Il "campo largo" a sinistra fa bene a tutti. Anche alla maggioranza

Nessuna delle parti in causa intende definirlo “campo largo”, per ragioni tattiche o scaramantiche che siano. E tuttavia, seppure a intermittenza, il fatto che l’opposizione stia avviando una manovra di progressivo ricompattamento è un segnale positivo per l’intero sistema politico, maggioranza compresa. Nelle attuali condizioni, soltanto un veto di principio pentastellato nei confronti di Matteo Renzi tiene ancora separata Italia Viva dall’azionista forte della coalizione: il Partito democratico. Ma al momento è appunto la segretaria dem Elly Schlein a giocare da una posizione di vantaggio: il Movimento Cinque stelle è indebolito dalla faida interna tra Conte e Beppe Grillo, il che rende meno stringenti gli attriti tra i due ex premier. Dopotutto, lo stesso Renzi sa che il suo movimento ha chance di sopravvivenza soltanto nella misura in cui abbassi il tasso di personalismo e sia in grado di recuperare al centrosinistra quei contenuti attraenti per il bacino elettorale moderato. Le recenti affermazioni nel voto delle comunali, e più ancora la prospettiva di riconquistare la presidenza di Liguria e Umbria, oltre a mantenere la guida dell’Emilia-Romagna, innescano per legge di natura politica un movimento centripeto destinato a far prevalere il valore utilitaristico della convenienza immediata sulle idealità e sui rancori pregressi. In breve: il centro-sinistra sta riorganizzando il suo profilo di alternativa plausibile, scontando semmai un ritardo sul piano dell’amalgama identitario. Una buona notizia La buona notizia non riguarda, dicevamo, soltanto la minoranza parlamentare. Un simulacro di bipolarismo produce effetti stabilizzanti nel quadro complessivo, certificando al tempo stesso che la governabilità dell’Italia resta contendibile di là da ogni strumentale allarme sui presunti rischi per la democrazia dell’alternanza; e che per ribaltare gli equilibri bisogna saper rappresentare non soltanto interessi e poteri costituiti o rendite di posizione sedimentate. Dacché esiste, il bipolarismo induce a diversificare l’offerta puntando a un baricentro saldo e, quando disponibile, a una figura semipolitica o iperpolitica in vesti federatrici. Finora le sinistre sono riuscite a vincere coagulando consensi attraverso la demonizzazione dell’avversario e poi sono implose al momento di governare, pur rimanendo avviticchiate al potere mentre il consenso si sgretolava. L'opposizione che fa bene alla destra E veniamo così alla maggioranza di destra-centro. In assenza di un’opposizione sfidante, la medesima legge sopra citata tende a provocare una dialettizzazione interna del conflitto, una sorta di strabismo centrifugo in virtù del quale ogni partito tende a piantare bandiere identitarie dentro il e fuori dal Parlamento, sacrificando la logica di coalizione alla concorrenza fra consanguinei. È così per gli scatti frondisti di Forza Italia, per le torsioni vannacciste della Lega e per le oscillazioni di Fratelli d’Italia. Il solo elemento di fermezza, paradossalmente, sta a Palazzo Chigi: laddove i vincoli esterni e lo stile assertivo di Giorgia Meloni rendono divinabile la rotta futura, compatta la squadra dell’esecutivo e relativamente alte le percentuali di consenso. Strada in salita a metà legislatura Ora, tuttavia, l’approssimarsi del tagliando di metà legislatura sembra aprire la prospettiva d’una salita assai ripida. Finalmente, saremmo tentati di dire. Poiché la presenza dell’avversario alle porte d’una cittadella che s’immaginava inespugnabile per carenze altrui obbliga invece a una seria ricentratura. La maggioranza deve riprendere l’iniziativa politica, snebbiare il campo dagli equivoci più ingombranti e fare chiarezza sulle ragioni sociali, diciamo così, del proprio agire. Dati per acquisiti la riforma della giustizia e un bagno di realismo su alcune velleità defiscalizzanti, restano al centro della scena il premierato e l’autonomia differenziata. Il primo dossier necessita d’una revisione e di una comunicazione convincente e avanzata nel dibattito pubblico, nonché condivisa nei luoghi nevralgici della società civile. Sul secondo dossier incombe un referendum fragoroso: bisogna prepararsi a come gestire una eventuale sconfitta e a fare un discorso di verità sopra una legge che nasce a sinistra come un dispositivo imperfetto, per non dire dannoso, e rischia di esplodere a destra come un ordigno impazzito. Nella migliore delle ipotesi, la bomba dovrebbe essere disinnescata con una dilatazione/sospensione spazio-temporale ai limiti del poltergeist. Quanto alle indiscrezioni e ai retropensieri su rimpasti o reincarichi persino, si tratta d’un falso scopo. Tranne casi estremi originati da circostanze esogene, la Fase 2 non nasce attraverso repentini ricambi di nomenclatura – i quali anzi rischierebbero di penalizzare una nuova classe dirigente in via di maturazione – ma da una volontà concorde di ridiscendere in campo aperto prima di trovarlo occupato da un assedio.