Giorgia Meloni all'esame di Cernobbio

Questa volta non poteva e non voleva dire di no. Giorgia Meloni sbarca a Cernobbio, debutto da premier, dopo che lo scorso anno all’ultimo minuto virò verso il Gran premio di Monza, dando buca al forum Ambrosetti. Era in carica da appena otto mesi, alla vigilia della sua prima vera legge di bilancio dopo averne firmata una che i tempi elettorali avevano ascritto al suo predecessore. Si sentì libera di declinare l’invito, sicura di poter contare su una linea di credito resa ancora vigorosa dall’aura di novità e dalla curiosità di vederla all’opera. A questo giro è tutto diverso. Il suo governo sta per tagliare il traguardo dei due anni, si appresta a varare la sua terza manovra, sono state fatte scelte e intraprese riforme, che la espongono ad un giudizio rispetto al quale il contradditorio con il “salotto buono” del nostro paese può tornare utile. Il valore della stabilità Senza più il supporto dell’effetto novità, Giorgia Meloni dovrà provare a spiegare rischi e opportunità per l’Italia in questo momento storico in cui le incertezze prevalgono su stime e previsioni. Dopo un’estate in cui la premier e il suo “inner circle” non hanno fatto mistero di temere complotti finalizzati a mettere fine alla loro esperienza governativa, sul lago di Como proverà a convincere “chi conta” che questo esecutivo non solo sta facendo bene, ma che deve essere sostenuto perché una sua fine anticipata creerebbe problemi dall’esito altrettanto imprevedibile. La stabilità è per Meloni “l’asset più fruttuoso per qualsiasi nazione, e tutti dovrebbero fare proprio questo valore”. Non smette mai di ripeterlo e da qui partirà per rivendicare la necessità di garantire al suo, ma anche ai governi che verranno dopo, la possibilità di completare la legislatura, evitando giudizi parziali. Un concetto che la obbligherà a sorvolare sulle frizioni estive – sperando che restino tali – tra i due suoi principali alleati, divisi e distanti su molti temi: dai diritti alle pensioni, ma anche al ruolo dell’Europa e conseguentemente al posizionamento dell’Italia. Se per Forza Italia e Antonio Tajani l’Europa è il baricentro di tutto, per la Lega e Matteo Salvini è invece il male assoluto o quasi. Pnrr, "boost" per l'Italia Meloni proverà a convincere l’esigente platea del forum della sua capacità di riuscire a tenere a bada tutti e tutto, includendo il delicato equilibrio dei conti e il fisiologico bisogno di rilanciare la competitività italiana. Di fronte ad una manovra che punta alla conferma dell’esistente, la premier ricorderà che tutto dipenderà ancora una volta dalla capacità di realizzare e completare il PNRR: l’unico vero “boost” su cui al momento si può contare. Nei capitoli del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza d’altronde si possono riconoscere anche molti punti deboli del nostro paese: carenze infrastrutturali, burocrazia eccessiva, giustizia lenta e macchinosa, dipendenza energetica dal gas, concorrenza limitata in molti ambiti. Mettere a terra cambiamenti in queste aree aiuterebbe a ridurre i costi e rendere l’Italia più attrattiva. Difficile dire se basterà evocare il Pnrr come panacea di molti mali per convincere Cernobbio che questo governo può fare la differenza. Ma Meloni ci proverà, stretta anche in una situazione che non permette molti margini di manovra. Altrettanto difficile immaginare quale possa essere la risposta alle richieste di interventi sul fisco che non siano micro azioni solo a favore dei ceti più bassi, ma portatori di una visione che possa aiutare l’intero sistema economico e sociale. Al netto di un impegno sulla riduzione di debito e deficit – da gennaio peraltro normato anche nelle nuove regole del patto di stabilità – anche qui il governo non pare al momento nelle condizioni di offrire molto di più. L’incognita americana e le sfide per il futuro Ecco allora che torna il richiamo alla stabilità e al bisogno di avere più tempo per fare qualcosa di veramente incisivo. Basterà a rinnovare la linea di credito alla prima donna premier della storia repubblicana? Vedremo. In riva al lago di Como sono esigenti. Sul fronte internazionale si aspettano un’Italia pragmatica ma non isolata in Europa. Nonostante l’invito a Orban – presidente di turno del semestre UE - non è quello il modello a cui aspira la comunità del Forum. Così come i rapporti con gli USA. Non in discussione, certo, ma con l’aspettativa che in caso di vittoria di Trump non ci si limiti a stabilire una buona relazione con il “nuovo arrivato”, ma ci si prepari a difendere – tutti insieme – il Vecchio Continente da eventuali “piani di abbandono” americani. Di sicuro poi la platea di Cernobbio non esiterà a sottolineare la complessità del momento, chiedendo a questo governo politico di agire quasi come un governo tecnico. Mettere per un attimo da parte gli interessi identitari e la difesa del consenso per provare a risollevare l’Italia.

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