Leva militare obbligatoria in Italia, perché è difficile reintrodurla

Periodicamente se ne torna a parlare. Chi è nato prima del 1° gennaio 1986 la ricorda bene, in un modo o nell’altro. Per la famosa visita dei “tre giorni”, per i documenti compilati da chi la rimandava di anno in anno per ragioni di studio, per le enormi camerate, per i riti codificati, per le ronde, per l’addestramento. La leva militare obbligatoria – la “naja” nel linguaggio popolare – è stata sospesa nel 2004 in Italia, escludendo dall’obbligo i nati dopo il 31 dicembre 1985. Da allora le forze armate hanno intrapreso un’altra via: non più la leva di massa per i neo-maggiorenni, ma un esercito di professionisti. Sono passati venti anni, eppure a intervalli più o meno regolari il tema torna al centro del dibattito politico e della società civile, tra chi chiede una sua reintroduzione – per alcuni un rimedio dal retrogusto un po’ nostalgico a quelle che vengono considerate “falle educative” delle nuove generazioni - e chi pensa che ormai la via del professionismo imboccata sia irreversibile, per ragioni economiche, organizzative e per le istanze di una società ormai mutata. Ad incidere sul dibattito c’è anche un nuovo quadro internazionale, una guerra che si sta combattendo in Ucraina, alle porte dell’Unione Europea, che porta i Paesi a spingere sul riarmo e sulla spesa militare. Ma riportare la leva militare obbligatoria in Italia sarebbe davvero possibile? Perché la sua reintroduzione viene considerata difficile? Cosa pensano gli italiani della leva obbligatoria Partiamo dai dati. Cosa ne pensano i cittadini italiani dell’ipotesi di una reintroduzione della leva obbligatoria? Ci viene in aiuto un sondaggio di YouTrend per Sky TG24 . Se si guarda al dato complessivo, la Penisola è letteralmente spaccata a metà. Il 47% degli intervistati è favorevole al servizio militare obbligatorio, mentre il 46% è contrario. Un dato, quello di chi vorrebbe veder tornare in caserma i giovani neo-maggiorenni, che cresce nelle fasce di età più alte: sono il 36% di chi ha tra i 18 e i 34 anni è d’accordo, mentre si passa al 51% e al 49% rispettivamente per le fasce di età 35-54 e oltre i 55 anni. Coerentemente, la maggior percentuale di contrari a una ipotetica reintroduzione, il 55%, si trova nella fascia di età più giovane del sondaggio. In calo l'appeal del servizio militare Molto è cambiato rispetto a 20 anni fa. Un'epoca differente, così come le aspirazioni dei più giovani, elementi che in parte hanno inciso sulla perdita di attrattività del “mestiere delle armi”. Un concetto, questo, sottolineato dal generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare e attuale presidente della Fondazione Icsa, che così commenta i dati del sondaggio di Sky TG24: “I momenti sono cambiati nel senso che il mestiere delle armi sta perdendo, e non solo da noi, quel po' di appeal che ancora aveva. Sia per i professionisti ma a maggior ragione per la leva. I dati sull’arruolamento, quelli sì probanti – spiega il generale - mostrano che da qualche anno le vocazioni sono crollate vistosamente, sia per la Accademie sia per i centri di formazione di rango inferiore. Questa professione non attira, non interessa più i giovani. Deve essere chiaro che fare il militare di leva oggi vorrebbe dire divenire manovalanza per mestieri poco dignitosi e non servire la patria in senso classico. La specializzazione spinta delle tre forze armate – argomenta Tricarico - tramuterebbe i giovani soldati in carne da cannone destinati alla triste e dolorosa sorte dei poveri giovani russi ed in parte anche ucraini, e questo non deve essere consentito ad alcuno". Meglio dunque, secondo il generale, pensare alla creazione di una “riserva robusta e aggiornata” oppure arruolare “cittadini extracomunitari, con tutte le cautele del caso”. Forze armate ridotte all'osso Eppure, prima di avventurarci nel dibattito politico, effettivamente un tema esiste, e si collega all'attuale situazione di tensione internazionale alle porte dell'Unione Europea. Sono ormai trascorsi due anni e mezzo dall'inizio della guerra in Ucraina, si parla di un milione di vittime tra morti e feriti, i rapporti tra Nato e Russia sono ai minimi termini. Un quadro che sta spingendo sempre più Paesi a una corsa al riarmo e all'aumento delle spese militari. Tema che coinvolge anche il numero totale di uomini in servizio attivo nelle forze armate. Ed è lì che molti Paesi si sono scoperti fragili rispetto a 30-35 anni fa, nel mondo post dissoluzione dell'Urss. I dati dello Stockholm International Peace Research Institute e del Documento programmatico