Una primavera di Referendum, le firme sono garanzia di affluenza?

Da un pezzo non si vedeva alle porte una stagione di referendum così intensa. E questo mentre in parallelo non accenna a diminuire, anzi è in crescita, la latitanza degli elettori dalle urne a ogni consultazione, soprattutto - almeno stando agli ultimi - quando si tratta di referendum. Eppure questo è lo strumento su cui stanno puntando forze politiche e non solo per contrastare iniziative del governo o cambiare le cose riguardo a temi cruciali come il lavoro e i diritti di cittadinanza. Con molta grancassa di tutti sulla quantità di firme raccolte e la velocità in cui sono riusciti a farlo, la qualcosa viene rivendicata come importante segnale di partecipazione e entusiasmo popolare sulle varie iniziative. Ma sarà davvero così? L'effettivo successo delle raccolte firme corrisponderà cioè poi al successo delle consultazioni referendarie se e quando arriveranno? Questo è uno dei temi più interessanti da osservare, mentre la partita politica attorno ai temi e ai quesiti si preannuncia incandescente. Si parte dai 4 referendum sul lavoro presentati dalla CGIL, e già questo è argomento da raccontare: la CGIL - che ha messo insieme oltre 4 milioni di firme portando scenograficamente in Cassazione più di mille scatoloni - fa da sola, senza il supporto degli altri sindacati che compongono la cosiddetta "triplice", cioè CISL e UIL. Della prima si poteva supporre viste le ultime posizioni di non inimicizia con la linea del governo, la scelta della seconda però descrive un sindacato che ancora va insieme alle consultazioni ma appare sempre più diviso. I quattro quesiti mirano a rivedere drasticamente il jobs act abrogando le norme che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti; a togliere il tetto alle indennità per licenziamento nelle piccole e medie imprese; ad abrogare le norme sulla liberalizzazione dei contratti a termine; ad abolire le misure che - in caso di incidenti - impediscono negli appalti di estendere la responsabilità all'azienda appaltante. L'argomento "lavoro" è uno dei più caldi di scontro fra maggioranza e opposizione ed è cavalcato da tutto il centrosinistra per contrastare le politiche del governo, eppure al momento le reazioni ai quesiti CGIL parlano di un clima di tensioni e divisioni. Ad esempio Elly Schlein ha firmato ma l'ala riformista del suo partito non ha mancato di far sentire la sue perplessità. Per non parlare delle posizioni piuttosto distanti di Italia Viva e Azione, specie in tema di contratti a termine e jobs act. Altro referendum, altra clamorosa raccolta firme che in pochi giorni dalla partenza raggiunge il quorum delle 500mila necessarie per la presentazione: si parla dell'autonomia differenziata e la consultazione servirebbe ad abolire la legge di recente approvata dal governo Meloni. Lì nessuna divisione nell'opposizione, compatta nei comizi, nelle iniziative e nei banchetti sparsi per tutta Italia all'inizio della campagna, e unita nel definire "spacca-Italia" la norma fortemente voluta dalla Lega e che - è questo il tema spinoso invece per la maggioranza - non ha mai entusiasmato gli altri partiti di governo. Tanto da far parlare a lungo i detrattori di trattative di scambio fra l'autonomia differenziata e la riforma istituzionale col premierato voluta da Fratelli d'Italia, mentre Forza Italia non ha mai mancato di far arrivare le sue perplessità, rilanciando anche in tempi recenti la necessità, comunque, di non far neanche partire le intese con le Regioni prima che siano definiti i LEP, livelli essenziali di prestazione. Al momento le polemiche interne al centrodestra sono sopite, ci sono altre urgenze per l'esecutivo. Ma è lecito immaginare che il fuoco possa covare sotto la cenere. Anche perché altri fronti di divisione non mancano e anzi si parla di scintille potenzialmente pronte a provocare incendi su temi come quello del diritto di cittadinanza per gli stranieri, oggetto di uno scontro durissimo fra Lega e Forza Italia . E - a parte le proposte di legge e le mozioni in Parlamento studiate dai partiti di opposizione – oggetto anche di un ulteriore referendum popolare in arrivo. 500mila firme raccolte online in meno di 20 giorni fanno dichiarare agli organizzatori, + Europa in testa, che il Paese è molto più avanti dell'esecutivo e che nuovi diritti per gli immigrati che vogliono diventare cittadini italiani sono a un passo. Il quesito mira a dimezzare i 10 anni di residenza nel nostro territorio necessari con la legge attuale per chi diventa maggiorenne. Nel frattempo il Pd ha già presentato la sua la proposta di legge che prevede sia lo ius soli, quindi cittadinanza per chi nasce in Italia, sia il diritto di cittadinanza per chi - arrivato bambino sotto i 12 anni - abbia frequentato qui le scuole per almeno 5 anni, compresa la materna. Ma, soprattutto, Forza Italia ha già quasi pronta la sua, di proposta: 10 anni di ciclo di studi nel nostro Paese e tutta una serie di paletti che eviterebbero gli automatismi per raggiungere il diritto alla cittadinanza. Per quanto le differenze dal testo del Pd siano marcate e ci siano distanze anche rispetto al quesito referendario, il tema è sempre quello: modificare la legge attuale in senso meno restrittivo, proprio quello che Fratelli d'Italia vorrebbe evitare e la Lega vede come il fumo negli occhi. Per tutti i referendum, una volta ammessi, il voto si svolgerà in una domenica fra il 15 aprile e il 15 giugno del prossimo anno.