscenti di centrosinistra. A destra, Giorgia Meloni la prende con filosofia, forse aiutata dai quasi 10mila kilometri che separano Perugia da Rio de Janeiro, dove si trova per il G20: non vincere sempre aiuta a mantenere i piedi per terra, dice la premier ai giornalisti. Si intravede un sorriso, forse perché Fratelli d’Italia comunque resta ampiamente centrale nella maggioranza, forse perché lei avrebbe cambiato volentieri la candidata in Umbria. È stato Matteo Salvini a premere per la conferma di Donatella Tesei. E ora si trova con un governatore in meno, un forte ridimensionamento nelle urne e il sorpasso consolidato di Forza Italia nelle due regioni. Vedremo se il leader leghista manterrà l’approccio trumpiano, mix di estremismo nei toni e nelle ricette politiche, e se questo avrà un effetto sui grandi dossier sul tavolo: dalla manovra alle politiche migratorie, dal premierato al destino dell’Autonomia differenziata. Proprio su quest’ultima si misurerà a breve lo stato dei rapporti nella maggioranza, alle prese con le correzioni imposte dalla Corte costituzionale alla legge Calderoli. Nel frattempo, scopriremo se prepararci a una primavera referendaria, sull’Autonomia e sugli altri quesiti proposti da opposizioni e sindacati. Pochi mesi, e avremo in ogni caso un test elettorale di metà legislatura. Intanto Giorgia Meloni resta salda a Palazzo Chigi. E se qualcosa può preoccuparla sono i contraccolpi di un quadro internazionale sempre più rischioso e veloce, molto meno gli scricchiolii avvertiti nelle urne d’autunno.