pluriennale della Difesa parlano chiaro. Dal 1990 il numero degli effettivi nelle forze armate si è più che dimezzato in gran parte dell'Europa. In Italia, ad esempio, si è passati da 493mila unità a 165mila, in Francia da 548mila e 205mila, in Germania da 520mila a 189mila. Dati considerati allarmanti da chi si trova ai vertici delle forze armate. Nel marzo 2024 l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha sottolineato: "Siamo assolutamente sottodimensionati, 150mila effettivi è improponibile, 160mila che è quello che attualmente ci è stato approvato è ancora poco, e con 170mila siamo al limite della sopravvivenza". Le proposte di legge sul ritorno della leva obbligatoria In questo quadro si innesta la spinta di alcuni partiti per il ritorno del tema “leva obbligatoria” al centro del dibattito parlamentare. Sono due le proposte di legge che puntano a rivedere la legge Martino del governo Berlusconi, che ha sospeso il servizio di leva obbligatorio a partire dal 1° gennaio 2005. La proposta più recente è stata presentata alla Camera il 15 maggio del 2024 dalla Lega, a firma del deputato Eugenio Zoffili. Punta a reintrodurre la leva universale con sei mesi obbligatori per ragazzi e ragazze, una linea annunciata e condivisa dal leader della Lega Matteo Salvini, che considera il servizio militare "una grande forma di educazione civica da impartire ai ragazzi". Nella proposta di legge ci sono due strade: "formazione militare” oppure “impiego di tipo civile, che coinvolga per sei mesi tutti i cittadini italiani tra i 18 e i 26 anni di età". Una proposta che il ministro della Difesa Guido Crosetto di fatto aveva bocciato, sostenendo che “le forze armate non possono essere pensate come un luogo per educare i giovani, cosa che deve essere fatta dalla famiglia e dalla scuola". Una posizione che ritorna nelle parole del sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago. Nel suo intervento a Start su Sky TG24 , l’esponente di Forza Italia ha “escluso categoricamente” un ritorno del servizio militare obbligatorio: “L'introduzione della leva, al netto anche dei costi che questo genererebbe, non risponde alle esigenze attuali. Se poi si vuol fare un discorso di educazione della cittadinanza – sottolinea - io penso che questo sia il compito della famiglia e della scuola primaria e non delle Forze Armate”. Poi aggiunge: “Le Forze Armate hanno bisogno di professionisti, in questo senso l'idea della riserva. Non hanno bisogno invece di giovani che facciano percorso di leva. La tendenza è quella di dotare le Forze Armate di maggiore capacità, maggiore professionalità, visto il contesto geopolitico in cui purtroppo viviamo”. Un’altra proposta sul ritorno al servizio militare, stavolta però di tipo volontario, è quella firmata dal meloniano Edmondo Cirielli per “l'istituzione di un Servizio nazionale militare di volontari per la mobilitazione” con il compito prioritario di “difesa della Patria, sancito dall’articolo 52 della Costituzione. Documento che ne ricorda un altro a firma leghista sulla “riserva militare”, depositato dal presidente della Commissione Difesa della Camera Nino Minardo lo scorso febbraio scorso. Di fatto un bacino di riservisti sul “modello israeliano”, pronto per essere mobilitato in breve tempo in caso di grave minaccia per la sicurezza del Paese. La contrarietà alla leva obbligatoria arriva anche dalle opposizioni, in particolare da Azione, con l’intervento a Sky TG24 della deputata Elena Bonetti che punta invece sull’esercito europeo: “Bisogna spingere per una definizione di una strategia europea di difesa, quindi anche una messa in comune delle spese dei singoli Stati. Noi non siamo tanto per la leva, ma per la costruzione di un esercito europeo”. La leva obbligatoria negli altri Paesi Attualmente, tuttavia, in Italia il tema non è al centro dell'agenda di governo, più volte esponenti dell'esecutivo hanno smentito che ci siano piani immediati in tal senso. Considerati i dati sugli eserciti "sfoltiti" e sul nuovo quadro internazionale, c'è da capire se il dibattito sulla leva obbligatoria sia effettivamente vivo negli altri Paesi. Qual è la situazione in Europa e nei Paesi del blocco Nato? Il vicedirettore di Sky TG24 Alessandro Marenzi sottolinea come ogni Stato abbia una diversa legislazione sul punto . Alcuni Paesi hanno attivo il servizio militare obbligatorio, quasi sempre per gli individui di sesso maschile, e molti fanno parte del blocco NATO, escludendo Svizzera e Austria: ci sono l'Estonia, la Grecia, la Turchia, la Finlandia. Altri prevedono la leva obbligatoria "a sorteggio" per i maggiorenni, come