Ritratto di Raffaele Fitto, nuovo vice di von der Leyen: un talento da "pontiere"

Salentino di Maglie, come Aldo Moro, studi in giurisprudenza, Raffaele Fitto muove i primi passi della sua carriera politica nella Democrazia Cristiana, seguendo le orme del padre Salvatore, che nella seconda metà degli anni Ottanta fu presidente, democristiano appunto, della Regione Puglia fino alla morte improvvisa, a soli 47 anni in un incidente stradale. È anche tenendo conto di questo inizio che si può capire l’inclinazione, e il talento s’intende, da pontiere che ha sempre caratterizzato il profilo del nuovo vicepresidente esecutivo italiano della Commissione europea. E, quindi, anche il suo modo di stare dentro Fratelli d’Italia, il suo ultimo partito. L’uomo giusto, lo definiva, non a caso, Silvio Berlusconi, anche se fra i suoi soprannomi il più famoso è forse quello di “golden boy”, e non è difficile capire perché. Un “golden boy” Il suo approdo al partito di Giorgia Meloni è esperienza relativamente recente. Il primo incarico Fitto lo ricopre infatti poco più che ventenne: consigliere Dc alla Regione Puglia di cui, appena 10 anni più tardi, dopo il passaggio a Forza Italia, diventerà presidente, come il padre. È il 2000 e Raffaele ha appena 31 anni: mai in Italia si era visto un governatore di Regione così giovane. Un “golden boy”, appunto. Cinque anni più tardi viene ricandidato per un secondo mandato ma a sorpresa è sconfitto da Nichi Vendola per un pugno di voti, poco più dello 0,5% di distacco. Viene quindi eletto alla Camera dei deputati e intanto ha incarichi da dirigente dentro Forza Italia, dove Silvio Berlusconi lo nomina responsabile per l’Italia Meridionale del partito. Prima volta ministro Alle elezioni del 2008 è eletto di nuovo alla Camera per il Pdl e subito dopo viene nominato ministro per gli Affari regionali nel 4° governo Berlusconi. Sono, questi, anche gli anni dei guai giudiziari. La procura di Bari lo accusa, fra l’altro, di corruzione, per una vicenda legata a un finanziamento da mezzo milione di euro arrivato alla sua lista da Tosinvest, società del gruppo Angelucci attiva nel settore immobiliare, in occasione delle elezioni regionali del 2005. In primo grado viene condannato a quattro anni ma poi sarà assolto sia in Appello sia in Cassazione. La rottura con Berlusconi Nel 2014 Fitto viene eletto a Strasburgo: è il secondo candidato in assoluto più votato in Italia e primo al Sud. Dentro Forza Italia, però, maturano i dissapori che da tempo agitano i suoi rapporti con la dirigenza e con lo stesso Berlusconi. Non lo convincono le aperture a sinistra del Cavaliere sfociate nel cosiddetto Patto del Nazareno, così Fitto decide di lasciare il partito e nel 2015, alle elezioni regionali, clamorosamente, non sostiene la candidata Presidente Adriana Poli Bortone, esponente di Fratelli d’Italia appoggiata anche da Forza Italia. Fratelli d’Italia e la regia del Pnrr La breve esperienza con Maurizio Lupi e Noi con l’Italia, però, non appare particolarmente fortunata. Segue una serie di esperimenti politici di tipo centrista dopo i quali, tuttavia, Fitto si avvicina sempre più alle idee marcatamente conservatrici e sovraniste di Fratelli d’Italia. Nel 2019 viene scelto come co-presidente del gruppo politico dei Conservatori e Riformisti Europei e nello stesso anno approda definitivamente a Fratelli d’Italia. Nello stesso anno è di nuovo candidato alla presidenza della Regione Puglia ma di nuovo viene sconfitto, stavolta da Michele Emiliano. Alle ultime elezioni politiche del 2022 è infine eletto alla Camera e diventa ministro per gli Affari europei con un incarico fra i più delicati: seguire la delicata partita da quasi 200 miliardi di euro del Pnrr. L’uomo giusto, non a caso.