la Danimarca e le altre due repubbliche baltiche, Lettonia e Lituania. Ci sono invece degli Stati che fanno una selezione e propongono a un numero - comunque non molto elevato - di maggiorenni di fare il servizio di leva. Perché reintrodurre la leva militare obbligatoria è difficile? Ma se ancora esiste in Europa, perché la reintroduzione del servizio militare obbligatorio in Italia appare ai limiti del possibile? Per capirlo torniamo ai dati di un Paese dove questo dibattito è vivo e caldo, uno di quelli che in passato ha deciso di abolire la leva: la Germania. Forze armate più che dimezzate, da 520mila e 189mila unità, e una guerra alle porte dell'Europa hanno spinto il ministro della Difesa Boris Pistorius a dire che eliminare il servizio militare obbligatorio per i tedeschi nel 2011 "è stato un errore". Da qui l'elaborazione di un piano per reintrodurla, anche se in modo parziale. Nel progetto è prevista una lettera indirizzata a tutti i diciottenni per poterli coinvolgere nel piano, a cui seguirebbe una selezione di almeno 5mila elementi ogni anno per il servizio militare: gli uomini possono rifiutarsi, mentre le donne dovrebbero partecipare volontariamente. Qual è uno dei nodi chiave? I costi. Reintrodurre una forma di leva obbligatoria, anche se limitata e con dei paletti come nel caso tedesco, ha un costo molto elevato: si stima possa essere pari a un miliardo e mezzo all'anno. Un fattore determinante, quello delle spese per la reintroduzione della leva obbligatoria, che dovrebbe affrontare anche l'Italia nel caso decidesse di intraprendere questa strada e che viene sottolineato anche da chi ha dedicato vita e carriera alle forze armate. Il nodo dei costi elevati e dell'organizzazione della leva obbligatoria A sottolineare la questione dei costi per reclutamento, caserme, armi, mezzi, depositi e servizi è ad esempio il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi, che commentando il sondaggio di Sky TG24 sull'eventuale reintroduzione del servizio militare obbligatorio spiega: "Un eventuale ritorno alla leva presupporrebbe investimenti economici importanti per rimettere in funzione caserme e aree addestrative da più di due decenni abbandonate, nonché per l’adozione di armi e mezzi, a partire da quelli corazzati, che irrobustiscano la colonna portante dell’Esercito. Sarebbe imprescindibile - argomenta Bertolini - riesumare quegli strumenti tecnici e procedurali, a partire dai Distretti Militari, ai Depositi, ai presidi medici militari sul territorio, ai Consigli di Leva nei Comuni, per 'inventariare' e poi selezionare, chiamare, vestire ed avviare ai reparti i giovani. Un’impresa non da poco anche, se, a mio avviso, necessaria visti i tempi che corrono". Un eventuale aumento della spesa per esigenze militari, tra l'altro, non sembra incontrare il favore degli italiani intervistati nel sondaggio di YouTrend: il 38% vorrebbe una diminuzione del costo di questo settore, mentre il 34% ritiene l'attuale spesa militare in Italia già sufficiente. Le difficoltà strutturali e organizzative vengono evidenziate anche dal generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico. Sottolineando la spaccatura a metà degli intervistati sul tema emersa dal sondaggio di Sky TG24, Battisti spiega: "L’eventuale ripristino del servizio di leva in Italia, pur in presenza di una volontà politica condivisa, presenterebbe forti difficoltà attuative. La Difesa non dispone più dell’organizzazione e delle risorse per reintrodurre un modello simile a quello in atto sino al 1995 per carenza sia di infrastrutture, di equipaggiamenti, di personale d’inquadramento, sia di capacità sanitarie". A questo si aggiungono i costi elevati degli equipaggiamenti moderni e il maggior tempo di addestramento richiesto: "Oggi il soldato deve essere dotato di un equipaggiamento tecnologicamente avanzato per garantire un livello fondamentale di sicurezza diretta e indiretta ed una maggiore versatilità d'impiego. E questo richiederebbe un periodo di addestramento ben più lungo di qualche mese di servizio per garantirne la sopravvivenza sul campo di battaglia e per sostenere impegni prolungati nel tempo e su più fronti contemporaneamente". E per chi vede un eventuale ritorno del servizio di leva come risposta all'esigenza educativa dei giovani, Battisti invita a considerare la "creazione di un Servizio di Difesa Nazionale della durata di alcuni mesi, a inquadramento militare, per tutti i cittadini italiani a partire dai 16 anni" che preveda "attività di pubblica utilità e interventi di protezione civile".

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